domenica 6 novembre 2016

Una nuova degustazione sul canale video

Non so se vi è mai capitato di trovare in fondo allo scaffale una vecchia bottiglia, che per qualche ragione è stata dimenticata. E' il caso di questo nuovo video. Abbiamo pensato di proporvi una degustazione per farvi capire come evolve il gusto delle birre, soprattutto delle birre luppolate.Questa Oro III è stata un pò lo sparti acque tra una mentalità precedente e confusionaria e un nuovo modo di pensare più metodico e consapevole sulle nostre esigenze.
La birra è stata imbottigliata a Settembre dello scorso anno la prima della nuova stagione, ha quindi maturato per oltre 9 mesi, e diciamo che per una American Pale Ale è un bel pò di tempo. Se siete curiosi di come sia andata a finisce non dovete far altro che cliccare sul video qui e gustarvelo fino alla fine. 
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Buona visone

Finale di Stagione Liberty una nuova Stout

Con questa Stout, terminiamo la Stagione 2015-2016. Sono stati 9 mesi intensi che ci hanno visto brassare 13 birre di cui solo 4 in BIAB, la nostra tecnica consueta e ben 9 in All Grain Classico 3 Tini. Questo è sicuramente il dato più importante, una svolta fatta per conoscere meglio la tecnica classica e per ampliare la nostra esperienza. Da Settembre 2015 a Giugno 2016 abbiamo prodotto 100 litri in BIAB e ben 220 litri in AG Classico per un totale di 320 litri. Un calo rispetto agli anni precedenti dove normalmente producevamo oltre 400 litri. Gli imprevisti di questa stagione ci hanno frenato in più momenti e non ci hanno permesso di procedere con la nostra consueta programmazione.
Indubbiamente tutto è servito per maturare il nostro fare birra, e anche gli intoppi esterni ci hanno fatto capire che prima di tutto è un hobby, una passione, non così fondamentale nel continuo e lento scorrere della vita. Abbiamo compreso la nostra dimensione e capito di non perdere mai di vista il carattere casalingo. Certo così non potremmo evolvere più di tanto, ma non lo riteniamo così fondamentale. Fondamentale è cercare di creare delle birre bevibilmente buone, ma soprattutto è una passione che tiene impegnati, che ci aiuta ad andare avanti anche nei momenti difficili, dove un approdo può essere fondamentale.
Queste sono settimane intense, dove abbiamo cercato di mettere un pò di "fieno in cascina", così stiamo bruciando le tappe e abbiamo prodotto per 4 settimane di seguito. E chiaro che poi contemporaneamente abbiamo da travasare e imbottigliare due birre diverse. Questo weekend ci ha visti impegnati nel travaso della Imperiale la American Strong Ale e nel'imbottigliamento della Oro la settimana versione della nostra birra di punta una American Pale Ale.


Ma veniamo a questa ultima gioia brassicola, la Liberty l'ennesima Stout. La ricetta come per la American Strong Ale è stata un pò pilotata dagli ultimi grani e luppoli a disposizione.
Vediamo la ricetta:

Liberty Foreign Extra Stout All Grain
lt mash :22
lt sparge:22
Litri in pentola :22
OG preboil:1045
Min bollitura:60
Litri in fermentatore :25
OG :1068
ABV :6.8 %
Plato :16.6
IBU :63.2
BU/GU :0.93
EBC : 144

Malti e Fermentabili
Maris Otter 5000 gr 64 %
Crystal 150L 1365 gr 17 %
Roasted 420 gr 5 %
Black Malt 400 gr 5 %
Chocolate 320 gr 4 %
Fiocchi di Orzo 300 g r4 %
Totale 7805 gr

Luppoli
Pilgrim (AA 8) 100 gr 60 min Coni
Saaz (AA 3.34) 25 gr 5 min Coni
Totale125 gr

Lieviti
SafAle English AleS-04 15 gr.

Profilo Mash
Beta-amilasi 66 °C 45 min
Alpha-amilasi 72 °C 15 min
Mash Out 78 °C 15 min

La preparazione della cotta è avvenuta il venerdì per permetterci il sabato di dedicarci esclusivamente al travaso della Imperiale e all'imbottigliamento della Oro.


La domenica è iniziata presto come è stata consuetudine in queste ultime settimane, e alle 7 avevo già preparato la sacca nella pentola di mash e versato il succo di mezzo limone della pentola di sparge, e acceso il gas delle due pentole. Anche per questa Stout abbiamo mantenuto gli step delle altre nere, beta amilasi a 66°C per 45 minuti, alfa amilasi a 72°C per 15 minuti e il classico mash out a 78°C per 15 minuti.
Per evitare di far scendere troppo la temperatura, prima di versare i grani, ho portato l'acqua a 70°C in modo che alla fine la temperatura di stabilizzasse sui 66°C preventivati. Questa volta ho preferito mettere meno acqua del solito e ho ridotto di poco poco la proporzione acqua e grani portandola a 2,9 litri per chilo di grani.
E' risaputo che un mosto più denso, con quindi una proporzione sotto i 3 litri per chilo, si ottengono mosti dove gli enzimi lavorano meglio e si ottiene un mosto meno fermentabile. Al contrario volumi di acqua superiore ai tre litri per chilo di grani creano un ambiente meno adatto agli enzimi, e creano mosti più fermentabili. Questo è un punto cruciale, per comprendere la differenza principale tra il metodo australiano BIAB e il metodo tradizionale all grain 3 tini, ma ne parleremo prossimamente quando scriverò un articolo riassuntivo delle nostre esperienze e cercherò di spiegarvi le differenze che abbiamo riscontrato.


Durante le fasi del mash ho potuto notare che a seconda delle temperature del mosto, venivano sprigionati aromi diversi. Dapprima, nella fase di beta amilasi a 66°C l'aroma preponderante era quello di torrefatto, di caffè amaro, molto ben distinguibile. Mentre salendo il profumo si è man mano trasformato in aroma classico delle fave di cacao tostato, un aroma di cacao intenso.


Al termine del mash ho controllato l'avvenuta conversione degli amidi in zuccheri, utilizzando la tintura di iodio. Con un mosto così scuro non è semplice capire a che punto sia la conversione, ho cercato di mettere la tintura dove c'era poco mosto e così poter vedere le differenze tra il rossiccio della tintura e il marrone del mosto.


Anche se con qualche difficoltà, alla fine ho potuto stabilire l'avvenuta conversione degli amidi e sono salito per il mash out a 78°C, ultima fase prima dello sparge.
Terminata la fase di mash out ho proceduto prima a rifiltrare il primo litro di mosto per evitare di far scendere nella pentola di boil farine del mash, ma dopo poco il mosto è risultato limpido. Ho così provveduto a versare i 23 litri di acqua a 78°C per lavare le trebbie e estrarre gli zuccheri intrappolati dentro i grani.


Fin da subito il mosto è apparso limpido e profumato, intensissimo l'aroma di torrefatto e di fave di cacao. La tecnica utilizzata è sempre la stessa colino di acciaio sopra al mestolone e poi piano piano ho fatto scendere l'acqua calda. C'è voluto una ventina di minuti, per terminare lo sparge, cercando di mantenere un ritmo costante di 1 litro al minuto.


Al termine abbiamo ottenuto 33 litri di mosto preboil e nella pentola sono rimaste solo le trebbie asciutte.

Non rimane altro che togliere la pentola del mash e mettere sopra al fornellone la pentola di boil con i 33 litri di mosto, accendere il gas e andare in bollitura. Durante la salita, l'aumentare della temperatura separa le proteine dal mosto.


Uno strato spesso e consistente, sembrava una schiuma di un cappuccino a cui è stato spolverato uno strato di cioccolato in polvere. Per la bollitura il tempo stabilito è stato di 60 minuti. Appena iniziato a bollire ho inserito il luppolo, il Pilgrim classico luppolo da amaro inglese utilizzato a volte al posto del Target. Unica gettata da 100 gr.


Il Pilgrm è un buon luppolo, dal buon aroma, utilizzato maggiormente insieme ad altri luppoli inglesi come Il East Kent Golding o il Fuggle per Bitter o IPA, ma è l'ultimo luppolo da amaro rimasto e questo ho usato.
Durante la bollitura ho potuto apprezzare l'incredibili riflessi del mosto, il nero trasparente traslucido, è sicuramente l'aspetto che cattura maggiormente l'attenzione rispetto al opaco e torbido mosto del BIAB.


L'operazione successiva è stata l'inserimento della serpentina a 15 minuti dalla fine, per premetterci di sterilizzarla visto che resterà fino alla fine del raffreddamento all'interno del mosto.


Siamo ormai alle fasi conclusive, prima di terminare la bollitura, a 5 minuti ho inserito l'altro luppolo quello da aroma, il Saaz. Lo stile non prevede una luppolatura da aroma, visto che si evita di coprire i preziosi aromi del malto tostato, ma ho pensato di inserire un pò di speziato nonostante il suo sia un aroma delicato, ne ho utilizzato gli ultimi 25 grammi a disposizione negli ultimi 5 minuti.
Questa volta, rispetto alla volta scorsa, è stato più agevole eseguire il mulinello, avendo solo un etto di luppoli da far ruotare. Ho atteso 15 minuti per permettere ai coni ed eventuali farine sfuggite allo sparge, si depositassero sul fondo al centro della pentola.
Passati i 15 minuti ho aperto il rubinetto facendo scendere quell'enorme tazza di caffè nero, dal profumo irresistibile nel fermentatore, il momento giusto per prendere la densità del mosto, 1068 il risultato finale.
E' giunta l'ora dell'inoculo del lievito. Ho scelto S-04 il lievito liofilizzato di Fermentis, il classico lievito utilizzato per le birre inglesi per il suo profilo fruttato, 15 grammi la quantità utilizzata visto la quantità di mosto, 25 litri e la densità di 1068. Normalmente come parametro di base per l'utilizzo di una sola bustina da 11,5 grammi sono 23 litri a 1050 OG, a seconda delle differenze salgo o scendo come quantità.


Ecco il risultato finale un fermentatore pieno del nettare nero pronto per iniziare la fase di fermentazione. Siamo davvero alla fine, non mi rimane che posizionarlo in compagnia della Imperiale della scorsa settimana.


La fermentazione questa volta è stata tumultuosa, purtroppo in questi giorni le temperature sono salite e ho fatto fatica a tenerle basse nel garage, ma è stato così e non ci ho potuto far niente. Il lunedì mattina sembrava il Krakatoa in piena fase eruttiva. Ha passato tutto il giorno con una temperatura intorno ai 24-25°C, troppo davvero troppo per una Stout. Il martedì aveva già smesso o quasi di gorgogliare avendo bruciato quasi tutto lo zucchero. E' inevitabile che con una temperatura così alta alla fine si modificheranno i profumi e gli aromi perdendo molto del suo naturale gusto torrefatto e cioccolatoso, un vero peccato. Vi saprò dire quando la berremo.
Prima del meritato riposo brassicolo, ci rimangono ancora parecchi lavori da fare. In questa penultima settimana per esempio etichettare la Joe Alba 120 e la Fico Nero almeno prima di Sabato oltre naturalmente imbottigliare la Imperiale e travasare quest'ultima nera.
Naturalmente ci sarà sempre da montare i video per il canale Youtube. La vacanza sarà solo per la parte produttiva, visto che non abbiamo una camera di fermentazione che possa anche raffreddare, siamo costretti ad interrompere d'estate la produzione, ma sia il sito che il canale video non vanno in ferie. I progetti sono davvero tanti per tenervi compagnia al mare o in montagna, dove magari si ha più tempo e si riesce a leggere anche articoli inizialmente scartati per mancanza di tempo. Lo stesso dicasi per i video, avere più calma e serenità oltre al tempo magari vi permetterà di vederli fino alla fine. Restate con noi quest'estate non ve ne pentirete.
Ma queste saranno altre avventure.

Ancora un nuovo video cotta sul canale Youtube

Stiamo terminando le cotte, ma di video cronache delle nostre cotte, da condividere con voi, c'è ne sempre. Infatti i video sono sfalsati rispetto alle cotte che facciamo, a causa del tempo necessario per il montaggio del video che porta via molto tempo.
Questa volta abbiamo inserito il video diviso in due parti, come da nostra consuetudine, della penultima cotta la settima versione della ricetta Oro, la Oro VII.

Prima parte dedicata al mash

Seconda parte allo sparge e al boil

Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che si sono iscritti al canale e piano piano stiamo crescendo. Mi raccomando se avete qualche commento da fare non esitate.
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Buona visione

American Strong Ale o quasi

Siamo a fine stagione, me lo continuo a ripetere ormai da troppe settimane, non vedo l'ora di finire sti grani una volta per tutte.
Questa nuova birra è l'ennesimo compromesso di questa stagione. Alla fine con quello che avevamo in fondo alla scatola non ho potuto far altro che brassare un American Strong Ale, e non proprio in stile.
Il problema è il Carapils, si che l'ASA prevede malti caramellati, come il Crystal o un Cara, ma non certo il Carapils in dosi massicce. Pensavamo di avere solo un mucchietto di Biscuit e di fare un'altra birra...ed invece in fondo allo scatolone abbiamo trovato due sacchetti sottovuoto di Carapils,1300 grammi in totale. Sono rimasto per un attimo in silenzio e poi mi è scattato "e adesso che beep!! di faccio con sto beep!! di Caraplis??"
Ho pensato di utilizzarlo solo in parte, ma poi ho avuto uno schizzo celebrale "ma che beep!! me ne frega c'è lo metto tutto!".
Così senza guardare niente e nessuno ho messo tutti i grani sul tavolo, li ho pesati e li ho buttati dentro al mulino.
Alla fine sono usciti fuori quasi 7,7 chili di grani e fiocchi. Non avevo idea di cosa farci, ma dopo aver aperto il frigo e trovato un bel pò di luppoli americani da far andare, ho pensato di farci un Americana. Tra tutte le Americane, ho pensato che visti i parametri di densità e ibu poteva venire su un discreta American Strong Ale... se non fosse per il Carapils!!
Così non mi sono perso d'animo e ho tirato giù una ricetta.

IMPERIALE AMERICAN STRONG ALE ALL GRAIN
lt mash :23
lt sparge:23
Litri in pentola :23
OG preboil:1043
Min bollitura:60
Litri in fermentatore :24
OG :1070
ABV :7.0 %
Plato :17.1
IBU :62.9
BU/GU :0.9
EBC : 8

Malti e Fermentabili
Pale Ale 5000 gr 65 %
CaraPils 1300 gr 17 %
Biscuit 690 gr 9 %
Vienna 380 gr 5 %
Fiocchi di Orzo 300 gr 4 %
Totale7670 gr

Luppoli
Simcoe (AA 12.3) 50 gr 20 min Coni
Cascade (AA 5.9) 150 gr 10 min Coni
Saaz (AA 3.34) 150 gr 5 min Coni
Cascade (AA 5.9) 50 gr DH Pellet
Equinox (AA 13.4) 10 gr DH Pellet
Totale 410 gr

Lieviti
SafAle US 05 Dry US-05 11.5 gr
SafAle English Ale S-04 5.5 gr

Profilo Mash
Protein Rest 50 °C 10 min
Beta-amilasi 62 °C 35 min
Alpha-amilasi 72 °C 15 min
Mash Out 78 °C 15 min

Il problema era di trovare una quadra, dove era possibile, e l'unica cosa su cui potevo agire era il mash. Così ho apportato delle modifiche alle nostre abituali soste, inserendo un protein rest a 50°C di pochi minuti per scongiurare l'eventualità di trovarmi poi alla fine con un mosto torbido, anche se tutti i malti che utilizziamo normale hanno subito dei processi che non rendono più necessaria questa sosta, la sosta di beta amilasi a 62°C invece che i canonici 68°C, visto che sarà già abbastanza corposa a causa del Carapils, detto anche malto destrinico. Mentre ho mantenuto invariate le due soste successive, quella di alfa amilasi 15 a 72°C e il mash out a 78°C sempre per 15 minuti.
La settimana era passata all'insegna della birra, full immersion, con la creazione delle nuove etichette per la Joe Alba 120 stampate e pronte per essere applicate sulle bottiglie e per Il Fico Nero. Ma il massimo sforzo e stato profuso nel fine settimana. Venerdì con la preparazione di tutto il necessario per questa American Strong Ale, Sabato con l'imbottigliamento della Foreign Extra Stout Il Fico Nero, una nera dal futuro radioso e terminata con il travaso della Oro VII, la settima versione della nostra APA.
La domenica mattina è iniziata all'alba. Alle 6 ero già sveglio una colazione veloce e giù di corsa in garage. Quando ho acceso il gas delle pentole non erano ancora le 7.


Come sempre ho inserito mezzo limone nelle due pentole per acidificare un pò l'acqua e migliorare le condizioni di lavoro degli enzimi, anche se senza un analisi delle caratteristiche dei sali disciolti nell'acqua, non può essere così efficace.
In pochi minuti ho portato l'acqua a 54°C e ho versato di grani. Questa volta, come vi dicevo, ho deciso di effettuare un mash in a 50°C con una breve sosta di protein rest. Ho continuato poi con il mash a 62°C per 35 minuti per la sosta di Beta Amilasi e il solito rituale dei 15 minuti a 72° e il mash out a 78°C per 15 minuti.



Il mash è passato veloce e tutto è andato per il meglio ma prima di passare alla fase di sparge ho verificato l'avvenuta conversione degli amidi, eseguita con la prova della tintura di iodio, che ha dato esito positivo.


Via libera per lo sparge. Ho iniziato rifiltrando il primo litro, sufficiente per avere un mosto limpido e successivamente aggiungendo 23 litri di acqua a 78°C per lo sparge vero e proprio. Alla fine mi sono ritrovato con 34 litri preboil. Anche questa volta abbiamo perso più di 4 litri in fondo alla pentola, una quantità eccessiva bisognerà correre ai ripari nella nuova stagione, migliorando ancora di più il pescaggio dal fondo della pentola o trovare un altro sistema per birrificare, senza perdere di vista quello che ritengo il parametro fondamentale che molti in preda a raptus entusiastici perdono, la casalinghità del nostro fare birra.
Per scaldare l'acqua di sparge utilizziamo la pentola dove facciamo bollire la conserva di pomodoro, una pentola in alluminio da 24 litri, l'unica difficoltà e che con una brocca si deve riversare l'acqua sulle trebbie manualmente. Il problema e che l'acqua tende a raffreddarsi velocemente. Un altro problema da sistemare con la nuova stagione, sempre se continueremo con il sistema All Grain Classico 3 tini, faremo comunque un riepilogo nelle prossime settimane sulle differenze che abbiamo riscontrato e daremo una valutazione "casalinga" dei pro e dei contro dei due metodi.


Ho aperto il rubinetto della pentola cercando di mantenere un flusso intorno a 1 litro al minuto e ho cominciato a versare l'acqua di sparge. Il mosto è uscito subito bello limpido e dorato leggermente ramato.



Il metodo mestolo con colino sopra (che avrete già visto nei video sul nostro canale Youtube) funziona, è pratico e semplice da usare è svolge egregiamente la sua funzione, e in una ventina di minuti ho terminato il lavaggio delle trebbie.


L'unico vero problema, è sollevare la pentola di boil da in terra ad un metro di altezza sopra il fornellone. Per me è un problema serio visto che ho poca forza nelle braccia e sono già un pò anzianotto con la schiena che non è più quella dei vent'anni.


Qui ho dovuto chiedere un aiuto, da solo non avrei mai potuto portare la pentola in posizione. Quindi niente aiuto niente birra!
Posizionata la pentola di boil sul gas è iniziata la salita verso la bollitura. Qui c'è stato l'unico vero intoppo della giornata, è finita la bombola del gas. Ho notato che il mosto non andava in bollitura, e che le le proteine che si separavano dal mosto erano poche e poco compatte. Inizialmente ho pensato che la breve sosta di protein rest aveva fatto il suo egregio lavoro, ma poi ho dato un occhiata alla fiamma "E beep!!! Il gas...finito!" La fiamma era bassa e bianca, c'era ancora un pò di gas nella bombola ma non aveva la forza calorica per aumentare la temperatura. Niente paura, ho sempre una bombola di scorta, in verità due, in meno di un minuto ho proceduto al cambio. Così ci e voluto solo un pò più di tempo per raggiungere la bollitura, non ho misurato la temperatura ma mi sa che siamo scesi ben bene. Finalmente le proteine si separavano e le ho schiumato come sempre.


Arrivati in bollitura è partito il conto alla rovescia di 60 minuti. Inizialmente avevo pensato di aumentare la bollitura a 90 minuti, ma poi un'analisi della quantità di luppolo, mi ha fatto desistere, anche perchè un paio di litri di mosto sarebbero rimasti intrappolati nei 350 grammi di luppolo in coni, dentro alla pentola e perdere altro mosto mi sembrava eccessivo.


Per la luppolatura sono andato pesante semplicemente perchè avevo ancora dei sacchetti aperti di luppoli americani che se non avessi utilizzato subito, avrei sicuramente buttato, e come per i grani, c'è l'ho buttati tutti!


Ricapitolando, prima gettata a 20 minuti dal termine della bollitura con 50 grammi di Simcoe, luppolo americano dal aroma tipico, molto intenso e resinoso. Seconda gettata a 10 minuti dalla fine con 150 grammi di Cascade il più famoso e classico luppolo per le birre americane molto agrumato e simile al pompelmo, ed infine l'ultima gettata a 5 minuti con 150 grammi di Saaz classico luppolo ceco utilizzato soprattutto per le Pils, per il suo gusto unico ed inconfondibile leggermente speziato. Come per ogni birra americana che si rispetti sarà aggiunto altro luppolo, questa volta in pellet, dopo il primo travaso come Dry Hopping o luppolatura a freddo direttamente all'interno del fermentatore, 50 grammi di Cascade + 10 grammi di Equnox luppolo americano dalle notevole qualità aromatiche molto citriche tropicali e floreali.


Ecco qui come si presentava il pentolone poco prima dell'inizio del raffreddamento. Certo che con tanti coni così la serpentina, che abbiamo inserito a 15 minuti dalla fine della bollitura per sterilizzarla, ci sta stretta!
Come vi ho già detto l'altra volta, con la temperatura più alta dell'acqua potabile, diventa molto difficile raffreddare in un tempo ragionevole, c'è voluta più di un ora per raggiungere una temperatura decente all'inoculo, ne abbiamo comunque approfittato per mangiare una boccone e berci su una birra. Terminata la fase di raffreddamento ho cercato di effettuare un mulinello per concentrare i coni ed eventuali farine sfuggite dallo sparge, ma è stato inutile, con quella massa di luppolo praticamente era impossibile, manualmente, il luppolo raggiungeva oltre un terzo della pentola.
Ho comunque lasciato ancora una ventina di minuti che tutto si depositasse e poi ho aperto il rubinetto e piano piano ho riempito il fermentatore.


Siamo alla fine al momento del inoculo del lievito. Ma prima dobbiamo prendere il dato della densità finale che abbiamo raggiunto per poi calcolare il grado alcolico quando andremo ad imbottigliare.


1070 è il risultato finale, in linea con quello che avevamo preventivato. Non mi rimasto altro da fare che versare il lievito e farlo così reidratare direttamente nel mosto. Con una densità di 1070 è necessario utilizzare più di una bustina. Sarebbe stato preferibile preparare un piccolo starter per creare quel numero sufficiente di lieviti per poter lavorare, purtroppo non ci abbiamo pensato perchè eravamo convinti di avere due bustine ed invece c'è n'era una sola di US-05 il secco americano della Fermentis scelto per la sua neutralità nell'apportare aromi, e quindi sono stato costretto a inserire anche una mezza busta di S-04 il secco inglese leggermente fruttato, visto che avevo ancora due buste che tenevo per l'ultima cotta la Stout di domenica prossima, vorrà dire che ne mettererò un busta e mezza e penso che sarà sufficiente.
Abbiamo terminato anche questa cotta, la penultima di stagione, tutto è andato per il meglio, se si esclude l'intoppo della fine del gas della bombola, che ci ha rallentato un pò. Ho assaggiato il campione della provetta del densimetro, e devo dire che nonostante il quantitativo di luppolo, che naturalmente si sente, si sente un fastidioso profumo e aroma dolciastro classico del Carapils, spero che con il tempo si misceli un pò con l'amaro, anche se ho, sinceramente, poche speranze. Farò un video di degustazione tra un paio di mesi, così da condividere con voi il risultato.


Il fermentatore a trovato posto di fianco a quello della American Strong Ale, e in meno di 12 ore a cominciato a cantare e ha iniziare la fase di fermentazione. Normalmente subito dopo una partenza lenta inizia la vera e propria fase di fermentazione tumultuosa, invece ha prodotto una quantità di anidride carbonica costante per tutto il giorno di Lunedì e di Martedì. Mercoledì mattina ha cominciato a rallentare il gorgoglio denotando l'avvenuta trasformazione della maggior parte del maltosio.
La settimana terminerà con il travaso e con l'imbottigliamento della Imperiale, ci aspetta ancora un weekend completamente immersi nella birra, ma queste sono altre avventure.

Come utilizzare il lievito del fermentatore

Da tempo, parecchi lettori, mi hanno chiesto cosa fare con il lievito che rimane sul fondo del fermentatore, e visto che non riusciamo ha riprendere l’attività brassicola, ho pensato di scrivere questo post, su come fare.
Fin dall’inizio della nostra attività brassciola, quel fondo sul fermentatore ha sempre destato in noi l’amletico dubbio “Ma è lievito perchè buttarlo?”. Le prime volte non facevamo altro che essere dispiaciuti di tanto spreco, ma alla fine finiva nel lavandino.


Poi decidemmo che comunque lo si poteva utilizzare per far fermentare una nuova birra, anche se bisognava utilizzarlo nel minor tempo dopo aver svuotato il fermentatore dalla birra precedente. Imbottigliare la vecchia e brassare la nuova nello stesso giorno, può essere impegnativo, soprattutto se si è soli.
Così cominciai ad informarmi su come recuperarlo, per poterlo riutilizzare successivamente e provammo un paio di volte “a lavarlo”, con buoni risultati, potete trovare la cronaca in un post diviso in due parti prima e seconda
Sinceramente è un lavoro impegnativo, prima di iniziare dovete essere consci di quello che fate, il rischio di infettare la futura birra è reale, tutto deve essere ben pulito e sanificato e le fasi del lavoro devono essere ben pianificate, potrete così ottenere lievito gratis, e birre dalle stesse caratteristiche, stessi aromi anche per le nuove.
C’è da aprire una parentesi, il fatto che dopo ogni cotta, il lievito possa modificarsi, penso sia normale, anche se non è il caso di affrontare qui un discorso chimico, per noi HB è difficile mantenere costante un processo relativamente semplice come rifare 
la stessa birra, potete capire mantenere intatte le caratteristiche di un lievito.


Solo dopo oltre un anno, decidemmo di recuperarlo per produrre la nostra amata pizza e farci il pane. Inizialmente lo utilizzavamo lo stesso giorno del travaso o del imbottigliamento, ma poi diventava impegnativo, capitava spesso di avere altri impegni e non riusciamo ad utilizzarlo subito. Così dopo un pò di prove, abbiamo creato una specie di pasta lievitante, da utilizzare quando necessario.
Il processo è semplice ma ha bisogno di un pò di attenzione.
Prima di tutto è importante decidere quando raccogliere il lievito, cioè dopo il primo travaso o il secondo. Essendo una raccolta per far lievitare della farina, la purità del lievito non ci interessa più di tanto, non ci interessa mantenere delle caratteristiche di aroma e gusto ma semplicemente far lievitare la nostra pasta.
Chi fa All Grain Classico tre tini, ha meno problemi, perchè il lievito del primo travaso non è “inquinato” dalle farine e dai residui, mentre chi, come noi, fa BIAB, sul fondo del fermentatore nel primo travaso, è ricco di residui. C’è un ulteriore complicazione, chi esegue la luppolatura a freddo o DH nel secondo travaso, e il luppolo lo utilizza libero, ci si ritroverà, dopo il travaso per l’imbottigliamento, sopra al lievito, uno strato di luppolo, che rende difficile la raccolta, e quasi impossibile da utilizzare.


Per noi che facciamo quasi sempre DH libero con il formato pellets, dobbiamo scendere ad un compromesso utilizzando il lievito raccolto dal fermentatore dopo il primo travaso. A volte abbiamo utilizzato il lievito del secondo travaso senza DH, bisogna dire che il lievito è molto più pulito e, soprattutto per il pane, si sente anche quando si mangia. Per la pizza invece è meno marcata la differenza perchè comunque vengono aggiunti altri ingredienti che coprono molto l’aroma apportato dal lievito.
Una altra cosa che è bene ricordare e che nel lievito del primo travaso c’è anche una componente di residui di luppolo che tendono ad amaricare la pasta e non è difficile poi ritrovarsela un pò amara.
Quindi se si puoi, meglio il lievito del secondo travaso.
Fatta questa precisazione, andiamo con il procedimento.
Di solito raccogliamo 5 cucchiai abbondanti, naturalmente il lievito più compatto è più semplice da raccogliere, come il secco S-04, ne raccogliamo intorno ai 50 grammi, invece con lieviti meno compatti è più difficile raccogliere la quantità esatta, visto che il lievito è più liquido mescolato al mosto, e quindi la concentrazione sarà più bassa, meglio raccoglierne almeno 100 grammi.
Sul quantitativo di raccolta non c’è un limite, noi facciamo così perchè abbiamo un contenitore ermetico da chilo, ma se avete la possibilità di tenerlo in più contenitori, potete raccoglierlo anche tutto e vi garantisco che c’è ne tanto!
Il lievito estratto lo sistemiamo in una terrina e poi aggiungiamo acqua fino a scioglierlo bene, naturalmente con quello meno fluido servirà molta meno acqua, qui prendiamo il caso del lievito più denso, mescoliamo bene fino a renderlo quasi completamente fluido, un fluido più cremoso dell’acqua.


A questo punto aggiungiamo piano piano farina, noi utilizziamo il tipo Manitoba, una farina più “forte” adatta per la creazione della pasta madre, ma utile anche per l’impasto per pizza, aggiungiamo fino a creare un panetto piuttosto duro, il punto di pasta deve essere poco prima che la pasta si spacchi durante il mescolamento.


Vi consiglio una volta che il panetto diventa più solido, di terminare di impastarlo su una tavola di legno o di marmo, per dare ancora più forza. Una volta pronto, lo riponete in una ciotola capiente e lo coprite bene con pellicola trasparente per evitare che prenda aria e si secchi in superficie, che è la cosa che non deve accadere, e lo lasciate lievitare a temperatura ambiente per un paio di ore.
Dopo la prima lievitazione, a causa della grande proporzione tra lievito e farina, la pasta diventerà molto più morbida e appiccicosa, è il momento giusto per riporla dentro un contenitore ermetico e posizionarla in frigo. Il contenitore ermetico serve soprattutto per evitare che il lievito si contamini con muffe e funghi, di cui il nostro frigo ne è ricco, dispiacerebbe dopo tanta fatica doverlo buttare. Come accorgersene se dovesse essere contaminato…. ve ne accorgerete!


Per mantenere un buon ceppo di lieviti si consiglia di non lavare il contenitore, ed aggiungere la pasta tutte le volte nello stesso.
In queste condizioni la pasta lievitante può stare in frigo, dai 7 a 10 giorni, mantenendo le sue caratteristiche, poi inevitabilmente i lieviti cominceranno ad indebolirsi e la forza lievitante scendere.
Se non si utilizza in questo lasso di tempo consiglio, per mantenerlo in “forza”, di “rinfrescarlo”. Procedimento: tirare fuori dal frigo il contenitore, estrarre la nostra pasta lievitante, metterla all’interno di una terrina, aggiungere un paio di cucchiai di acqua a temperatura ambiente e cominciare a sciogliere la pasta. Una volta miscelato bene l’acqua alla pasta lievitante, aggiungere farina finché si ricrea il panetto e riporlo nel contenitore all’interno del frigo.
Questo processo può essere ripetuto diverse volte, naturalmente ogni volta che si rinfresca, la pasta lievitante aumenta di volume e puoi capitare, se non avete amici a cui cedere parte del panetto, di ritrovarsi con un quantitativo eccessivo che non riusciremo più a far stare nel nostro contenitore, o avete altri contenitori o sarete costretti a buttarne una parte. Se ne utilizzate una parte, diciamo 200 – 250 grammi alla settimana, non avrete problemi.
Naturalmente lo potete reintegrare con altro lievito, estratto dopo una nuova birra, rimpastandolo insieme alla pasta lievitante che avete da parte. Vi consiglio di creare un nuovo panetto, come vi ho illustrato sopra e poi dopo la fase di lievitazione a temperatura ambiente, impastate il panetto nuovo e la pasta lievitante che avete nel barattolo, avendo cura di tirare fuori il panetto in frigo, un paio di ore prima.
Ma il metodo migliore per rinfrescare la vostra pasta lievitante, se non avete a disposizione del lievito esausto, perchè per qualche motivo non avete fatto la birra, e quello che di utilizzare un pezzo di pasta nuova avanzata dall’impasto.


Nella foto potete vedere, sopra la pasta lievitante del barattolo e sotto un pezzo da 100 grammi della pasta per pizza appena preparata, che successivamente saranno mescolati, per far si che i lieviti all’interno della “vecchia” pasta lievitante si possano cibare dei nuovi zuccheri presenti nella pasta nuova.
Ricetta, ricetta, ricetta….. mi sembra di sentirvi, calma, facciamo un esempio di impasto così potrete capire meglio, facciamo l’esempio di pasta da pizza utilizzando una macchina del pane.
La macchina che abbiamo è semplice e l’avevamo pagata davvero poco in uno dei tanti discount sparsi per l’Italia, e per una trentina di euro, non c’è la siamo fatta scappare.

Ricetta per la pasta da pizza, 8 pizze da 220 grammi
600 ml di acqua tiepida
3 cucchiaini di zucchero
2 cucchiaini rasi di sale
1 cucchiaino di malto d’orzo












 
1 cucchiaio di olio EVO (facoltativo)
650 grammi di farina tipo 00
350 grammi di Manitoba
250 grammi di pasta lievitante













e se avete fretta, ma solo se non avete tempo da dedicarci, 1 cucchiaino raso di lievito secco.


L’utilizzo di ulteriore lievito, può essere utile se non avete tempo, magari arrivate tardi, nel primo pomeriggio e avete voglia di farvi una pizza in serata.
Infatti l’utilizzo della sola pasta lievitante e un pò limitante, perchè necessità di più tempo per agire, normalmente ci vogliono almeno 12 ore, tra inizio dell’impasto e la cottura.
Per la lievitazione è necessaria un pò di esperienza per gestirla al meglio, che però alla fine vi permetterà di creare pizze più consone ai vostri desideri e dei vostri amici, più croccanti, o più morbide, più sottili, o più spesse, insomma per tutti i gusti.
L’utilizzo della macchina del pane è semplicemente una scorciatoia, mi sono accorto che così ho più tempo per me, e posso fare altri lavori, per esempio preparare il pomodoro tagliare la mozzarella, grigliare le verdure, nelle due ore che la macchina impasta e lievita.
Nel caso non possediate una macchina del pane, e siate costretti a impastare a mano, cominciate mettendo tutta l’acqua in una terrina, noi utilizziamo una bastardina in acciaio, poi sciogliete lo zucchero e il malto d’orzo, con calma sciogliete la pasta lievitante il più possibile, il glutine tende a formare dei filamenti che non si sciolgono facilmente, va bene lo stesso se non sono proprio tutti sciolti, a questo punto iniziate ad aggiungere la farina setacciata, se possibile, se non avete tempo prima di aggiungere la farina, sciogliete il cucchiaino di lievito secco, oppure 1 grammo di lievito di birra (a volte lo aggiungo lo stesso, specialmente se la pasta lievitante e un pò datata) e cominciate a mescolare. Quando l’impasto raggiunge la consistenza di un semolino molto denso, aggiungete il sale, mescolate bene prima di aggiungere l’olio, se avete deciso di usarlo, e poi l’altra farina.
Quando la pasta si stacca dai bordi la rovesciate sulla tavola di legno e aggiungete la restante farina piegando e ripiegando la pasta. Può capitare che la consistenza sia diversa, basta una maggiore umidità nell’aria che vi rimarrà più molla, potete aggiungere un pò di farina in più, ricordate comunque che il punto di pasta e quando toccate l’impasto e non vi rimane appiccicato il dito, e la pasta rientra e poi torna su, come un materasso in memory.
Per il pane la ricetta è leggermente diversa, prima di tutto il programma utilizzato non deve solo impastare ma poi anche cuocere il pane. Noi normalmente prima di iniziare la fase di cottura estraiamo la pasta dalla macchina che mettiamo in pausa e lasciamo la pasta a lievitare un paio di ore in più prima di riposizionare la pasta nella macchina e poi riattivare la macchina.
Ricetta per pane da 750 grammi.
200ml di acqua tiepida
2 cucchiaini di zucchero
1 cucchiaino raso di sale
1 cucchiaino di malto d’orzo
1 cucchiaio di olio EVO (facoltativo)
200 grammi di farina integrale
200 grammi di farina Manitoba
200 grammi di pasta lievitante
1 cucchiaino raso di lievito secco o in alternativa un grammo di lievito di birra fresco.
Ma torniamo alla nostra amata pizza, per la fase di impasto e lievitazione nella macchina ci vogliono da programma 1h e 50 m, ma io la lascio ancora una mezz’oretta al caldo, o almeno finché la pasta non tocca l’oblò.


E uno spettacolo quando alzate il coperchio, ho sempre amato la morbidezza della pasta lievitata, sarà che è stato il mio primo mestiere per tanti anni in gioventù, vuoi per il profumo che sprigiona, ma soprattutto perchè so già cosa diventerà!
A questo punto verso la pasta sulla tavola e la piego un pò di volte per aumentare la forza della pasta, per qualche minuto, e creo un palla.


Poi la copro con la bastardina, per evitare che si secchi e crei la crosta, che causerebbero la formazione di pezzetti di pasta secca che durante la fase di stesura, romperebbero la pasta. Se non avete la bastardina cercate di coprila in modo di non farla venire a contatto con l’aria.



Lascio lievitare una prima volta per un ora e poi ripeto la fase di piegatura per due volte. Dopo la seconda volta faccio le palle da 220 grammi.


Come potete vedere a lato la pasta avanzata che poi impasteremo con la pasta lievitante nel barattolo. Naturalmente copro le palle per 30 minuti prima di iniziare a stenderle.


Nei 30 minuti che attendo che la pasta si snervi un pò, mi dedico alla pasta lievitante impastandola con quella avanzata.


Per migliorare la miscelazione utilizzo anche un pò di farina, alla fine rimetto l’impasto così ottenuto nel barattolo e lo posiziono nel frigo.


Siamo alla fase finale dopo i 30 minuti si comincia a stendere le palle e metterle nelle teglie. Io preferisco quelle di alluminio, rispetto a quelle di acciaio, cuociono più uniformemente, non bruciano sotto e rimangono più morbide.


Per stenderle uso il mattarello, è l’ideale per preparare la pasta da mettere nelle teglie.


Ecco fatto questa è la base per creare la nostra deliziosa pizza. L’utilizzo di pasta cotta come piatto su cui poi mettere gli ingredienti, nasce nella Roma Antica, e poi con il passare del tempo ha raggiunto la fama che ha oggi.
Il bello di questo pezzo di acqua e farina lievitata è la versatilità di creare quello che si vuole, il limite è solo la nostra fantasia, questa volta l’abbiamo preparata semplice, pomodoro, origano, olive e mozzarella.


Eccole qui in attesa dell’ultima fase di lievitazione, ancora un ora abbondante e poi saremo pronti a gustare il risultato di tanta fatica. In questa ultima fase è importante che l’ambiente sia caldo, sui 22°C, per accelerare la fase di metabolismo dei lieviti, prima di infornarle.
Per la cottura dipende da forno a forno, innanzitutto si accede il forno al massimo, oltre i 250°C (più caldo è più cuoce velocemente e più rimane, contemporaneamente, morbida dentro e croccante fuori, il top).
Quando si arriva in temperatura, si mettono due pizze una in mezzo e l’altra sul fondo, 4 minuti e si invertono e dopo altri 4 minuti sono pronte per essere gustate.


Il massimo una fumante pizza innaffiata da un ottima birra…. la nostra! Sicuramente il nostro piatto preferito. Ora tocca a voi.
Termina così un’altra avventura nel mondo della birra, senza fare birra….non solo birra!

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