mercoledì 9 novembre 2016

Video degustazione per l'ultima di stagione la Liberty Stout


Siamo arrivati davvero alla fine di questa lunga e particolare stagione 2015-2016, con questo ultimo video dedicato alla degustazione delle nostre birre. Questa volta si tratta di una Stout, la Liberty chiamata così per averci liberato da un incubo durato due anni dove siamo rimasti prigionieri di ingredienti, malti e luppoli acquistati senza un criterio, che non ci hanno permesso di brassare le birre che avremmo voluto ma costretti a seguire le scadenze degli ingredienti.
In realtà questo non sarà l'ultimo video dedicato alla degustazione, chi ci segue sa bene che mancano all'appello le birre fatte per l'anniversario della nostra 50ª cotta la Fifty Anniversary e la sua gemella FiftyOne. La prima brassata con il metodo classico, la seconda in BIAB. La ricetta è a stessa come tutto il resto temperature e tempi, naturalmente l'unica differenza è stata la quantità dell'acqua utilizzata per il mash.
Il prossimo sabato Vi proporremo un video dedicato ai progetti della prossima stagione, cercando di condividere con tutti voi le speranze e i desideri di questa nuova stagione.
Lo so che molti di voi stanno attendendo i nuovi video cotte delle birre della nuova stagione, un pò di pazienza le novità vanno assaporare. L'attesa è essa stessa piacere!


Buona visione.

Una Italianissima Witbier Belga, una Blanche

Un nuovo articolo riguardante un vecchio post del blog. Un articolo importante che ha sempre attirato moltissimi click, e che è risultato come la ricetta più ricercata. Abbiamo così pensato di riproporlo per i nuovi lettori che non lo conoscevano e rinfrescare la memorie dei vecchi. La bellezza di questo articolo è il passo a passo che vi guiderà nella creazione di una birra bianca con il metodo BIAB, grazie a decine e decine di foto.
Buona lettura.

Ciao A tutti, finalmente siamo riusciti a brassare questa Blanche, che tanto ci ha fatto sospirare, anche se comunque le cose sin dall'inizio, non sono andate come dovevano.
Ricetta
Rosaura Blanche ALL Grain BIAB
Minuti ammostamento :120
Litri in pentola :39
Litri in fermentatore :25
Efficienza :72 %
OG :1052
ABV :5.2 %
Plato :12.9
IBU :33.4
BU/GU :0.64
EBC : 3

Fermentabili
Pilsner 3400 gr 49 %
Frumento non maltato (grano) 2800 gr 41 %
Fiocchi di Avena 400 gr 6 %
Fiocchi di Orzo 300 gr 4 %

Luppoli
Citra (AA 12.5) 25 gr 60 min
Hallertauer Hersbrucker (AA 2.2) 20 gr 30 min
Coriandolo (AA 0) 20 gr 15 min
Buccia di Arancia (AA 0) 33 gr 15 min
Saaz (AA 4) 15 gr 10 min
Citra (AA 12.5) 20 gr Dry-Hop
Coriandolo (AA 0) 10 gr Dry-Hop
Buccia di Arancia (AA 0) 10 gr Dry-Hop

Lieviti
SafBrew S-33 23 gr. (due buste)

Profilo Mash
Protein Rest 50 °C 20 minuti
Beta-amilasi 63 °C 70 minuti
Alpha-amilasi 70 °C 30 minuti
Mash Out 78 °C 0 minuti

La storia di questa cotta è disseminata di continui di intoppi che si sono protratti anche dopo aver terminato la cotta visto che improvvisamente oggi pomeriggio a smesso di gorgogliare dopo solo 18 ore e addirittura sta già scendendo di pressione, ma partiamo dall'inizio.
Come al solito Andrea è impegnato, e passo il Sabato pomeriggio a preparare tutto il necessario, compreso il riempimento della pentola per la cotta di Domenica. La mattina inizia con la taratura del phmetro.


La taratura è semplice e veloce, basta un piccolo cacciavite e regolarlo sui liquidi di riferimento.


Prima tarando la vite sinistra per la regolazione del campione a 7,01 e poi la vite destra per la regolazione del campione 4,01.


Finito la regolazione, prendo il Mac, il mortaio per il coriandolo, che mi ero dimenticato e mi riverso in garage. Andrea arriverà più tardi, e quindi mi tocca iniziare da solo, e mi chiedo ma come fate a fare le Vostre cotte da soli?


Arrivo in garage, e mi accorgo che nella fretta del giorno prima c'è già qualcosa che non va. Il fornellone non è messo nella posizione giusta, la manopola del gas e sotto al rubinetto della pentola, non Vi racconto chi è sceso dal cielo, ma ero già abbastanza arrabbiato, quando alla visione della madre, mi accorgo che il rubinetto della pentola e montato al contrario e lo posso aprire solo parzialmente perchè tocca sulla pentola.....esclamazione di sgomento....seguito da un urlo.
Ormai avevo già versato l'acqua dentro alla pentola e non avevo voglia di svuotarla e poi dove l'avrei messa, per togliere il rubinetto girarlo, posizionare il fornello nella posizione giusta, andiamo avanti così. Mentre cerco di calmarmi, decido di accendere la stufa per aumentare un pò la temperatura visto che eravamo intorno agli 8 gradi e fuori la nottata aveva steso il suo alito gelato su tutto. Niente non c'è verso di accenderla, complice la carta umida è perdo un sacco di tempo, sono sempre più nervoso. Con fatica riesco ad accendo la stufa e comincio a macinare il frumento. Dentro trovo di tutto rametti, paglia, foglie, non c'è che dire sicuramente un grano biologico.


Comincio a macinare, ma è davvero duro e macinare quasi tre chili di roba ci metto un pò di tempo. Mentre macino mi accorgo, purtroppo, che non tutti i chicchi sono uguali e così mi rendo conto che i chicchi più piccoli passano indenni i rulli #@#!!


Dopo aver passato tutto, decido di stringere i rulli e di dargli un'altra passata, questa volta sembra funzionare, anche se però così facendo, forse sgretolo troppo lo strato ci crusca.


Nel frattempo ho acceso il gas e comincio a scaldare l'acqua, e quando arriva a 20°C ne prelevo un pò e misuro il pH siamo a 6,90 e come al solito ci verso dentro il limone compagno fedele di queste cotte, un acidificante eccezionale, e dopo dieci minuti raffreddo il campione a 20°C e misuro il pH, 4,84!! Nel casino di alzare il coperchio prendere il campione, il tubo della pompa salta fuori e comincia a pisciare come un bambino in gita, alla prima sosta in autogrill!!! Acqua dappertutto, nella sfortuna, la fortuna è che solo acqua.


Azz, il pH è un pò basso, non c'è niente da dire quando l'acqua è povera di carbonati, come questa acqua minerale che abbiamo utilizzato, il pH scende alla grande.


Intanto continuo a macinare i quasi 3 chili e mezzo di pilsener belga.
Normalmente tengo la misura dei rulli quasi a metà o poco meno e le cotte fatte in precedenza hanno questo tipo di regolazione, ma sfarinano tanto e lasciano molte farine sul fondo della pentola, proveremo per le prossime cotte, ad allargare leggermente i rulli.


In meno di mezz'ora macino tutti i grani e dopo ulteriori venti minuti, raggiungiamo i 50°C. Siamo pronti per buttare i grani macinati, più 400 grammi di fiocchi di avena, visto che in grani non l'avevo trovata, verso, spengo e mescolo. La temperatura scende a 49°C riaccendo e a 50°C rispengo. Cerco di tenere la temperatura agendo sulla manopola del gas. Dieci minuti e misuro il pH, 5,72.


Man mano che il tempo passa si sente il classico profumo di pane, questa volta e più difficile del solito mantenere la temperatura costante, la pentola ha una strana inerzia termica, o sale troppo o scende troppo. Alla fine la temperatura rimane tra i 49 e 52°C per i 20 minuti stabili per il protein rest.


Dopo i venti minuti, il profumo di pane è davvero intenso, penso che sia tutto pronto per salire allo step successivo, beta amilasi 63°C per 70 minuti.
Il colore del mosto è di un torbidoso bianco, qui potete vedere anche il rubinetto al contrario.


Arrivati a 63°C butto i 300 grammi fiocchi d'orzo e mescolo bene, spengo. Dieci minuti è prelevo un campione, verifico il pH, 5,84. Invece di scendere il pH continua a salire, così decido di versare 6 cc di acido lattico e dopo altri dieci minuti riverifico il pH scende a 5,5. Decido che va bene e comincio a preparare le spezie e i luppoli. Con il mio fedele mortaio compagno di tante avventure gastronomiche, comincio a pestare il coriandolo.


L'aroma che si sprigiona prende il naso.


Qui potete vedere le capsule rotte. Intanto peso la scorza di arancia.


Preparo le tre gettate di luppoli Citra da amaro a 60 minuti Hallertauer Hersbrucker a 30 minuti e Saaz da aroma a 10 minuti.


Intanto arriva Andrea, " Ciao Pa, come è?", così comincio a illustrargli tutti i problemi che ho dovuto incontrare e lui si fa un paio di risate, beato lui.
Dopo i 70 minuti si sale per l'alfa amilasi a 70°C per 30 minuti.


Il colore del mosto muta e diventa quasi grigio, è molto più trasparente.
Anche su questo passaggio troviamo difficoltà a mantenere la temperatura costante e arriviamo anche a 72°C, e pensate che ho il rims, creato apposta per mantenere la temperatura costante durante le fasi di mash. Purtroppo con un semplice regolatore di temperatura come STC-1000 è difficile che funzioni bene, l'unico modo di sfruttarlo al meglio e utilizzare un PID, allora si che sarà perfetto.
Dopo i 30 minuti test dello iodio, tutto ok, amidi convertiti.


Accediamo e portiamo a 78°C, raggiunti tiro su la sacca senza spegnere e comincia la fase di strizzatura.


Con Andrea infortunato, è impossibile eseguire la sua manovra di spremitura, ma riesce ugualmente a schiacciare. Questa volta esce anche parecchio glutine, sembra una melma gelatinosa.


Intanto mentre si va in bollitura si prepara la reidratazione del lievito secco scelto, un Fermentis Safbrew S-33 ideale per le birre bianche e trappiste belghe, anche se detta da molti un pò rognoso, poco attenuante, staremo a vedere.


La reidratazione procede come sempre, acqua sterilizzata precedentemente bollita e raffreddata a 22°C e poi l'aggiunta di una punta di zucchero, una volta sciolto lo zucchero, si versa il lievito secco e si mescola bene fino a scioglierlo bene, creando una specie di crema, nell'operazione si cerca di inglobare più ossigeno possibile.


Una volta terminata la fase di preparazione, li mettiamo davanti alla stufa cercando di fargli prendere un pò di aria tiepida, ma il lievito sembra già partito alla grande.


Con la paura di avere un lievito lento ad attivarsi, lo abbiamo reidratato presto, forse troppo presto. Di solito lo reidratiamo mezz'ora prima, questa volta invece lo abbiamo preparato un'ora prima.
Durante la precedente fase di preparazione delle gettate, Andrea intravede nel frigo delle confezioni di nutrimento per lievito, mai usato, e mi chiede cosa sono. Gli spiego e non si capacità di perchè ne abbia preso una valanga se poi c'è ne fa 3 grammi per cotta, "Ma Pa, qua di nutrimento c'è ne anche per mio figlio!!", detta a denti stretti, sa che a volte sono un pò esagerato!


Nel frattempo si raccoglie un bel pò di proteine che vengono a galla in fase di pre bollitura e io con calma misuro la quantità di mosto rimasto 36,5 litri, più o meno come sempre, quel mezzo litro che manca e quello che si è sparso sul pavimento durante il problemino iniziale, e tiro giù un campione per la densità preboil, 1044, e penso che abbiamo avuto una buona estrazione. Con il foglio di bollitura che mi ha gentilmente concesso un Amico, per raggiungere la densità desiderata basta 44 minuti. Penso bene così non si schurisce tanto e rimane bella chiara.
Comincia la bollitura e facciamo subito la prima gettata di 25 grammi di Citra. Poi dopo 20 minuti (invece di trenta, così che la bollitura l'abbiamo accorciata di 10 minuti) il Hallertauer Hersbrucker 20 grammi, e poi dopo altri 15 minuti si getta le spezie insieme in un unico filtro e dopo 5 minuti oltre la serpentina anche i 15 grammi di Saaz.


Arrivati a 50 minuti spegniamo. Il mosto è pieno di farine e agglomerati di proteine che nuotano in un mare giallo.


Attacchiamo i tubi è apriamo l'acqua.


Qui Andrea che prova a muovere la serpentina per migliorare il raffreddamento, ma è in difficoltà, per la mano infortunata. Così lo sostituiamo.



Mia moglie misura la temperatura, non ricordo bene l'ilarità del momento ma deve essere successo qualcosa a Diana la nostra cagnetta, mentre Andrea faceva la foto.


Qui vedete bene quando è torbido il mosto, sembra limoncello!!
Arrivati a 22°C togliamo tutto, mentre la moglie comincia a lavare, cominciamo a fare mulinare il mosto. Dopo 5 minuti smettiamo e copriamo la pentola e aspettiamo che finisca di ruotare e dare il tempo alle farine e le proteine in sospensioni, che si depositino al centro.
Ci vuole un bel pò, e intanto il lievito ha già schiumato e sta già regredendo.


All'inizio cercando di prelevare un campione per la misura della densità iniziale, tiriamo giù un pò di farine e prima di inserire il densimetro mi rendo conto che è quasi completamente una massa grigia melmosa, completamente farine, lo butto.
Provo di nuovo ora è più limpido e decidiamo di aprire il rubinetto molto piano.


Il colore è incredibile, giallo limone.



Potete vedere quanto sia torbido, nonostante il mulinello e la poca apertura del rubinetto (qui vedete di nuovo il rubinetto al contrario tra l'altro più di così non si apre se non si leva la leva), sembra veramente limoncello!


Poi improvvisamente diventa limpido.


E decidiamo di prelevare un campione per la misura della densità finale.


Alla fine sarà 1052. Finito il travaso nel fermentatore dopo un ora dall'attivazione del lievito, do una mescolata ai bicchieri e si crea una schiuma intensa, versiamo tutto nel fermentatore, ancora una bella mescolata, si chiude il coperchio e si sale in casa a metterlo in dimora.
Arrivati su vediamo che la temperatura è un pò alta, siamo già a 22°C. Riempiamo il gorgogliatore e il rubinetto con liquido sanificante.
Stamattina alle 5 il bambino borbottava alla grande, sembrava impazzito, addirittura il liquido usciva dal gorgogliatore, purtroppo tutte le mie paure notturne si sono avverate, temperatura a 26 gradi. Il lievito S-33 mal sopporta, rispetto ad altri secchi, temperature così alte, pena il blocco della fermentazione. Infatti alle 15 al mio arrivo a casa, dopo 10 ore sembrava un pesce fuori dall'acqua boccheggiava lentamente ogni tanto, fino al tardo pomeriggio quando improvvisamente cessa e addirittura scende il livello del liquido, denotando una mancanza di pressione, come se avesse esalato l'ultimo respiro.
Ora è li silenzioso, il colore che traspare dalla plastica, sembra latte leggermente giallo. Chissà cosa sta succedendo... ma questa storia ve la racconto la prossima settimana.
A presto.

Video Degustazione American Strong Ale l'Imperiale

Siamo agli sgoccioli, tra poco ripartirà la nuova stagione brassicola, ma per ingannare l'attesa dei nostri amici Youtuber un nuovo video di degustazione. Questa volta siamo insieme a voi con la penultima della stagione scorsa una americana ricca di luppoli e di un certo carattere.
Una ricetta un po' particolare che ha riunito tutti gli ultimi malti chiari per brassare quella birra speciale.
Dall'inizio della nuova stagione brassicola ci divide ancora una degustazione che proporremo la prossima settimana.

Buona visione.

Coltivazione di luppoli americani aggiornamento 2016


Siamo giunti alla fine di questa nuova stagione di coltivazione dei nostri luppoli americani. Bellissima esperienza che difficilmente proseguirà il prossimo anno, almeno che si concretizzino alcune situazioni, rimanete sintonizzate. Qui di seguito le precedenti 4 parti + 1 dove potrete rileggere tutti gli articoli che vi hanno fatto compagnia dal 2013.






Quest'anno che avremmo dovuto raccogliere il frutto di tanta fatica, abbiamo avuto dei problemi, non riconducibile alle piante, ma alle condizioni in cui sono cresciute.
A giugno vi avevamo lasciato con un articolo riassuntivo di tutta l'esperienza acquisita in questi tre anni, ricchi di sensazioni ed esperienza che ci hanno fatto capire la base per ottenere buoni risultati e ottimi raccolti. Certo che di strada c'è ne sarebbe da fare ancora molta, ma non in queste condizioni. Come vi dicevo nell'articolo precedente ci eravamo lasciati quando sono cominciati alcuni problemi legati a malattie fungine.
Ma partiamo dall'inizio dell'anno.
Ai primi di Aprile le piante hanno cominciato a germogliare e a sparare i primi polloni dal terreno. La varietà che meglio si era adattata al terreno era stato il Chinook tanto vigoroso da emettere decine e decine di nuovi tralci, talmente tanti che una volta cresciuti siamo stati costretti a tagliarne la maggior parte. Al contrario le altre due varietà Willamette e il Columbus stentavano a crescere.
Con il tempo anche il Willamette, ha cominciato a crescere e ad irrobustirsi.
Invece l'ultima varietà il Columbus, che era partito con meno vigore e un pò in ritardo, cominciò a rallentare la crescita in concomitanza ad una serie di settimane di pioggia continuative che resero il terreno troppo umido, fradicio.
Il terreno dove abbiamo sistemato le piante è un terreno di base argilloso ma ricco di sabbia, preparato nel 2011 per la semina del prato, quindi con condizioni buone per la crescita vigorosa e sana. Il fatto è che la sabbia sia in superficie, quando i rizomi sono penetrati nella zona più profonda più umida e bagnata hanno sofferto bloccando completamente la crescita.
Le punte dei pochi tralci cresciuti presentavano il germoglio centrale secco, un chiaro segno di un problema radicale, un marciume radicale causato dal ristagno delle radici in ambiente troppo umido, ideale per la proliferazione di funghi nocivi che attaccano le radici non permettendole più di assorbire le sostanze nutritive da trasportare per tutta la pianta e le radici stesse.
Dovevamo fare qualcosa prima che i funghi si trasmettesse alle altre due piante compromettendo il completo raccolto.
Per evitare che una pianta così debole, andando avanti con la stagione fosse stata preda di malattie ben più gravi e devastanti come la peronospora, abbiamo deciso per la soluzione più drastica, recidere la pianta.
Forse qui è stato commesso un errore.
Non abbiamo pensato che nel sottosuolo i rizomi avrebbero continuato a tenere attivi i funghi che successivamente si sono propagati nel terreno. L'esempio è stato l'ammalarsi del prato che ha cominciato a presentare macchie gialle che alla fine hanno portato al seccume di alcune zone.
La mossa giusta sarebbe stata quella di togliere i rizomi, e qui a maggio le condizioni ambientali lo avrebbero permesso, cercando di zollare più terreno possibile, per rendere meno traumatico l'espianto. In questi casi la prima cosa da fare è migliorare le condizioni del terreno, inserendo nella zona di espianto un po' di sabbia e pomice da mescolare con il terreno e successivamente aggiungere un disinfettante-fungicida adatto. Il rizoma
deve essere messo a bagno in una soluzione con prodotti a base di Benomil, un prodotto sistemico che va anche ad eliminare i funghi gia in circolo. Bastano pochi minuti. A questo punto il rizoma sarebbe stato da mettere a dimora in un altro luogo. Invece non lo abbiamo fatto, un po' per indolenza un po' perchè non avremmo saputo dove sistemare il rizoma espiantato.
La stagione è proseguita, con le due piante superstiti, con gran vigore soprattutto del Chinook che ha creato un groviglio di rami e foglie inglobando anche la pianta di Willamette. Purtroppo non avendo a disposizione uno spazio decente per far crescere le piante in verticale i tralci sono cresciti in orizzontale e non avendo una lunghezza sufficiente siamo stati costretti a ripiegarli per farli andava avanti e indietro lungo le canne.
Questo è stato il problema principale alla fine. Si è creato così un groviglio inestricabile, con all'interno dei tralci zone non raggiunte dal sole e dall'aria e ha causato le condizioni adatte per la proliferazioni di insetti, nidi e seccumi di coni, foglie e tralci stessi.
Alla fine siamo stati costretti a raccogliere prima del previsto, per evitare che i coni si seccassero e perdessero tutta la luppolina. Il maggior responsabile di tutto questo probabilmente è la proliferazione nella parte radicale del fungo che ha colpito il Columbus e nella parte area dalla peronospora che ha trovato le condizioni ideali nel groviglio. L'evidenza è stato il deterioramento dei coni che ha cominciato a colpire il Willamette con tralci e coni secchi, in pochi giorni.
Per la raccolta abbiamo iniziato con prendere uno per uno i coni cercando di raccogliere solo i coni migliori.
Il tentativo di raccogliere i coni delle due varietà separatamente è risultata vana. Le differenze tra i coni sono molto evidenti, il Chinook con coni molto più grossi e allungati con un aroma resinoso inconfondibile, al contrario del Willamette coni più piccoli e arrotondati e con una aroma più floreale, ma nel groviglio è stato impossibile raccoglierli separati. Così abbiamo tagliato tutto e raccolto tutto insieme.
Alla fine la qualità dei coni non è eccelsa, rispetto allo scorso anno sono risultati più sbiaditi, e non per la raccolta anticipata, molti secchi che abbiamo scartato. Come quantitativo lo scorso anno, dove avevamo raccolto su tutte e tre le piante 800 grammi di fresco che alla fine hanno dato 170 grammi di luppoli essiccati. Quest'anno nonostante una buona parte non raccolta perchè secca, con due piante abbia
mo ottenuto 1 chilo soprattutto di Chinook perchè la maggiorparte dei coni secchi sono stati del Willamette. Penso che se avessimo avuto le piante sane come l'anno scorso avremmo potuto raccogliere anche tre chili, un vero peccato.
Alla fine abbiamo deciso di non dividere i coni, la percentuale del Willamette è talmente bassa che sul chilo raccolto al massimo ci saranno due etti e cosi imbusteremo tutto insieme, creando un mix già pronto con proporzione 1:4 circa.
Una volta raccolti li abbiamo selezionati ulteriormente e lasciati una giornata nei cestini per fare in modo che tutti gli insetti se ne andassero prima di procedere con l'essiccazione.
Fin dall'inizio della nostra avventura con i luppoli, già ai tempi della ricerca e raccolta di luppolo selvatico, aveva costruito dei supporti con una rete metallica da poter utilizzare nel forno di casa per l'essiccazione dei coni.
L'esperienza non era stata del tutto positiva. I coni seccandosi si erano aperti e avevano lasciato cadere sul fondo del forno la luppolina, il problema era stato poi pulire il forno. Meglio cambiare sistema!
L'anno corso abbiamo ripreso l'idea, questa volta senza l'utilizzo del forno visto le alte temperature del garage avevano creato un ambiente caldo e secco ideale per l'essiccazione dei coni.
Così anche quest'anno abbiamo riutilizzato il sistema, ma questa volta invece di mettere i supporti uno a fianco all'altro li abbiamo messi sovrapposti. Il motivo di questa modifica è stato che lo scorso anno abbiamo notato che parte della luppolina che fuoriesce all'ap
ertura dei coni durante la fase di essiccazione, era finita sul tavolo e non siamo riusciti a recuperare la polvere particolarmente appiccicosa ricca di oli.
Quindi dopo 24 ore dalla raccolta abbiamo sistemato i coni sui supporti, posizionando sul tavolo un foglio di alluminio e sopra abbiamo messo i supporti colmi, ma non troppo, di coni.
Abbiamo lasciato i coni per 6 giorni a circa 25 gradi, mescolandoli ogni giorno e scambiato le posizioni dei vassoi ogni due giorni in modo che tutti e tre passassero in tutte e tre le posizioni. Come normale procedura di solito si lascia essiccare i coni finché non perdono circa 80% del peso, e così abbiamo fatto. Con l'esperienza dello scorso anno abbiamo stabilito che 6 giorni sarebbero stati sufficienti per essiccare i coni e perdere 80% del peso.
Alla fine abbiamo ottenuto 238 grammi di prodotto essiccato che abbiamo provveduto a mettere sottovuoto e infilato in frigo.
E' un vero peccato che quest'anno abbiamo avuto questi problemi, alla fine ci rimane il rammarico che avremo potuto ottenere molto di più dallo stesso impianto, almeno il triplo.
Rispetto all'inizio della stagione la convinzione di proseguire questa esperienza è cambiata e non siamo così convinti per la prossima stagione di continuare la coltivazione, soprattutto perchè non abbiamo lo spazio sufficiente, o almeno non lo abbiamo ancora individuato. La posizione migliore ci è stata soffiata dalla moglie per la creazione di una zona dedicata alle erbe aromatiche e ora trovare nel nostro piccolo spazio verde una nuova ubicazione adatta a far crescere il luppolo verticalmente è difficile. Non vogliamo far crescere le piante con le problematiche di quest'anno e dopo tanta fatica non poter raccoglierne tutto il potenziale.
L'altra faccia della medaglia è comunque l'importanza di avere la possibilità di crescere e poi utilizzare il proprio luppolo per le proprie birre. Oltre ad avere delle sensazioni molto positive per la coltivazione fatta da sé c'è anche la possibilità di avere a disposizione un prodotto sano e nostrano essente da contaminazioni che ci sono sicuramente in quelli acquistati.
Così in un primo tempo ad inizio stagione pensavamo addirittura di abbandonare il Columbus e inserire alcuni dei rizomi che separeremo del Chinnok in loco, oppure acquistare una nuova varietà, magari il Simcoe. Oggi meno convinti di effettuare un tentativo per salvare i rizomi del Columbus, per evitare di avere anche il prossimo anno i problemi di quest'anno, nonostante il trattamento con fungicidi a base di Benomil come il Benlate.
Se decideremo di continuare, un operazione da eseguire il prossimo anno, sarà sicuramente la divisione dei rizomi, per evitare di ritrovarsi con getti che potrebbero spuntare nel terreno del vicino, ma anche per evitare di ritrovarsi con una massa radicale poi difficilmente gestibile. Operazione da eseguire al massimo ogni due anni. Per chi conosce come si sviluppa sotto il livello del terreno, sa che mostro può diventare.
Non posso far altro, per ora, di darvi appuntamento alla prossima primavera vedremo cosa decideremo di fare.

Video Degustazione di una Scura Stout La Fico Nero

Dopo le immani fatiche dell'articolo e del video BIAB Vs All Grain, e in attesa di riprendere le attività brassicola, ritorniamo con un nuovo video con la degustazione di una delle ultime birre della passata stagione, si tratta della nerissima Stout Il Fico Nero.
Una birra brassata a Giugno che non può ancora dare il meglio di sé ma che possiamo cominciare a carpire qualche caratteristica già importante come il suo gusto caramellato e torrefatto con note di liquirizia. Una birra che mi ha stupito, forse l'unica nota stonata è un gusto fruttato dovuto alla temperatura di fermentazione un pochino più alta causato dalle improvviso innalzamento delle temperature ambientali, ma niente di fastidioso.
Prima di ricominciare a brassare birra ci attendono ancora due video degustazioni riguardanti le ultime birre fatte la scorsa stagione la Imperiale un American Strong Ale e la Liberty la Stout dal nome americano che ci ha liberato dalle catene dei vecchi grani e luppoli.
Poi la stagione inizierà con qualche sorpresa per nuovi amici, restate sintonizzate rimarrete piacevolmente sorpresi, almeno spero.

Buona visione.

Video confronto BIAB - AG Classico

Penso che questo video sia stato il più complicato da fare prima e da montare poi. Ho registrato diversi video prima di trovare quello giusto. In totale oltre 1 ora di video registrati in diversi momenti dell'ultima settimana. Così come l'articolo ha subito 26 versioni (si avete letto bene lo rifatto 25 volte!!) anche il video ha subito diverse prove tagli e rifacimenti, proprio perché la stesura di tutta la cronaca di una stagione in poche righe diventa una cosa impossibile, specialmente se non si detiene lo spirito di sintesi.
Sono stato settimane a pensare se fare un articolo della nostra esperienza con il metodo classico o se invece fare un video. Alla fine ho deciso di farli tutti e due. Il primo per spiegare passo a passo tutto le differenze che abbiamo riscontrato tra i due metodi, il secondo per fare un riassunto più breve ma più incisivo con le principali differenze anche del prodotto finito.
Molto più facile farlo.... che spiegarlo! spero che almeno sia comprensibile.

Buona visione

Metodo BIAB confronto con AG Classico

Questa è stata una stagione un pò diversa dalle altre per l'utilizzo oltre al nostro consueto metodo australiano BIAB, per la nuova esperienza con il metodo classico All Grain. Abbiamo deciso di provare il metodo tradizionale soprattutto per aumentare la nostra esperienza, ma con un pensiero se potevamo migliorare le nostre birre.
Volevo fare una premessa riassuntiva per far conoscere ai nuovi e vecchi lettori il percorso che ci ha portato a questa scelta e ripercorrere insieme un po' del nostro cammino.
La nostra storia comincia nel 2012, una storia come tante altre, fin troppo banale, la classica festa di compleanno con un regalo un po' diverso dal solito, ma simile per centinaia di ignari apprendisti birrai casalinghi.


Il destinatario del regalo fu mio figlio, Andrea, ma chissà perché lo scimmiato sono diventato io.
All'inizio Andrea ha preso la cosa con poco entusiasmo, visto i suoi continui impegni, mi sono candidato a dargli una mano per cercare di capire da dove iniziare. Con calma e tranquillità, la scimmietta piano piano si è fatta strada ed insinuata nella mia mente cominciando a sussurrarmi mille parole magiche!
Dopo il primo kit insulso, come capita a molti, siamo stati sospinti da un crescente irresponsabile desiderio di creare qualcosa di bevibile. Mi sono così tuffato in un mondo, che non mi apparteneva, il mondo della birrificazione casalinga. Ringrazio tutti gli Amici che mi sono stati vicini e mi hanno dato i consigli giusti.
La mia cultura birraria, ancora oggi dopo tante birre, fa "acqua" da tutte le parti. Conosco a malapena gli stili, ho assaggiato poche birre artigianali, non ho girato molto, non frequento pub o simili, e sono completamente allo scuro di tutti quegli metodi birrari che coinvolgono le metodologie più complesse con l'utilizzo di ingredienti diversi dai soliti, lieviti più specifici, spezie e aromi particolari. A volte vengo a scoprire cose assurde, almeno per me, su internet, sui forum, ma soprattutto sui social network, dove c'è un strana gara a chi fa le cose più complicate.
La nostra filosofia è, le cose più semplici sono alla fine le cose migliori.
In questi anni di militanza in questo mondo virtuale che è internet, sui forum brassicoli e solo negli ultimi tempi sui social media, ho scoperto uno strano mondo di professori e attivisti della cosa buona e giusta, che poco hanno a che vedere con il mondo della birra casalinga. Ognuno di noi preso dalla foga, desiderio, amore, passione vorrebbe divulgare il verbo zimurgico ma spesso si incappa in persone che pretendono non solo di insegnare, ma di condurre per mano ignari neofiti nel turbine delle spesi folli, in nome della migliore birra da esibire, propinando microbirrifici ed alludendo al mondo fatato ed irreale della birra artigianale.
A mio avviso tutto questo non ha nulla a che vedere con il più semplice e meno appariscente mondo dei birrarioli casalinghi. E' molto difficile trovare qualcuno che ha il coraggio di dire il contrario di quello che dice la maggior parte delle persone, ipnotizzate da un mantra ossessionante dei più blasonati e professionali mastri birrari e presunti tali che pubblicizzano materiale, ostentano pubblicazioni o attrezzature indispensabili per ottenere una birra eccezionale.
Per far birra ci sono talmente tanti parametri, variabili ed incognite che per il mio piccolissimo percorso da homebrewer posso sostenere che per fare birra in casa (e non artigianale…sono mondi diversi, infiniti, opposti) alla fine non servono migliaia di euro spesi in attrezzature valide, belle, efficaci ma che hanno solo e soltanto la finalità di trasformare un tranquillo hobby in un ossessione quotidiana.

In questo pandemonio di consigli estremamente tecnici per garage di periferia, di trattati e teoremi per la birra perfetta c’è una tribù silenziosa. C'è un silenzio che a volte si percepisce tra le righe di un post o di un commento in un forum o una battuta su un social media, è il silenzio di chi in questa trappola non ci è mai finito o è riuscito a disintossicarsi da questo disincanto. E il silenzio di centinaia per non dire migliaia di birrai casalinghi, che non gliene frega niente di usare la pompa a trascinamento magnetico e una pentola che costa più di un impianto automatico, e non si sogna ne di sapere quanto solfato ha la sua acqua, ne che ph ha l’acqua di ammostamento. Non sto dicendo che sia la cosa buona e giusta, sto solo pensando che siano persone attente ad ottenere il meglio che possono da quello che hanno senza tante complicazioni e senza tante risorse.
A questa massa silenziosa non gli importa di portare la propria birra ad un concorso o partecipare ad un meeting cercando consensi tra gli esperti, chi partecipa ai concorsi mi regala la sensazione che siano quasi felici di essere sbranati come piccoli agnellini, aspettano con ansia di essere disprezzati e massacrati con logica e conoscenza ma non comprendo l’esigenza. A me, e spero a molti, l'unica cosa che importa è creare un momento di fugace soddisfazione nel momento di apertura di una bottiglia, trovare la pace e serenità nel primo sorso e l'estasi a fine bottiglia. Ammiro tutte quelle persone che creano birra in casa per il gusto di godere del proprio prodotto.
Il birraiolo casalingo non ha niente a che spartire con il mondo della birra artigianale, ma non tutti l'hanno capito.
Così anche noi dopo un inizio stentato, siamo caduti nella trappola dei pifferai magici. Pensando al teorema del "più spendi più avrai un birra buona", abbiamo cominciato ad acquistare attrezzatura e a seguire filoni che sono risultati alla fine secchi. Così dopo un anno ci siamo scoperti anche noi preda di questo maleficio.
Ricordo come oggi, il giorno della svolta. Alla ricerca di ulteriori informazioni su come automatizzare ed ampliare il nostro impianto (per fortuna ancora agli inizi) mi misi a discutere con un amico su un forum è capii il vero spirito del BIAB e della birra casalinga. Ad amplificare il concetto di "essenzialità" fu l'affetto e l'amore di mia moglie che mi diede una mano a capire che stavo sbagliando!


L'anno scorso abbiamo cominciato ad applicare quello che abbiamo ritenuto fosse la nostra strada, la nostra identità, senza tante complicazioni e senza tante spese. Certo che questo sarà un limite, ma riteniamo che il gioco non vale la candela.
Così nell'ottica di ottenere di più contenendo le spese, sembrerà strano per qualcuno, abbiamo provato il metodo classico 3 tini. Non avevamo mai provato la tecnica classica proprio perché per creare un impianto 3 tini, pensavamo, di dover spendere troppo nel acquisto di altri accessori.
La stagione è stata propiziatoria. I parecchi imprevisti ci hanno permesso di fare alcune riflessioni, e siamo arrivati alla conclusione che potevamo fare/provare il metodo All Grain Classico 3 tini con quello che avevamo senza spendere un euro!
Non pretendiamo di avere l'esperienze di chi da anni pratica questo metodo, e con il tempo ha affinato l'utilizzo di ingredienti e soprattutto di attrezzatura che oltre a migliorare la qualità della birra, ha automatizzato le fasi e ha risparmiato energie e tempo prezioso durante le cotte.
Quindi ci scuseranno gli amici con più esperienza, e siamo pronti ad accogliere tutte le critiche costruttive che potranno aiutarci a migliorare. Pensiamo comunque di aver compreso alcune differenze fondamentali, che vogliamo provare a condividere in questo articolo, che raccoglie le nostre impressioni e mette a confronto i due metodi. Questo articolo si basa sulle prime impressioni, 9 cotte in AG Classico non possono essere considerate un numero tale per dare un giudizio definitivo, ma comunque rappresentano un buon campione per farsi una prima idea. Il nostro confronto è semplicemente una cronaca e chi vuole provare a fare qualche cotta con il metodo classico, in modo semplice, casalingo e senza tante complicazioni, po' vedere come abbiamo fatto noi. Non vogliamo insegnare niente a nessuno, ma semplicemente portare in condivisione le nostre esperienze casalinghe. Qui non c'è niente di letto studiato e poi ripetuto, ma semplicemente le esperienze acquisite durate queste 9 cotte in All Grain Classico. Non abbiamo la pretesa di scrivere un trattato.
A completamento di questo articolo uscirà sabato un video sul nostro canale YouTube.


Innanzitutto bisogna chiarire la differenza principale tra i due metodi. Il BIAB non prevede il lavaggio delle trebbie o sparge. Nel metodo australiano il mosto viene brassato in un unica pentola. Al contrario nel metodo classico All Grain 3 Tini, le trebbie vengono lavate o con il sistema Fly Sparge o con il Batch Sparge. In questo caso vengono utilizzate 3 pentole, una per il mash, una per scaldare l'acqua per lo sparge e una per la bollitura. Ma andiamo ad analizzare i due metodi.
La prima differenza tra i due metodi riguarda la proporzione acqua/grani in mash.
Per la prima cotta è stato un po' complicato calcolare l'acqua necessaria, anche perché inizialmente siamo stati un po' confusi dalla marea di materiale on line che spesso si contraddice.
Con il metodo classico abbiamo utilizzato un rapporto di 6 litri di acqua per chilo di grani che abbiamo utilizzato per tutte le birre. Il rapporto finale di 6 litri di acqua per chilo di grani è stato suddiviso in 3 litri di acqua per chilo di grani nel mash e i restanti 3 litri per lo sparge, con buoni risultati. Nel BIAB invece ci è capitato più volte di portare il rapporto acqua/ grani anche oltre i 7 litri di acqua per chilo di grani.
La proporzione acqua - grani influisce sicuramente sul mash. Abbiamo notato che il mosto piu’ fluido crea un mosto più diluito e porta ad avere un mosto più’ fermentatile ricco di maltosio. Al contrario un mosto più’ concentrato crea un mosto più corposo e di zuccheri meno fermentatili ricco di destrosio.
Con il BIAB abbiamo ottenuto birre più secche meno corpose rispetto alle birre fatte in AG Classico a parità di temperatura di mash.
Per la prima prova abbiamo preferito, su consiglio di un Amico, mantenere un rapporto di 6:1 (3:1 mash 3:1 sparge) evitando inutili rischi. L'unico dubbio, che poi si è materializzato, è che rispetto alle nostre abitudini in BIAB, abbiamo ottenuto meno mosto nel fermentatore. Certamente questa prima cotta in AG Classico ci è stata utile per calcolare le perdite e prendere spunto per le cotte successive e abbiamo capito come si comportava il nostro impianto con il nuovo metodo. D'altronde una cotta pilota la dovevamo fare.
L'altra grossa differenza tra i due metodi è il mosto torbido che si porta in bollitura con il BIAB. Le prime volte con il metodo tradizionale siamo rimaste incantati, rapiti nel vedere quel liquido trasparente ribollire, da l'impressione di una cosa migliore, ma penso sia più una sensazione. La differenza della presenza di farine nel mosto di bollitura comporterà sicuramente una diversità chimica ma non ho idea se influisca nel risultato finale. Certamente la presenza di farina non crea problemi di birra torbida, o deposito in bottiglia, visto che normalmente il deposito è dovuto principalmente al lievito in sospensione nella birra durante l'imbottigliamento. I nomali travasi, non più di due perché alla fine si rischia di ossidare troppo il mosto prima e la birra poi, servono anche per eliminare le farine residue. In rete non ho trovano niente che parlasse della differenza dei due mosti, ma semplicemente proclami sul fatto che un mosto limpido sia migliore di uno "sporco". Sinceramente non penso ci siano differenze a parte quella visiva, forse le farine possono essere in qualche modo la causa di un invecchiamento precoce che abbiamo notato nelle birre meno alcoliche in BIAB.
Nel BIAB di solito maciniamo fine, per avere una densità più elevata. Nella tecnica classica si macina meno finemente per il semplice motivo che il sistema di filtrazione delle trebbie, come il filtro bazooka, tenderebbe ad otturarsi con le farine. In alcuni casi con filtri diversi come l'Halo, si rischia di avere poi farine in bollitura.
Così, senza riflettere sul nostro sistema di filtraggio, per la prima cotta abbiamo allargato i rulli del mulino e macinato più grossolanamente. Alla fine ci siamo accorti della cavolata, visto che abbiamo utilizzato la sacca come filtro non avevamo ragione di macinare più grossolanamente.
Per quanto riguarda l'efficienza, questo dato tanto cercato dai neofiti, non abbiamo riscontrato differenze particolari. Forse la differenza tra BIAB e il metodo classico l'efficienza è più stabile e ripetitivo per le cotte nel AG Classico con valori dal 73% al 77%. Le uniche eccezioni sono state la cotta Joe Alba 120 IBU dove abbiamo ottenuto un 63% a causa dell'enorme quantità di luppolo che alla fine ha assorbito un quantità esagerata di mosto, causando un litraggio molto più basso del preventivato e la prima cotta-pilota dove abbiamo ottenuto un 71%. Nel BIAB, forse per un ambiente meno stabile in generale per il rapporto acqua/grani risulta più ballerino, avendo ottenuto nel tempo cotte che variavano dal 60% al oltre 80%.


Ma veniamo al punto cruciale che scoraggia tanti neofiti, l'attrezzatura. Normalmente quando si parla di AG 3 Tini si pensa immediatamente alla complessità dell'impianto molto più complesso e di conseguenza più costoso di un monopentola BIAB. La nostra fortuna è stata quella di avere a disposizione un'altra pentola, acquistata per raddoppiare la produzione delle cotte in BIAB, ma poi abbandonata per l'eccessivo lavoro rispetto alla più adatta, ai nostri standard, pentola da 50 litri. E stato grazie a questa pentola che abbiamo potuto provare il metodo classico. Il metodo tradizionale prevede anche un ulteriore pentola per scaldare l'acqua per lo sparge. E qui ci è venuta utile la semplice pentola in alluminio che utilizziamo per la passata di pomodoro, utilizzata solo un paio di volte d'estate. La pentola non è grandissima ma contiene i 23 litri che ci sono serviti per le nostre cotte. Se in futuro decidessimo di fare qualche cotta più densa, e sarà necessario avere più acqua per lo sparge utilizzeremo un ulteriore pentola usata all'inizio della nostra storia per i kit da 13 litri.
Nel BIAB utilizziamo una sacca per contenere le trebbie che finito il mash solleviamo e strizziamo per recuperare più mosto possibile intrappolato nelle trebbie. Al contrario nel metodo classico il filtraggio è una conseguenza del lavaggio delle trebbie che oltre a pulire il mosto recupera gli zuccheri intrappolati. Questo comporta alla fine anche un mosto libero da polveri e residui dei grani macinati. E' il metodo di filtrazione fa la differenza tra i metodi.
Abbiamo così deciso di utilizzare la stessa sacca del BIAB per vedere se questa pazzia poteva funzionare, pensando che le la maggior parte delle farine, passa a causa dello strizzamento della sacca. Dall'utilizzo della sacca abbiamo notato che la cosa più importante è che la sacca sia ben aderente alla pentola e grazie alla farina stessa che tende a concentrasi tra la sacca e la pentola crea un zona che impedisce al mosto di aggirare le trebbie.


Ma veniamo alla cotta vera e propria. Fin da subito si notano le differenze nella preparazione del materiale. Si parte con il quantitativo di acqua. Abbiamo notato che con il metodo classico si ha la necessità di qualche litro in più mediamente 4 - 5 litri. Per la macinazione nessuna differenza utilizzando la stessa sacca. Invece nella preparazione delle pentole, abbiamo dovuto approntare due pentole invece di una, montando due rubinetti e relativi filtri mini-bazooka che smontiamo sempre per ripulirli, qui ci vuole più tempo e anche se minimo più spazio del BIAB per sistemare tutto.
In entrambi i metodi ho riscontrato due difficoltà se si birrifica da soli. Nel BIAB, è difficile sollevare la sacca tenerla ferma e poi strizzarla. Il problema è dovuto al peso dei grani inzuppati di mosto. Nel AG Classico invece utilizzando un solo fornellone, la difficoltà è una volta riempito la pentola di boil con 40 litri di mosto posizionarla sul gas ad un'altezza di 80cm. In due è tutto più semplice, uno solleva e tiene in tensione la corda attaccata alla sacca e l'altro strizza la sacca con un paio di guanti magari di silicone per evitare facili ustioni. Nel AG Classico sarebbe utile creare una struttura a gradini dove sistemare le tre pentole e non dovessi spaccare la schiena per sollevare la pentola piena.


Per le fasi iniziali della cotta non abbiamo riscontrato differenze, ma terminato il mash le strade si dividono. Per il metodo classico c'è il lavaggio delle trebbie la vera differenza tra i due sistemi. Noi abbiamo optato per fare fly sparge, anche se utilizzando la sacca come filtro sarebbe stato più naturale fare batch sparge. I due sistemi differiscono soprattutto per la durata dello sparge. Ed è proprio questo il motivo per cui abbiamo scelto il fly.
In pratica terminato il mash abbiamo aperto il rubinetto e riversato all'interno della pentola il primo litro per rifiltrarlo. Abbiamo poi lasciato defluire il mosto nella pentola di boil fino a poco prima che le trebbie si scoprano e abbiamo cominciato ad aggiungere l'acqua di sparge a 78°C. Terminata l'acqua di sparge abbiamo lasciato svuotare completamente la pentola di mash dal mosto lasciando dietro le trebbie asciutte. Abbiamo notato che nelle trebbie rimane intrappolato circa 1 litro di mosto per ogni chilo di grani è il dato lo abbiamo poi riportato nelle successive ricette per il calcolo dell'acqua.


Per le fasi finali i due metodi seguono le stesse metodologie di bollitura, luppolatura, whirpool e raffreddamento.
A questo punto molti si chiederanno, "ma alla fine qual'è la birra più buona?". Entrambe.
Secondo la nostra esperienza entrambi i metodi sono validi per creare una birra degna di questo nome e sinceramente non abbiamo rilevato una differenza così marcata. Il nostro è un punto di vista casalingo, vorrei vedere un birrificio con una sacca da 1000 litri!!!
Il sistema australiano è sicuramente il più idoneo metodo casalingo, comodo, veloce e poco costoso per brassare una birra anche in ambienti poco ampi o addirittura anche in casa con un minimo di organizzazione o con un mash concentrato. Il metodo classico al contrario richiede spazi più ampi, più tempo e più denaro. Importante rimane comunque con che spirito si affrontano le cotte.
Alla fine possiamo concludere dicendo che le birre fatte con i due metodi sono difficilmente distinguibili da un semplice assaggio.
Possiamo dire che le birre eseguite in BIAB con rapporti acqua-grani superiori a 6-1 abbiamo ottenuto birre più secche quindi più alcoliche, e quindi con meno corpo e meno stabili. L'unica differenza percepibile, secondo noi, che le birre in BIAB tendono a perdere il poco corpo man a mano che bevete la birra perdendo gusto e aroma una volta aperta la bottiglia. Sul web qualcuno lo definisce "effetto watering".
Nelle birre fatte con rapporti inferiori questo effetto è meno evidente, ma comunque sempre presente.
Per quello che riguarda l'invecchiamento della birra sempre per il metodo BIAB, un tema tanto caro a chi inizia, abbiamo notato che le birre a bassa gradazione alcolica, sui 4% e ricche di luppolo, tendono ad ossidarsi più velocemente perdendo man mano gusto e aromi diventato sempre più amare e appiattendosi. Questo effetto invece non lo abbiamo riscontrato in birre più alcoliche, anzi birre sui 7-8% bevute dopo 6 mesi hanno dato il meglio di sé.
Per il metodo classico abbiamo riscontrato a parità di temperatura di mash birre più maltose e corpose, con aromi e sapori più stabili.
Per l'invecchiamento delle birre non abbiamo notato una differenza così marcata rispetto al BIAB. La ORO VI brassata 5 mesi fa ha denotato, anche se in forma minore un effetto simile al BIAB con una perdita degli aromi, ma mantenendo sempre un corpo.
In conclusione possiamo dire che, secondo la nostra esperienza casalinga, le birre eseguite in BIAB non hanno niente ad invidiare al metodo classico.
Non siamo qui per fare un articolo contro il metodo tradizionale, lungi da noi neanche averlo mai pensato, anzi è probabile che si ottengano birre migliori, ma riteniamo che il sistema australiano sia più adatto a noi birraioli casalinghi, più semplice, più veloce e meno dispendioso.

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