giovedì 10 novembre 2016

Una Voglia Matta.. di Luppolo Selvatico in Archivio


A due anni dalla nostra prima esperienza con il luppolo selvatico, abbiamo pensato di riproporvi questa magnifica esperienza, Buona Lettura
Ricordo lo scorso anno quando girando con Diana, la nostra cagnetta, ci siamo imbattuti in zone ricche di luppolo selvatico. Il primo pensiero è stato quello di utilizzarlo per produrre una birra con solo luppolo selvatico, ma i primi commenti di amici e conoscenti ci aveva lasciati un pò delusi. La maggior parte, ripeteva che non ne valeva la pena, troppo poco il potere amaricante rispetto ai suoi cugini domestici, selezionati dopo un secolo o più di selezioni e incroci, altri hanno tirato fuori odori e aromi assurdi, tanto che avrebbero scoraggiato chiunque a provarci, noi no.
Quest'anno siamo ripartiti alla grande, impossibile resistere alla visione di tutti quei grappoli che aspettavano solo di essere raccolti, c'è n'era dappertutto. Così abbiamo cominciato a fare qualche giro, e a selezionare delle zone, verificare e scegliere visivamente le caratteristiche dei coni, rotondi, allungati o molto allungati ed escludere altre zone con coni piccoli, molto piccoli. Ci è capitato anche di vedere anche alcune piante con infiorescenze maschili, che successivamente sono diventati coni femminili. Scientificamente non è possibile, ma vi assicuro che non avevamo bevuto.
Dopo aver individuato le zone più ricche, abbiamo cominciato ad assaggiare i coni, cercando di annotare le caratteristiche al gusto. Le sensazioni principali sono prima di tutto il gusto erbaceo del cono, con un crescendo di amaro man mano che si mastica, per poi arrivare alle caratteristiche speziate. Per alcuni coni gli aromi sono stati molto forti che ci hanno costretto a sputarlo. Purtroppo non è stato possibile assaggiare un luppolo domestico fresco, per verificare direttamente la differenza.
Purtroppo la piante acquistate in primavera non hanno prodotto coni e non abbiamo potuto fare una comparazione. Le condizioni ambientali di quest'estate e l'impianto in vaso, non ci ha aiutati
nella prima esperienza di coltivazione, e ci siamo ritrovati con le piante colpite da peronospora, sopratutto il Chinook, che ha presentato foglie gialle e bruciate dal fungo, ma i rizomi dovrebbero essere salvi.
Migliore sorte hanno avuto il Columbus e soprattutto il Willamette, ma il fatto di averli messi in vaso e in un terriccio per niente fresco e sciolto, ha creato delle zone di umido e secco alternato, che hanno causato dei danni meccanici alle radici, rompendo continuamente i peli radicali della zona pilifera, responsabile della precaria salute delle piante.
Il prossimo anno per mantenerli in vita dobbiamo per forza piantarli in pieno campo, e pensiamo di aver individuato una zona provvisoria di confine con un vicino, dove c'è una rete di separazione che potrebbe servire ai tralci per aggrapparsi. 
Siamo sempre alla ricerca di un terreno adatto alla coltivazione, ma per ora non abbiamo trovato niente di adatto, terreni troppo compatti che andrebbero fresati a fondo e mescolati alla sabbia, invece quelli adatti sono distanti o occupati e quelli liberi sono senza un 
approvvigionamento di acqua, e diventa impossibile coltivare il nostro amato luppolo senza acqua!
In attesa di poter confrontare qualche cono fresco domestico con quello selvatico abbiamo diversificato le zone delle raccolte del selvatico, dandoci dei nomi: "fiume" per la zona vicino al fiume, "campo" per le piante vicino al campo sportivo, e "nord" per le zone alla fine del paese.
Una volta raccolti, i coni sono stati prima divisi in sacchetti e poi pesati. Il peso è importante per stabilire in giusto grado di essiccazione e far perdere la gran parte di acqua contenuta, riducendo il peso di circa 80%.
Grazie alle giornate tiepide di questo Settembre, siamo riusciti ad essiccare bene, quasi tutti i coni, naturalmente l'essiccazione deve avvenire al riparo della luce solare diretta, in ambiente tiepido e non umido, solo alcuni etti hanno avuto bisogno di un supplemento in forno. Abbiamo quindi creato alcuni griglie su cui appoggiare i coni, per essere posizionati nel forno.
La costruzione è stata semplice, è abbiamo utilizzato materiale avanzato da altre lavori precedenti. Lo scheletro è stato fatto con pezzi di perline e una rete metallica, avanzate dai lavori in cantina. Le perline sono state tagliate a 45 gradi e successivamente scartavetrate e unite tramite graffette, tutto molto semplice.
E a sua volta è stata attaccata la rete sempre con le graffette e successivamente rifilata.
Una volta sistemate abbiamo posizionati i coni sulle griglie e inseriti in forno alla temperatura di 40°C per circa un ora. Il tempo è stato breve perchè avevano già subito un primo essiccamento in garage per tre giorni, penso che sarebbero necessari almeno 5 ore a 40°C, per abbassare il peso dell'80%.
Naturalmente il forno è stato lasciato leggermente aperto.
Prima di terminare il lavoro, mettendo i coni essiccati, sottovuoto, per cercare di mantenere intatte le caratteristiche, abbiamo dovuto affrontare un dubbio amletico che ci attanaglia fin dall'inizio, dovevamo stabilire la percentuali di alfa acidi presente nei nostri coni.
Non disponendo di strumentazione da laboratorio, e non volendo spendere una fortuna nel far analizzare il nostro luppolo selvatico, l'unica cosa che potevamo fare era semplicemente una prova comparativa, utilizzando come riferimento, del luppolo acquistato dove la percentuale di alfa acidi è scritta sulla confezione. La difficoltà di sapere con approssimazione la percentuale di alfa acidi, penso che riguardi anche chi coltiva direttamente il luppolo a casa e non dispone di attrezzatura da laboratorio. Per farvi un esempio, anche tra il luppolo che acquistiamo, stesso tipo, troviamo differenze a volte anche grandi.
Noi siamo affezionati al Cascade, uno splendido luppolo americano dal suo aroma agrumato inconfondibile, abbiamo avuto confezioni con percentuali alfa acidi da 4,5 a 7,7, e non mi sembra che sia poca la differenza. 
Quindi anche chi coltiva da se alcune varietà, non conosce con esattezza la percentuale di alfa acidi.
Così con Andrea abbiamo pensato che preparando due the e poi comparando l'amaro, avremmo potuto stimare la potenza dei nostri coni selvatici. Abbiamo così preparato due the di luppolo, uno con un luppolo di cui conoscevamo la percentuale di alfa acido e uno con il nostro luppolo selvatico.
Abbiamo preso un pentolino e con mezzo litro di acqua, un cucchiaino di zucchero per aumentare la solubilità delle resine rispetto a sola acqua, e 10 grammi di luppolo selvatico fresco e abbiamo fatto bollire, coperto, per mezz'ora.
Stessa cosa con il luppolo confezionato, con la sola differenza che il luppolo confezionato è essiccato e quindi ne abbiamo utilizzato il 20% quindi 2 grammi.
Dopo la bollitura abbiamo fatto riposare fino a temperatura ambiente e poi li abbiamo versati in un bicchiere.
Quello giallo di sinistra è il Cascade, mentre quello rosso di destra è il selvatico. Abbiamo iniziato ad assaggiarli. Prima abbiamo assaggiato entrambi scoprendo che il luppolo confezionato era più amaro. Poi abbiamo aggiunto circa 5 grammi di zucchero per volta, fino ad arrivare al punto di equilibrio tra amaro e dolce. Per quanto riguarda il luppolo confezionato abbiamo messo 5 cucchiaini colmi, circa 25 grammi di zucchero, mentre per il luppolo nostrano abbiamo aggiunto 3 cucchiaini colmi, circa 15 grammi di zucchero.
A questo punto entra in gioco Andrea, mente giovane e fresca, e soprattutto con ancora un tenue ricordo della matematica studiata a scuola, e ha praticamente creato un formula semplicissima con i dati in possesso, quantità di zucchero utilizzato per i due the e la percentuale di alfa acido del luppolo conosciuto, e l'incognita, la percentuale di alfa acido del luppolo selvatico. 
Quindi 15 grammi di zucchero del luppolo nostrano, diviso, i 25 grammi di zucchero di luppolo confezionato, il risultato moltiplicando con la percentuale del luppolo conosciuto 5,5%. Risultato 3,3%.
Tutto molto semplice, ma cè qualcosa che non ci convince. Dopo aver assaggiato il mosto della PallaRE, la birra fatta con il luppolo autoctono, risulta poco amara. Per calcolare la percentuale di alfa acidi, abbiamo usato un luppolo essiccato e un luppolo fresco. Forse questa differenza ci ha falsato il risultato, è probabile che la percentuale di alfa acidi sia più bassa di quella stimata. Non rimarrà che ripetere le operazioni questa volta con entrambi i luppoli essiccati, e vedere se riusciremo ad avvicinarci meglio alla percentuale esatta.
La fase finale è stata il confezionamento, dopo avere essiccato tutti i circa 4,5 chili di luppolo fresco, prelevato in tre zone, alla fine abbiamo ottenuto 800 grammi.
Per questa operazione abbiamo utilizzato una macchina per il confezionamento sottovuoto, che ci permette di lasciare all'interno dei sacchetti niente o pochissimo ossigeno, responsabile dell'ossidazione delle resine e della perdita di efficacia.
L'altro fattore negativo per la conservazione è la luce, purtroppo non avendo a disposizione sacchetti che potevano bloccare la luce, ci siamo dovuti adeguare ai soliti sacchetti trasparenti.
Durante la fase di aspirazione della macchina, la cosa più importante è tenere ben premuto il sacchetto contro il luppolo, per far si che tutta l'aria venga aspirata.
Per ora abbiamo fatto una sola birra di prova con il luppolo con un valore stimato di amaro medio, e all'assaggio del primo travaso, risulta poco amara, ma è anche vero che deve maturare, ma le possibilità che l'amaro aumenti sono poche, mentre l'aroma pepato, anche se poco percettibile, è il fattore distintivo di questo nostro luppolo selvatico. La quantità di luppolo utilizzato è stato discreto, pensando ai soli 10 litri finali, 20 grammi da amaro a 60 minuti più 40 grammi da aroma diviso in due gittate una a 15 minuti e l'altra a 5, in più appena spento ancora 10 grammi. Avevamo calcolato un indice di amaro intorno ai 30 IBU, ma penso che alla fine saremmo intorno ai 10 - 12 IBU al massimo, con una percentuale di alfa acidi del nostro luppolo selvatico varietà "Fiume" intorno a 1,5% contro i 3,3% che avevamo preventivato. Un altro fattore che potrebbe aver influito sulla la qualità dei coni è stato il ritardo nella raccolta, infatti molti coni presentano già delle zone secche, il prossimo anno dovremmo essere più tempestivi, e raccoglierli al momento di massima presenza di luppolina.
Ora non ci resta che provare una nuova cotta questa volta con la varietà "Campo", il luppolo con i coni più grossi, pesanti e amari, magari prima rifacendo la prova comparativa.
L'ultima varietà raccolta è stata la "Nord", un luppolo che alla fine si è rivelato con pochissima percentuale di alfa acidi, e sarà utilizzata solo per l'aroma, in quantità abbondante, visto che il suo apporto sarà davvero minimo.
I prossimi passi saranno, prima di tutto rifare le prove comparative, poi fare qualche birra di prova con le due varietà selezionate, "Fiume" e "Campo", con quantitativi maggiori e per tempi più lunghi di bollitura, e poi tireremo le somme se ne vale la pena di continuare con queste varietà o il prossimo anno allontanarsi di più da casa, per ampliare le ricerche e scovare qualche zona particolarmente interessante.
Questi sono gli undici sacchetti sottovuoto che sono il risultato finale della raccolta ed essiccazione dei nostri luppoli selvatici. Per chi mi conosce sa che questo è solo l'inizio di una avventura che non finirà mai, o almeno finché non troveremo qualcosa che ci soddisferà, e avrete modo, anche voi, di seguirci in questa avventura, qui sul blog, appena il sole tornerà a splendere e con esso il caldo e la voglia di riprendere questa ricerca, ma queste saranno tante nuove storie.
Un ringraziamento speciale va a mia moglie Giusi, sempre disponibile ad aiutarmi e supportarmi sia nella raccolta, che nelle operazioni di peso, divisione, essiccamento e confezionamento.
Ora non ci resta che imbottigliare la prima birra fatta con il luppolo selvatico PallaRE, ma questa è un'altra storia.

Un Italian Grape Ale Senza Glutine La Video Cotta


Dopo la Faro con zucchero candito continuano le esperienze con lo sciroppo di sorgo per creare una nuova birra senza glutine.
Questa volta abbiamo inserito il mosto d'uva nel tentativo di fare un Italian Grape Ale.
La decisione è nata dopo l'assaggio della precedente birra senza glutine. Il suo aroma fruttoso molto simile a quei succhi di frutta acidi di frutta arancione, ci ha fatto balenare l'idea che sarebbe stata benissimo l'accoppiata sorgo - uva.
La tecnica utilizzata è come la volta scorsa un E+G con l'inserimento dei fiocchi di mais.

Vi auguro una buona visione.

mercoledì 9 novembre 2016

Birra senza Glutine il Video dell'Imbottigliamento


Terza e ultima parte della birra senza glutine "Faro". Pensiamo di aver fatto cosa gradita a tutti gli amici che per un motivo o per un altro non hanno mai avuto la possibilità di farsi una birra in casa. Tre parti distinte che vi conducono passo per passo nella creazione di una birra senza glutine, con utilizzo dell'estratto di sorgo, cerarle che non contiene glutine.
Nella prima parte, divisa in due video, abbiamo fatto la cotta vera e propria, con l'utilizzo di fiocchi di mais, zucchero candito e di luppolo nostrano per evitare il pericolo di contaminazioni oltre naturalmente allo sciroppo di sorgo. Una cronaca dettagliata da immagini precise di ogni fase per non perdere neanche un minuto della creazione.
La seconda parte abbiamo travasato. Operazione che si esegue per pulire la nostra birra dal lievito esausto che si deposita sul fondo del fermentatore. Anche qui immagini dettagliate di ogni fase.
Ed infine questa terza ed ultima parte dove abbiamo mostrato come imbottigliare la nostra birra con un ulteriore travaso per evitare di intorbidire la birra al momento dell'aggiunta di zucchero per la rifermentazione in bottiglia.
A nostro modesto parere non basta fare una birra per capire le potenzialità del sorgo. E' troppo forte l'aroma dell'orzo, impresso nella mente, per essere liberi di dare un giudizio. Solo con il tempo si può comprendere e migliorar e i sapori e gli aromi di questo fermentato.
Secondo il nostro punto di vista, ma siamo chiaramente di parte, tre video imperdibili, utili e necessari per chi fino ad oggi ha avuto timore di bere una birra perchè pensava di non poterlo fare.
Per una volta almeno auguro una buona visione a tutti gli amici celiaci ed intolleranti e li esorto a provare anche loro, chissà che non si nasconda un nuovo homebrewer.

Prima parte - La Video Cotta in due parti



Seconda parte - Il travaso

Terza parte - L'imbottigliamento

Buona visione.

Birra senza Glutine una nuova avventura

Dopo la prima esperienza con lo sciroppo di sorgo, abbiamo deciso di riprovare a brassare una nuova birra senza glutine. In primis per vedere se abbiamo capito qualcosa dopo la cotta pilota, ma soprattutto per trovare nuovi aromi e sapori da unire al sorgo.
Naturalmente dopo una sola cotta è difficile comprendere a fondo le caratteristiche dello sciroppo di sorgo, ma qualcosa abbiamo recepito. Prima di tutto il sorgo non è orzo, vi sembrerà una banalità ma 
è il punto fondamentale, da qui partono tutte le convinzioni che abbiamo. Il tempo di fermentazione, il modo di fermentare che coinvolge temperature e interazioni con il lievito, ma soprattutto gli aromi e i sapori. E' stato proprio durante le fasi, prima di travaso e poi di imbottigliamento della Faro che abbiamo cercato di capire quali sono le diversità delle caratteristiche, olfattive e gustative del cereale, per comprendere come intervenire per trovare un nuovo gusto in una nuova esperienza.
Una cosa bisogna comprendere bene. Chi cerca di fare una birra senza glutine che abbia i sapori e gli aromi di una birra tradizionale, sta commettendo un grosso errore, un errore di valutazione e si rischia di scoraggiarsi dopo poche cotte.
Bisogna invece capire che una birra senza glutine è un prodotto a se, che probabilmente ha poche cose in comune oltre al nome birra.
Non è detto che quello che si da per scontato sia poi giusto. Le pratiche di produzione e fermentazione che sembrano scontate, non è detto che con alcune modifiche possano rendere meglio per il sorgo o altri cereali senza glutine. La caratteristica principale di una birra tradizionale come il classico capello di schiuma potrebbe essere semplicemente una chimera difficilmente raggiungibile dal sorgo o ... forse no!
Il semplice inserimento dei luppoli non deve servire per coprire gli aromi "diversi" del sorgo, ma invece trovare il modo di plasmare i sapori e profumi di questo connubio. L'inserimento di spezie potrebbero portare benefici diversi da una birra tradizionale, ma non per questo meno apprezzabile. Insomma un mondo tutto da scoprire.
Quindi come potete immaginare per gente come noi che cerca di intraprendere un nuovo sentiero, non è semplice imbroccare il sentiero giusto per poi con il tempo vedere se si potrà proseguire o se invece bisognerà tornare indietro e ricominciare da capo.
Per la nuova birra, "Le Foglie Secche", ha influito soprattutto l'assaggio del mosto della "Faro" dopo il primo travaso, dove abbiamo potuto verificare un gusto morbido fruttoso, molto simile all'aroma di alcuni succhi di frutta pastosi di frutti arancioni, con un leggero aspro nell'aroma. Aspro con una punta acida, che si è reso protagonista nell'assaggio poco prima dell'imbottigliamento, dove il fruttoso è quasi scomparso donando al fermentato un aroma più astringente.
Come capita spesso le ricette vengono creare dopo giorni di riflessioni e assaggi nel tentativo di capire come apportare miglioramenti. Anche la prima stesura della nuova ricetta era stata studiata nei giorni successivi al travaso e quindi risente di più del primo assaggio, rispetto alla degustazione finale poco prima dell'imbottigliamento.
La mattina di Sabato ero un pò dibattuto. Dopo l'assaggio della birra poco prima dell'imbottigliamento, non ero più così convinto di aggiungere del mosto di uva, proprio per evitare di aumentare ancora questo gusto astringente. Così ho semplicemente in completa autonomia deciso di cambiare qualcosa. In casa non avevo molto e piuttosto che non provare ad inserire niente o qualcosa o pensato di provare a modificare qualcosa. Molti non pensano che lo zucchero di canna possa apportare modifiche apprezzabili alla birra, e forse sarà anche così. Ritengo comunque che lo zucchero di canna integrale o grezzo non raffinato, possa portare alcuni aromi. Così ho deciso poco prima di andare con la cotta di inserire 500 grammi di zucchero di canna integrale ricco di melassa contenente glucidi complessi, nel tentativo di aggiungere un pò di fibre per smorzare ed evitare di amplificare l'astringenza con il nuovo ingrediente di questa birra, il mosto di uva.
Vediamo al ricetta:

Le Foglie Secche Italian Grape Ale - E
Litri in pentola :11
Min bollitura:35
Litri in fermentatore :23
OG :1050
ABV :5.0 %
Plato :12.4
IBU :26.5
BU/GU :0.53
EBC:4

Malti e Fermentabili
Estratto Liquido di Sorgo 3000 gr 67 %
Mosto d'uva 900 ml 20 %
Zucchero di canna Integrale 500 gr 11 %
Fiocchi di Mais 100 gr 2 %
Totale 4500 gr

Luppoli
Chinook PP* 20 gr 30 min Coni
Chinook PP* 20 gr 15 min Coni
Chinook PP* 10 gr 5 min Coni
Chinook PP* 20 gr 0 min Coni
*Produzione Propria
Totale 70 gr

Lieviti
Safbrew Abbey 23 gr.
Temperatura di fermentazione 21°C

Come potete vedere rispetto alla prima birra senza glutine, ci sono state alcune modifiche.
Le modifiche interessano principalmente due caratteristiche diverse. Primo l'aumento della densità finale e quindi il grado alcolico. Secondo modificare il gusto cercando di migliorare l'apro-acido.
Quindi abbiamo aggiunto più acqua subito nella pentola per il minimash dei fiocchi inserendo un litro in più, e fatto bollire successivamente 5 minuti in più, ma non solo, abbiamo deciso di diminuire la quantità finale di birra, per cercare di avere un pò più di corpo, davvero esile nella "Faro" aggiungendo meno acqua nel fermentatore.
L'effetto immediato di queste modifiche è stato l'aumento del grado alcolico.
Per la nuova birra volendo modificare anche il gusto e gli aromi abbiamo pensato di aggiungere più lievito e fare fermentare il mosto ad una temperatura più alta cercando di tirare fuori qualche aroma fruttato rispetto allo speziato della precedente fermentata a 18°C. Per aumentare l'effetto abbiamo raddoppiando la dose del Abbaye.
Ma veniamo alla cronaca.
Al contrario della volta scorsa la cotta è stata eseguita con più tranquillità e soprattutto non
sottovalutando nessuna delle fasi e dei preparativi.
La giornata è stata da subito volutamente intensa e ricca di soddisfazioni. La decisione di imbottigliare la "Faro" e brassare "Le Foglie Secche" tutto nello stesso giorno, è nata dagli impegni lavorativi di Andrea che ci avrebbe impedito in tempi brevi di poter brassare la nuova birra senza glutine.
Così, con un pò di impegno siamo riusciti a fare tutto e anche in un tempo relativamente breve.
Praticamente è stato fatto tutto man mano che procedevamo con i lavori, seguendo la programmazione nella sola giornata di Sabato. Il prelievo della acqua alla fonte con la solita pazienza nella attendere che l'esile flusso dell'acqua riempisse le taniche, la preparazione di tutta l'attrezzatura sanificata, gli ingredienti, l'imbottigliamento della "Faro" e la modifica della ricetta sono stati eseguiti tutti sabato mattina molto presto.
Dopo pranzo abbiamo proceduto a brassare la nuova birra senza glutine denominata "Le Foglie Secche" in onore all'utilizzo del mosto d'uva e del periodo autunnale.
Come l'altra volta abbiamo sistemato tre pentole su fornelli di casa e abbiamo iniziato accendendo i fuochi.
Una volta scaldata la pentola con l'acqua di rubinetto abbiamo spento e inserito i barattoli con l'estratto di Sorgo. L'acqua non deve bollire basta che sia calda, semplicemente per rendere l'estratto più fluido e avere meno difficoltà al momento dell'inserimento in pentola.
Poi è stata la volta della pentola più grande raggiunti i 70°C abbiamo inserito la minisacca biab e i fiocchi di mais, e li abbiamo lasciati in infusione per 40 minuti.
Mentre la terza pentola con la poca acqua è stata lasciata a scaldare un pò di più.
Passati i 40 minuti abbiamo tirato su la sacca con i fiocchi dentro e l'abbiamo lasciata scolare per qualche minuto senza strizzare.
Terminato il minimash abbiamo riacceso inserito lo sciroppo di sorgo e siamo partiti per la rampa di bollitura.
Durante la salita verso la bollitura, con l'aumento della temperatura le proteine si separano e vengono a galla. Noi preferiamo schiumarle per evitare di avere problemi di limpidezza nel prodotto finito. Qui ci sono pareri discordanti. C'è chi sostiene che invece le proteine servono per creare un ambiente nutritivo per i lieviti che li aiuta a meglio trasformare gli zuccheri e non soltanto, a donare aromi particolari. Noi dalla nostra esperienza non riteniamo di aver riscontrato migliori fermentazioni o sapori particolari diversi, ma abbiamo rilevato, togliendo questa schiuma pastosa e grigia, una birra più limpida alla fine della fase di maturazione.
Arrivati in bollitura abbiamo atteso 5 minuti prima di inserire i luppoli.
I luppoli utilizzati in questa birra sono di produzione propria di questa ultima stagione, la famosa miscela Chinnok - Willamette in proporzione 3:1.
Le gittate come già riportato in ricetta sono state quattro. La prima a 30 minuti con 20 grammi della nuova miscela. A 20 minuti la seconda gittata uguale alla precedente. La terza a 10 minuti con 10 grammi della miscela e infine l'ultima gittata a 0, cioè a fine bollitura, con 20 grammi del nostro raccolto dello scorso anno di Chinook. Le ultime due sono state una preceduta a 15 minuti da 500 grammi di zucchero di canna integrale, e a 5 minuti abbiamo versato i 900 ml di mosto di uva fragola bianca argentina proveniente dal nostro giardino.
Appena unito il succo d'uva nell'aria della cucina c'è stata una vera esplosione di aromi fruttati dolciastri, il classico gusto che ci dona l'uva fragola.
Avendo conservato per qualche giorno il mosto d'uva in freezer e nonostante avendolo tirato fuori la mattina, quando abbiamo unito il mosto la temperatura del mosto in bollitura è scesa, bloccando per qualche minuto la bollitura e abbiamo atteso che riprendesse vigore. Una volta ripreso a bollire
abbiamo inserito l'ultima gittata e abbiamo spento.
Non ci è restato che raffreddare il mosto, e inoculare il lievito.
Abbiamo riempito il lavandino di acqua fredda e ci abbiamo immerso la pentola.
Come vi dicevo all'inizio questa volta siamo stati attenti a preparare le condizioni per raffreddare velocemente il mosto. Nella mattina abbiamo inserito una tanica dell'acqua di fonte in frigo impostato il termostato al massimo per velocizzare al massimo il raffreddamento.
Così ci è bastato raffreddare il mosto solo fino a 45°C, prima di versarlo nel fermentatore. Sul fondo avevamo già versato qualche litro di acqua fredda, e abbiamo versato velocemente il mosto.
Successivamente abbiamo portato il livello finale nel fermentatore a 23 litri con l'acqua del frigo intorno ai 4°C. Alla fine la temperatura si è assestata sui 22°C, giusti per l'inoculo del Abbaye.
Questa volta siamo stati attenti a prelevare un campione di mosto per il calcolo della densità iniziale prima di inoculare il lievito.
Nella ricetta è stato un problema calcolare con precisone i dati della densità perchè non avevamo idea di quale fosse la gravità specifica del nostro mosto d'uva. Il metodo c'è per calcolare la densità, ma avendo già poco mosto non volevamo sacrificarne 100 ml per calcolarlo. Per chi ha disponibilità e vuole calcolarlo è piuttosto semplice. Utilizzando il densimetro, basta mettere 100 ml di succo in un volume totale di 1 litro (900 di acqua e 100 di mosto d'uva), si mescola bene e poi si misura con il densimetro.
Alla fine la densità raggiunta dal mosto è stata di 1050 per 23 litri.
Abbiamo terminato anche questa nuova avventura.
Non ci è rimasto che inoculare il lievito, le due buste di Abbaye (ora BE-256). Il lievito era scaduto il mese scorso ma visto il buon risultato ottenuto la volta scorsa siamo tranquilli che tutto andrà per il meglio e farà suo dovere di trasformazione.
Una volta aggiunto abbiamo atteso qualche minuto che si reidratasse per poi abbiamo mescolato energicamente. L'operazione di mescolamento a due funzioni, sia per sciogliere bene il lievito sia per ossigenare il mosto. Noi per ossigenare preferiamo versare l'acqua o mosto direttamente dall'alto nel fermentatore.
Infine abbiamo chiuso il fermentatore inserito il gorgogliatore e portato giù in cella riscaldante in cantina. Litri totali 23, temperatura di inoculo 22°C, temperatura della cella 21°C.
La domenica mattina mi sono recato in cantina memore della scorsa esperienza, pensando di verificare la semplice aumento di pressione nel gorgogliatore e niente più.
Con stupore invece ho potuto constatare l'inizio della fase tumultuosa, con gorgogli continui. Evidenti segni di fermentazione tumultuosa dovuta anche ad una temperatura schizzata a 24°C evidenziando una frenetica attività dei lieviti, proprio quello che speravamo.
La fase tumultuosa è durata per due giorni oltre a domenica anche lunedì. Mentre ieri pomeriggio la frequenza dei gorgogli è scesa insieme alla temperatura che si è assestata sui 22°C.
Ora non ci resta che attendere che il tempo passi e i nostri amici lieviti finiscano il loro lavoro, che ci permetteranno sabato di effettuare il primo travaso. Visto il percorso della fermentazione in questi primi quattro giorni pensiamo di mantenere il classico programma delle due settimane per l'imbottigliamento.
Per le prossime settimane la tabella di marcia prevede la produzione di un'altra birra senza glutine. Questa volta però utilizzeremo un kit deglutinato, per capire quali differenze con una birra tradizionale. Sul web si trova poco e sinceramente non ho trovato altro che il kit luppolato della Mangrove Jack. Se siete al corrente di altri kit scrivetemi a redazione@signormalto.it provvederemo a fare qualche prova. Il kit è luppolato in stile Pale Ale naturalmente Gluten Free. E' un kit deglutinato sottoposto ad un processo di idrolisi enzimatica. In dotazione 5 grammi di British Ale secco.
Ma questa è un'altra avventura.

Birra senza Glutine il video del travaso

A volte di danno per scontato alcuni semplici passaggi, che scontati non sono, specialmente per chi non ha mai prodotto da se una birra.
E così abbiamo deciso di proporre tutte le fasi di questa cotta un pò particolare, soprattutto per chi non ha mai azzardato di bere una birra figuriamoci a prodursela.
La serie di tre video copre tutte le fasi di produzione di questa birra senza glutine, per poter provare a produrre semplicemente una birra senza problemi.
Così dopo la video cotta, dove abbiamo trasformato una ricetta in realtà mostrando tutte le fasi importanti per produrre una birra libera dal glutine, siamo al secondo capitolo e proponiamo un video su una fase avanzata, il travaso.
Il prossimo sabato presenteremo l'ultimo capitolo l'imbottigliamento.

Buona Visione

In Primo Piano

Nelle nuvole di Venere

Non ricordo esattamente quando, ma direi mesi chissà anni che sono qui davanti a questa pagina bianca per enunciare grandi birre e magari pu...