mercoledì 23 novembre 2016

Grainfather dal Archivio del Signormalto

Visto il successo dell'articolo sul Grainfather, abbiamo pensato di fare cosa gradita riproponendo il vecchio articolo della cotta fatta insieme all'amico Mario, in attesa di ripetere l'esperienza molto presto, buona lettura.

Grazie all'amico Mario, abbiamo avuto la possibilità di vedere in azione il Grainfuther. La giornata è iniziata molto presto, alle 6 siamo partiti alla volta di Saluzzo per incontrare Mario Pons, e poter seguire insieme, una cotta eseguita con questa macchina automatica di produzione Neozelandese.
Al nostro arrivo era già tutto pronto. Macchina in temperatura per il primo step a 44°C, grani macinati e l'acqua di sparge pronta nella sua pentola sopra il gas . Dopo i convenevoli di rito, Mario ci ha illustrato la macchina, ma soprattutto l'ArdBir, le funzionalità e come utilizzarlo. Non gli rende giustizia la scatola in cui è posizionato, ma l'importante è che funzioni e funziona alla grande.
La ricetta utilizzata da Mario è stata creata apposta per la nostra visita, con molti step per vedere al meglio le funzionalità del dispositivo. Si tratta di una Weiss.
Abbiamo inserito i grani, lentamente e mescolando bene. Una volta miscelato perfettamente, Mario a aggiunto il disco di filtraggio superiore e il raccordo per il tubo del troppo pieno. Premuto il tasto start sul ArdBir si parte, si accende la pompa e comincia il riciclo del mosto.
Durante le fasi del mash abbiamo potuto parlare un pò, e ne abbiamo approfittato per conoscerci un pò meglio e abbiamo pensato di condividere con voi questo breve excursus sulla storia birraria di Mario, trascrivendo la breve chiacchierata qui. http://brewinginabag.blogspot.it/2016/04/una-chiacchierata-con-mario-pons.html
L'atmosfera è strana, stiamo tranquillamente seduti a parlare e bere (anche se è un pò presto!), mentre il Grainfather stata eseguendo le operazioni impostate da Mario su l'Ardbir. Un'ora e mezza passa davvero in fretta, soprattutto quando si è in ottima compagnia e sul tavolo c'è ottima birra.
Dopo questo periodo di completo relax, torna in gioco l'uomo e dobbiamo verificare l'avvenuta trasformazioni degli amidi. Torniamo un pò nell'atmosfera del HB che conosciamo. La prova della tintura dello iodio da esito positivo si può proseguire con il mash out. Come per tutte le fasi, il display del ArdBir riporta tutti i passaggi programmati da eseguire. Dopo il mash out, si passa al lavaggio delle trebbie, l'operazione è semplice come la macchina. Si solleva il cestello contenete le trebbie e ci si versa dentro l'acqua di sparge. Quando si solleva il cestello il mosto tende a splasciare molto, e visto che si sta sempre molto attenti a non incamerare ossigeno in queste fasi, mi lascia qualche dubbio. Potrebbe essere interessante trovare il modo di posizionare il cestello in posizioni intermedie e piano piano sollevarlo. La soluzione potrebbe essere saldare altri piedini come quelli della zona inferiore del cestello, anche nella zona centrare e inizialmente posizionare il cestello più in basso e solo quando il livello del mosto sale, sollevarlo nella posizione più alta.
L'acqua di sparge viene immessa tramite un rubinetto collegato ad una pentola che Mario scalda tramite un fornello a gas, tenendo la temperatura sotto controllo tramite una sonda collegata ad un STC 1000.
In contemporanea Mario da il consenso all'accensione della resistenza per salire in bollitura, così si recupera altro tempo. Siamo quasi alla fine, sono passate poco più di due ore, e saliamo in bollitura. Sono rimasto stupito della bollitura vigorosa, nonostante l'ArdBir non fosse impostato a 100°C. Avevo sempre pensato, sbagliando, che le resistenze avessero difficoltà a portare il mosto il bollitura, e per lo più riuscissero a smuovere appena la superficie del mosto. Invece qui la bollitura è talmente vigorosa che la temperatura è settata a 98°C, per evitare di far fuoriuscire il mosto fuori dal Grainfather.
Anche la gestione del luppolo è programmata, con tanto di segnale acustico e visualizzazione sul display delle gittate e del tempo rimanente. Qui il luppolo utilizzato è in un unica soluzione, amaro a 60 minuti, ma si possono impostare tutte le soste desiderate. Il luppolo utilizzato è in pellets e inserito all'interno di un hopbag.
Ultima parte della cotta, il raffreddamento. E qui il Grainfather sfodera l'ennesima sorpresa. In dotazione insieme alla macchina c'è un controflusso. Apparecchiatura davvero efficace. Poco prima del termine della bollitura Mario lo collega alla pompa e la accende, per sterilizzare il tubo dove passa il mosto, mentre  i tubi dell'acqua che raffredderanno il mosto, sono ben segnalati con il tubo blu dove si collega al rubinetto e il tubo rosso nello scarico da dove esce l'acqua calda.
Siamo davvero alla fase finale, la resistenza si spegne e parte la pompa per far circolare il mosto all'interno del controflusso non ci resta che aprire il rubinetto dell'acqua ed iniziare a raffreddare. 
Il raffreddamento è istantaneo, l'acqua esce da subito ad una temperatura intorno ai 50°C per poi scendere sempre più man mano che il mosto si raffredda. Se penso a quanto tempo ci mettiamo noi, è un sistema davvero efficace.
Il tempo passa davvero in fretta abbiamo raggiunto il tempo massimo dobbiamo tornare a casa e lasciamo Mario a terminare le ultime fasi da solo. Ci dispiace davvero andare via, ma non possiamo prolungare oltre la visita.
Abbiamo comunque avuto il tempo necessario per dire che il Grainfather è un sistema automatico di grande utilità per tutti quegli homebrewer che hanno problemi di spazio e sono costretti a birrificare in casa ho in ambienti piccoli, come cantine o scantinati. Non è detto che comunque possa essere utilizzato anche da chi ha comunque poco tempo e vuole semplificarsi le cotte.
Naturalmente la modifica con ArdBird lo rende molto più simile al più blasonato Braumeister, ad un prezzo davvero competitivo. Come vi dicevo prima, il lavaggio delle trebbie fatto così, potrebbe essere migliorato con l'adozione di supporti per l'appoggio del cestello, anche 
nella zona centrale per effettuare un sparge in due fase ed evitare di splashare il mosto. Un appunto finale è per il quantitativo che si ottiene alla fine, ma essendo una sistema automatico casalingo, ritengo che i 23 litri canonici, sono una quantità accettabile. Insomma un giudizio finale positivo.
Ringraziamo Mario per la sua squisita ospitalità e disponibilità. Un saluto anche a Luca, compagno di Mario nelle cotte, che è passato a salutarci.
Programmiamo con Mario un prossimo incontro, magari con più calma per approfondire, insieme a lui, l'argomento. Ci salutiamo e lo ringraziamo ancora per tutto, è stata davvero una gran mattinata, una nuova avventura che va ad arricchire il nostro bagaglio birrario.

Grazie Mario! alla prossima.

sabato 19 novembre 2016

Video Tutorial su come fare un etichetta

Dopo il video tutorial di come fare lo zucchero candito in casa, torniamo con un nuovo tutorial video.
Questa volta trattiamo l'argomento etichette. Un video su come fare un etichetta utilizzando il soft grafico GIMP. GIMP è un soft grafico gratuito che non ha nulla a che invidiare ai più blasonati soft a pagamento. Il video mostra gli strumenti più importanti sviluppando un etichetta semplice ma che può essere di spunto per tutti.
Il video purtroppo è stato pesantemente tagliato per farlo rimanere nei nostri canonici 15 minuti. Se ritenete che ci siamo passaggi poco chiari o punti che meritino un approfondimento, segnalatelo nei commenti. Successivamente saranno approntati video più specifici. Grazie.

Buone Etichette a Tutti

martedì 15 novembre 2016

Una Chiacchierata con.....Giorgio Salgoni

Dopo l'incontro con Daniele "Ciarly" homebrewer ed utente del forum Areabirra.it, continuiamo questa avventura nel mondo della birra artigianale italiana con un nuovo amico. Questa volta ci è venuto a trovare per una chiacchierata un po’ diversa dal solito Giorgio Salgoni proprietario del Beer Shop “Due Di Piccole” di Loano (SV), Homebrewer che ha trasformato la sua passione in lavoro.


Ciao Giorgio, benvenuto nel nostro salotto virtuale, cominciamo con qualche domanda su di Te, per scaldare un pò l’ambiente, presentati ai nostri lettori?
G: Ciao a tutti sono un giovane trentenne con una sfrenata passione per la birra di cui mi piace scoprire ogni nuova sfaccettatura e sperimentazione. Sono nato e vivo in un questo piccolo paese della riviera ligure, Loano, molto poco movimentato, ma che ha tanto da offrire, dove ho deciso di aprire un piccolo beershop di sola birra artigianale.

La Tua passione per la birra quando è nata?
G: Beh la mia passione è nata ormai da una decina d'anni e come penso per tanti della zona, il mio primo approccio e il vero amore è sbocciata con una visita fugace all’ormai mitico Baladin di Piozzo. Io consueto consumatore assiduo di birra, quella sera scoprii che ne esistevano tipi e stili diversi e con una qualità fino ad allora neanche immaginata, da li cominciai ad assaggiare e ad informarmi sul movimento artigianale italiano.

Quando avuto idea di metterTi in gioco aprendo un beershop?
G: La vita è strana, dopo anni di lavoro da dipendete in un settore completamente diverso ho avuto una rottura con il mio datore di lavoro, e quindi l’idea che avevo in testa da un pò ha preso forma con un serie di coincidenze. Prima il lavoro, poi il locale in centro vicino a casa che si libera, l’era della birra artigianale in forte espansione, tutto sembrava urlare "dai buttati e prova", e io noto fifone di bassa lega ci ho messo parecchio per decidermi, poi supportato da tutte le persone a me vicine e fatti bene due conti seri, mi sono lanciato.

Parlaci del Tuo locale, delle persone che lo frequentano e come sviluppi le attività di contorno?
G: Il mio locale rispecchia un pò me, piccolo, accogliente, essenziale, diretto, io vendo solo birra artigianale e quasi tutta italiana, con una selezione sia in bottiglia sia a tre spine a rotazione per poter far sempre assaggiare qualcosa di nuovo agli avventori. Capisci bene che in una cittadina piccola come la mia è difficile spezzare la routine e fare entrare nella consuetudine delle persone qualcosa di nuovo ma piano piano cominciano ad apprezzare la diversità delle birre e sopratutto l’amaro, questa bestia nera. In questi mesi ho proposto serate a tema e supportato eventi nella città con tipologie di birre diverse ogni volta. Proprio adesso sto valutando la poss
ibilità di fare una specie di “chiacchierata birraia”, cioè diverse serata con vari stili, assaggi di birra per promuovere il dibattito, coadiuvato da una delle maggiori associazioni italiane.

Quali sono i gusti dei Tuoi clienti, che birre preferiscono?
G: Ogni cliente è diverso dal precedente e dal successivo, i gusti sono molto variopinti e vasti, come l’eta, vanno dalle bianche alle stout. I giovani dai 25 ai 35 anni diciamo che si orientano quasi tutti su ipa e apa, per il resto qui è proprio un mercato vergine, siamo all’inizi e bisogna lavorare molto per far capire che ci sono birre diverse da quelle che fin da piccoli ci hanno insegnato a bere. Bisogna iniziare dalle basi, golden ale ,pils, weisse per preparare l’arrivo delle birre più complesse.

Quali sono gli stili maggiormente richiesti?
G: Per gli stili dipende sempre dal periodo e dal clima. In estate più luppolate e rinfrescanti, con l’avvento del freddo più corpose alcoliche. Quindi dalle blanche,weiss, alle apa, ipa, alle red ale, scoth ale per arrivare alle stout, porter ed imperial stout.

Qual’è età media dei Tuoi clienti?
G: Essendo una località prettamente turistica e orientata sul turismo famigliare, il mio cliente medio non può che essere tra i 30 e 35 anni a volte con famiglia al seguito.

Quali sono i Tuoi progetti per il futuro della Tua attività e non solo?
G: Io sono in continuo movimento per cercare sempre qualcosa di nuovo, cerco di non soffermarmi mai alle cose semplici o alla birra di moda cerco di considerare anche il contesto e la storia delle birre che propongo. Per il futuro della mia attività cercherò qualsiasi qualcosa che possa avvicinare più persone a questa realtà, siano eventi o serate o collaborazioni, diciamo che sono sempre aperto a tutto purché resti quell’ambiente familiare e informale che mi contraddistingue.

L’ambiente è caldo Giorgio, dicci qualcosa che riguarda il mondo della birra più in generale.
Qual’è la Tua definizione di Birra Artigianale?
G: Bella domanda, per me è la massima espressione di una passione, di un amore, di una voglia di sperimentare, riscoprire gusti e profumi di una volta. La Birra, con la B maiuscola, è quella che si fa mettendoci dentro tutto te stesso, e il voler dare la possibilità al mondo di scoprire una parte del tuo essere.

Qual’è il Tuo giudizio, sul prodotto birra artigianale Italiana?
G: Ottimo e in continua evoluzione su livelli che forse nessuno si aspettava. La birra italiana viene apprezzata in tutto il mondo, esportiamo anche in zone in cui il mercato è saturo, quindi il prodotto è eccellente. A mio modesto parere il movimento birra è relativamente giovane ma ha una grande qualità e sopratutto un grande estro.

Pensi che il grande successo della birra artigianale del momento sia solo una moda passeggera o rappresenta anche una nuova cultura del bere?
G: Se pensassi che sia una moda passeggera non avrei mai iniziato il mio lavoro, penso sinceramente sia una nuova cultura del bere, che ci sia una gran voglia di capire come vengono fatte le cose e di una gran voglia di qualità e originalità.

Quali sono i maggiori ostacoli per un decollo in Italia della Birra artigianale?
G: Diciamo la cultura, non ci hanno mai insegnato la differenza fra le birre, come invece ci viene naturale capire la differenza tra un vino in cartone e uno invecchiato in botti. Per quasi tutti, una birra è una birra e basta, esiste la bionda, la rossa e la mitica ed eroica “doppio malto”, questo è l’ostacolo maggiore.

Che idea Ti sei fatto delle istituzioni italiane verso la birra, secondo Te si tende a favorire il mercato del vino?
G: Sinceramente non so se sia per favorire il vino, anzi a mio personale parere in questo paese qualsiasi cosa di nuovo e giovane che comincia a funzionare invece di essere incentivato viene caricato di oneri, a volte difficili da coprire. La burocrazia per i birrifici è tanta e lacunosa in molti aspetti, tanto che molti passano più tempo a compilare le scartoffie che a produrre birra.

Esiste uno stile italiano?
G: Si da quest’anno abbiamo il nostro primo stile unico e riconosciuto all’estero ed è l'IGA (Italian Grape Ale), un intreccio magico e quasi filosofico di due mondi completamente opposti e in continua lotta. È una birra prodotta con una parte di mosto di birra e una parte di mosto uva, un abbraccio armonioso di due tradizioni italiane.

Il continuo fiorire di nuovi birrifici artigianali nella penisola, secondo Te, sono in grado di mantenere un standard qualitativo e di gusto ottimo, rispetto ai nostri concorrenti europei e di oltre oceano?
G: l’incremento esponenziale dei birrifici italiani andrà a rallentare molto nei prossimi anni secondo gli esperti, e piano piano si farà un pò di selezione naturale su chi resterà in piedi o chi finirà la sua avventura. Il numero maggiore di menti che producono birra non può che portare ad una evoluzione qualitativa enorme, anche perché si fanno molte collaborazioni sia interne alla penisola che con birrifici stranieri.

Pensi che i consumatori, abbiamo capito le differenze tra la birra artigianale ed industriale?
G: No non ancora. O per lo meno la maggioranza è ancora nel limbo, però una nota positiva effettivamente c’è, se le birre industriali cominciano a produrre birre particolari e che richiamano alle artigianali un motivo ci dovrà pur essere.

Lancia un appello per far conoscere il Tuo locale e le sue iniziative.
G: Se avete voglia di assaporare birra buona, far due chiacchiere, sentirvi un pò a casa o anche solo una birretta in compagnia da oggi sapete che in piccolo paese, Loano in provincia di Savona ci sono io che vi aspetto molto volentieri.

Abbiamo terminato Giorgio, è stata una lunga e piacevole chiacchierata, dove abbiamo toccato molti aspetti del mondo della birra artigianale.
Ti ringrazio per la Tua disponibilità e simpatia, spero che questo sia l’inizio di una collaborazione che tocchi anche il mondo della birra casalinga e non solo.
Naturalmente Ti aspetto ancora qui da noi.
G: Grazie per aver dato questo spazio. Spero che sia una delle tante volte che ci sentiremo, sai benissimo che sono sempre a disposizione e ti aspetto sempre per una birra.


sabato 12 novembre 2016

Joe Alba 120 Video Degustazione dopo 6 mesi


A volte il destino ci viene incontro. Quando si parla di superluppolate si parla di birre veloci da bere, pena la perdita dell'aroma del luppolo.
Io ho sempre sostenuto che le superluppolate si possono bere anche più mature che cmq la perdità dell'aroma del luppolo viene migliorato in generale dal gusto più completo della birra.
Involontariamente mi è venuto in aiuto una bottiglia finita chissà come mai dietro ad altre della mitica Joe Alba 120 IBU e ci ha dato la possibilità di assaggiare una birra superluppolata dopo 6 mesi dall'imbottigliamento.
E' stata una piacevole sorpresa. L'aroma non si è assolutamente spento o trasformato in amaro. La birra è risultata più avvolgente e l'aroma del luppolo è appena scemato ma ancora importante.

Buona Degustazione.

giovedì 10 novembre 2016

Birra Alla Castagna con il metodo BIAB


Dopo diverse mail di lettori che ci chiedevano se avevamo mai fatto una birra di castagna, abbiamo pensato di riproporre per la rubrica "Archivio" l'articolo della birra alla castagna fatta con il metodo australiano due anni fà. Una birra che ha riscosso tanto successo anche oltre famiglia. Se dovessimo rifarla forse elimineremmo il Rauch Malt o malto affumicato che ha caratterizzato troppo la birra, che era già affumicata di suo per l'utilizzo di castagne seccate con il fumo delle foglie di faggio, prodotto tipico della zona.
Castagne Secche
Ora parliamo della splendida esperienza di Domenica, la cotta per la produzione della nostra prima birra alla castagna, Diana.
La settimana che ha preceduto la cotta è stata, purtroppo molto impegnativa, tra il lavoro, la cella rotta, il Mac in assistenza per un upgrade, e qualche problema di salute che ha coinvolto i miei cari, è stato problematico trovare il tempo per fare tutto, ma tralasciata qualche ora di sonno e il fondamentale aiuto della moglie, siamo riusciti a compiere quella che è stata un vera impresa.
La ricetta era pronta da un po’ di mesi, fin dallo scorso anno avevamo pensato a fare una birra alla castagna, ma poi la poca esperienza, e una serie di paure ingiustificate, ci avevamo fatto desistere. Il problema di creare una ricetta molto tempo prima, è che con il tempo si modificano i pensieri, le convinzioni, gli ingredienti possono venire a mancare, ed essere costretti ad utilizzarne altri. Così dalla ricetta iniziale, sono stati aggiunti alcuni malti speciali che in un primo tempo non erano previsti, creando una ricetta più complessa, con un gusto più sofisticato.
Ma vediamo alla ricetta definitiva.

Diana ALL Grain BIAB
Minuti ammostamento :60
Litri in pentola :41
Litri in fermentatore :27
Efficienza :81 %
OG :1048
ABV :4.8 %
Plato :12
IBU :7.8
BU/GU :0.16
EBC : 5

Malti e Fermentabili
Pilsner 2850 gr 47 %
Castagna essiccata 2000 gr 33 %
Wheat 500 gr 8 %
Fiocchi Frumento 300 gr 5 %
Rauchmalz 200 gr 3 %
Biscuit 190 gr 3 %

Luppoli
Hallertauer Hersbrucker (AA 2.2) 10 gr 90 min
Hallertauer Hersbrucker (AA 2.2) 10 gr 60 min
Hallertauer Hersbrucker (AA 2.2) 10 gr 30 min
Hallertauer Hersbrucker (AA 2.2) 10 gr 20 min
Castagna Caldarrosta 700 gr 15 min
Hallertauer Hersbrucker (AA 2.2) 10 gr 10 min
Hallertauer Hersbrucker (AA 2.2) 20 gr 5 min

Lieviti
SAFBREW WB-06 23 gr.

Profilo Mash
Mash In 44 °C 5 min
Protein Rest 50 °C 10 min
Beta-amilasi 63 °C 30 min
Alpha-amilasi 72 °C 15 min

La preparazione è cominciata sabato mattina all’alba, avevamo poco tempo. Subito a prendere l’acqua alla fonte, un gran freddo, ma per fortuna d’inverno le taniche si riempiono in fretta. Ritornato in garage, ho subito preparato il carretto con il fornellone e montato il rubinetto sulla pentola. Per il resto sono stati solo preparate le cose basi come i guanti in silicone per strizzare la sacca, i due mestoli, l’areatore, i bicchieri per i luppoli e i lieviti, la tintura di iodio, il termometro, il fermentatore con il rubinetto e il gorgogliatore. Nient’altro, ormai siamo giunti alla conclusione che senza sbattersi troppo, si ottengono gli stessi risultati, anzi abbiamo avuto miglioramenti sia sull’efficienza che sulla aroma del luppolo, libero in pentola, che dei malti.
Finito di sistemare l’essenziale sono dovuto andare giù a Savona a portare il Mac per dare una sferzata di energia a questa macchina, stanca, compagna di tante ricette, foto e articoli, e ad aggiornarla il SO, così vuol dire perdere il resto della mattinata. Non ho il tempo di tornare a casa che devo andare al lavoro fino alle 18. Per fortuna la Giusi, (mia moglie ndr) si è fatta in quattro per preparare la cosa più importante, le castagne.
Per la creazione della nostra birra avevamo deciso di utilizzare le castagne in due step, una parte, la più corposa in mash con 2 chili di castagne secche e poi 700 grammi di caldarroste in fase di bollitura megli ultimi 15 minuti. Le castagne secche, sono state essiccate con il vecchio metodo, con la sistemazione delle castagne su griglie e poi scaldate tramite il fumo di foglie e legni bagnati, in casette di pietra, dando alle castagne anche l’aroma affumicato. La nostra esigenza non era quella di avere castagne intere, ma sarebbero bastate semplicemente la parte di scarto con castagne rotte e bruciate, che normalmente vengono macinare e poi date agli animali.
Così abbiamo potuto risparmiare il 90%, visto che il prezzo delle castagne secche essiccate con il metodo tradizionale è molto alto. Purtroppo però questo a reso la necessità di una selezione delle castagne, in modo da escludere tutte quelle parti inutilizzabili come le buccie e le pellicine, nonché quelle bruciate.
La selezione ha costretto mia moglie in casa per tutto il pomeriggio, per ricavare 2 chili utilizzabili contro i 5 chili iniziali.
In mezzo c’è rimasta qualche castagne bruciacchiata, ma sono certo che questo aiuteranno a dare quel gusto classico affumicato, che lo distinguerà dalle solite birre alla castagna.
In più avevamo anche un chilo di castagne, congelate apposta per questa occasione, da incidere e far cuocere. Per l’inclusione non c’è stato problema, solo un pó si pazienza.
Il problema era che non avevamo una pentola bucata da mettere sul fuoco. Ma la moglie remore degli anni passati, dove le castagne si preparavano a casa con una pentola normale, mi ha detto di non preoccuparmi, ci avrebbe pensato lei.
Non ci è voluto molto per abbrustolirle, è visto il gran aroma affumicato delle castagne secche, averle cotte sul gas di casa non sarà un problema di aroma. Il più è stato pulirle bene, dalla buccia e poi dalle pellicine.
Fino qui tutto bene. Verso le 18 mi chiama mia moglie “Ciao sei uscito? Come stai? Io ho preparato tutto, ti aspetto in garage”, “Ok, sono appena uscito, com’è andata?” , ” Una faticaccia, da perderci gli occhi a controllare quelle secche, più della metà sono da buttare, meglio le caldarroste sono venute bene e a pulirle non ci ho messo molto”,”Ok bravissima, sto arrivando”.
Arrivo a casa verso le 18,30 e proviamo a macinare le castagne secche. Una tragedia. Nonostante aver allargato al massimo i rulli del mulino, non c’è verso di macinarle, anche se sono pezzi piccoli, sono talmente dure che i rulli ci scivolano sopra, non riuscendo a trascinarle. Cosa facciamo? “Dammi la mazzetta, le spezzettiamo a martellate!” Con l’esperienza di un professionista, prende la mazzetta, avvolge le castagne in un canovaccio e comincia a picchiare come un ferraio.
Purtroppo il tempo è tiranno e ci abbiamo messo una vita a maciullare le castagne. Mentre mia moglie continua a picchiare alla grande, comincio a pesare il resto dei grani e ha sigillare sotto vuoto i grani rimasti nelle confezioni aperte.
Alla fine ci sono volute 5 passate a misure diverse prima di ottenere una macinatura perfetta, e alla fine, la sesta volta, l’ho mescolati ai grani.
Per terminare lo splendido Sabato sera, abbiamo ancora versato 41 litri di acqua nella pentola per averla già subito pronta l’indomani mattina. Abbiamo finito che alle 21,30, una bella faticata “La prossima volta te le fai tu!” Commento laconico della moglie appena arrivata a casa.
La mattinata è cominciata prestissimo, visto che mi dovevo sbrigare, nel pomeriggio avevo già preventivato visita dai miei. Come sempre Andrea dorme tranquillo e io mi reco giù in garage per cominciare ad accendere il fornellone, sistemare il fondo e la sacca.
In mattinata ci dovrebbe raggiungere anche Alberto, l’Amico di mio figlio, il colpevole che gli ha regalato il kit di fermentazione da cui, poi, è cominciato tutto.
Dopo aver acceso, come sempre spremo un limone per aumentare l’acidità dell’acqua. L’ambiente è freddo e ci mette un pó di tempo a salire la temperatura. Questa volta la prima sosta è più bassa del solito, visto l’utilizzo della castagna che non ha subito una fase di maltazione, anche se comunque la fase di essicazione raggiunge i 40 gradi, abbiamo deciso oltre alla sosta per il protein rest, anche una fase di mash in a 44 gradi. L’intenzione era quella di rompere le proteine più grosse delle castagne con una fase di beta glucanasi e nel contempo abbassare il pH del mosto, e creare le condizioni ottimali per la preparazione, soprattutto delle castagne, per le fasi successive di estrazione.
Suona il telefono “Pà a che punto sei?”,”E tu…. sei sveglio? Sono quasi a 44 gradi, cosa faccio comincio a versare i grani? O ti aspetto? Ricordati che nel pomeriggio dobbiamo andare dai nonni.” , ” ok comincia, io arrivo.” , “Alberto cosa fa, viene?”,”Si si è già partito”,” Bene, sbrigati!”
Così comincio, arrivato a 44 gradi spengo il fuoco e piano piano verso i grani, e mescolo. Ci metto 5 minuti a versare tutto e mescolare bene, amalgamando al meglio grani, castagne, fiocchi e acqua.
Riaccendo e mescolo lentamente mentre mi avvicino ai 52 gradi della sosta per il protein rest, per evitare di creare una zona calda nella parte inferiore della pentola.
Mentre sto per arrivare a temperatura, arriva Andrea, “Ciao pà, come va?”, “Ho finito di versare i grani e dopo 5 minuti ho riacceso per arrivare a 52 gradi per il protein rest, ci siamo quasi, visto che sei qui, dai un’occhiata dalla pentola, mentre io preparo il luppolo.”,”ok”.
Eravamo indecisi se buttare tutto il luppolo all’inizio a 90 minuti o se iniziare a 60 minuti oppure fare piccole gittate durante i classici 60 30 15 minuti. Il luppolo utilizzato era un Hersbrucker aperto un pó di tempo fa e con una percentuale di Alfa Acidi basso. Alla fine ho deciso di fare più gittate, per aumentare le differenze tra questa birra e le classiche birre alla castagna. D’accordo che l’aroma e il gusto della castagna deve predominare, ma deve anche sembrare una birra.
Finiti i dieci minuti riaccendiamo e saliamo la rampa per arrivare a 63 gradi. Ci mettiamo 15 minuti per arrivare in temperatura, spegniamo. Nel frattempo arriva Alberto.
In compagnia il tempo passa in fretta, e i 30 minuti passano veloci. Mescoliamo solo una volta, la temperatura rimane costante. Riaccendiamo per la rampa in alfa amilasi a 72 gradi. Arrivati in temperatura spegniamo, ma la temperatura sale ancora di un grado, poco male. Terminati i 15 minuti provvediamo all’estrazione della sacca e della spremitura, tutto procede bene con il solito metodo consolidato cotta dopo cotta. Mi dimentico persino di effettuare, prima di tirare su la sacca, la prova della tintura di iodio, che effettuo subito dopo con esito positivo. Misuriamo la quantità di mosto rimasto, 38 litri, le castagne hanno trattenuto un paio di litri più del solito. In attesa di arrivare in bollitura mangiamo qualcosa è assaggiamo una splendida IPA di Alberto, aromatizzata al pompelmo, decisamente un ottima scelta, un gusto unico, davvero piacevole nonostante un solo mese di maturazione.
Arrivati a bollitura decidiamo di aspettare 30 minuti prima di effettuare la prima gittata. Purtroppo però chiacchierando ci dimentichiamo di guardare l’orologio e quando facciamo la prima gittata sono passati 45 minuti. Siamo un po’ troppo gioviali e ci dimentichiamo anche di mettere le caldarroste e ci incasiniamo un po’ a calcolare i tempi, ma alla fine siamo costretti, per rispettare i tempi del luppolo ad allungare di altri 30 minuti, portando in totale a 120 minuti la bollitura.
Prima di mettere le caldarroste le abbiamo spezzate un po’.
Alla fine si faranno solo 10 minuti di bollitura. Insieme mettiamo anche la serpentina, che così avrà il tempo di sterilizzarsi. Intanto preparo il lievito. E’ stato deciso di utilizzare il WB-06, un lievito specifico per le weizen o birre di grano tedesche, non tanto perché più adatto a questa birra, ma semplicemente perché ne abbiamo 4 buste che stanno per scadere, e visto che la prossima cotta sarà una birra di grano, la scelta anche per questa, sarà dettata dall’utilizzo di grani e lievito in fase di scadenza, confidiamo così di liberarci degli ingredienti più vecchi, senza doverli buttare.
Terminato la fase di bollitura, colleghiamo il tubo al rubinetto e cominciamo la fase di raffreddamento.
Inoltrandoci nell’inverno, la temperatura dell’acqua dell’acquedotto, continua a scendere, decidiamo comunque di inserire anche le bottigliette congelate e in 25 minuti raggiungiamo i 20°C. Nel frattempo Andrea si occupa della sanificazione del fermentatore, del rubinetto, il gorgogliatore e dei vari strumenti necessari, la paletta di plastica, il tubo dell’aeratore, la pallina porosa e la sonda del termometro.
Siamo pronti per la fase finale, mulinello per concentrare le farine e i luppoli, nonché le caldarroste, al centro del fondo della pentola. 15 Minuti di riposo e si apre il rubinetto.
Inizialmente il mosto è opaco, torbido ma piano piano si chiarifica, prendendo un bel colore giallo chiaro. E’ il momento di prendere l’unico parametro importante, la densità iniziale, siamo a 1048 appena un paio di punti in più, di quanto avevamo preventivato. Anche l’efficienza rimane in linea con le ultime cotte, siamo sul 80%. Non è stato facile calcolare inizialmente la densità, perché non avevamo idea di quanto era la SG, la densità specifica delle castagne, e per calcolare la ricetta abbiamo preventivato un valore di 1020 e non ci siamo sbagliati di molto.
Siamo davvero alla fine, una ossigenata con l’aeratore, e siamo pronti per chiudere il fermentatore e portarlo giù in cantina.
La decisione di utilizzare ancora la cella, nonostante la difficoltà di mantenere una temperatura intorno ai 20°C, è stata motivata dal fatto che comunque siamo oltre i 19,5 °C di media, e che una volta partita la fermentazione tumultuosa la temperatura sarebbe salita fino ai 22°C. Terminata la prima fase, sarebbe rimasta intorno ai 20°C, per poi scendere sui 19°C, limitando così lo sviluppo di sottili esteri e fenoli tipici delle birre di grano, esaltando gli aromi speziati con sentori di chiodi di garofano.
Così è stato, Lunedì mattina gorgogliava alla grande portando la temperatura della cella a 20,6°C, mentre il termometro a cristalli liquidi del fermentatore, segnava una temperatura di 21°C. Nel pomeriggio è partita la fase tumultuosa che è durata 24 ore mantenendo una temperatura di 22°C; poi piano piano, terminata la fase tumultuosa, e scesa, rimanendo per tutta la settimana a 20°C e solo oggi ad un giorno dal travaso, siamo a 19°C.
Domani provvederemo ad effettuare il primo travaso per pulire la birra, ma questa è un’altra storia.

Ginger Pale Ale Senza Glutine La Video Cotta

Terza è ultima birra senza glutine di questo inizio di stagione. Questa volta abbiamo optato per fare un kit pronto di malto d'orzo deglutinato aromatizzando il tutto con radice di zenzero.
Il kit è il Mangrove Jack's di chiaro stampo inglese corredato anche da un lievito inglese di soli 5 grammi.

Buona visione

Birra senza Glutine aromatizzata allo Zenzero

Prologo

Dopo le birre senza glutine la Faro e Le Foglie Secche fatte con lo sciroppo di sorgo, abbiamo deciso di cambiare. Rimaniamo in campo gluten free ma questa volta con un kit di malto d'orzo deglutinato.
Kit Senza Glutine Mangrove Jack's
Eravamo curiosi di provare anche questa strada, la strada più simile da percorre per emulare i gusti e i saporidella birra tradizionale. Mettiamo nel cassetto un'altra esperienza.
Dopo tanti anni di birre All Grain fare una birra con un kit può sembrare per qualcuno un passo indietro.
Non lo ritengo tale, anche perchè oggi ci sono birrifici affermati che hanno deciso di mettersi in gioco bignamizzando le loro birre, e mettendo a disposizione i loro estratti per chi non si accontenta di bere la birra, ma vuole cimentarsi nel crearla per vedere l'effetto che fa. I kit sono il successo del Homebrewing.
Questa è l'ultima del trittico di birre senza glutine. Principalmente fatte per comprendere un mondo diverso, diverso nei gusti con il sorgo e diverso nei metodi con il malto d'orzo deglutinato.
Le tre cotte non potranno dire molto ma ci serviranno comunque per farci un idea, e per scegliere un eventuale strada da intraprendere se decideremo di provare qualche altra cotta senza glutine.
Ci sarebbe piaciuto provare a maltare ed inserire, con lo sciroppo di sorgo, cereali non contenenti glutine come il miglio o il grano saraceno. Chissà in un futuro.
Il kit scelto per questa bionda è stato il Pale Ale Gluten Free Mangrove Jack's. Il kit è luppolato, cioè già contenente il luppolo all'interno, ed è corredato da una bustina di lievito di stampo inglese da 5 grammi.
Abituati a mille preparativi, fare una birra da kit è relativamente semplice. Importante non perdere di vista la semplice programmazione per evitare di ritrovarsi con qualche imprevisto, che come al solito si nasconde dietro all'angolo.
I preparativi sono iniziati un giorno prima con il solito pellegrinaggio alla fonte per la raccolta dell'acqua necessaria, ma nulla più.
La prima mattina del nuovo mese è iniziata con la preparazione del necessario. Il fermentatore che riceverà il mosto, con rubinetteria annessa, e le tre pentole (ma non facciamo kit???). Una per scaldare il kit è renderlo più fluido. La seconda per scaldare un pò di acqua di fonte per risciacquare il contenitore del kit. La terza, la principale, dove verranno versati tutti gli ingredienti.
Questa birra prevede oltre all'utilizzo dello zucchero candito sia scuro che ambrato che abbiamo fatto in casa il mese scorso, l'inserimento della radice di zenzero. Diradiamo subito i pensieri degli amici che conoscono la birra allo zenzero: questa non è la classica birra allo zenzero. Bevanda soft a bassa gradazione alcolica, anzi chiamarla alcolica è un eufemismo visto che difficilmente sorpassa il grado.
La nostra sarà una Pale Ale aromatizzata allo zenzero.

Ricetta

The Last Ginger Pale Ale – Kit
Litri in pentola :13
Min bollitura:5
Litri in fermentatore :23
OG :1050
ABV :5 %

Fermentabili
Kit Mangrove Jack's 1800 gr
Zucchero Candito Scuro 550 gr
Zucchero di canna Integrale 500 gr
Zucchero Candito Amber 450 gr
Totale 3300 gr

Spezie
Zenzero fresco 150 gr 15 minuti
Zenzero fresco 20 gr. DH

Lieviti
English Yeast 5 gr

Temperatura di fermentazione 20°C

La particolarità di questa birra è stata proprio l'utilizzo di zenzero fresco. Per il quantitativo abbiamo setacciato in lungo e in largo la rete, visto la difficoltà di reperire informazione tra gli amici. La decisione di inserire 150 grammi di radice fresca tagliata in pezzi grossi è stata presa dopo aver trovato un articolo sulla rivista americana BYO ( http://byo.com/stories/item/1928-brewing-with-spices-techniques ).
All'interno abbiamo trovato un link per un foglio in formato xls, che da un idea più precisa su quanta spezia utilizzare, quando inserirla e come utilizzarla. Naturalmente i quantitativi sono espressi in galloni ( 1 gallone = 3,78 litri ) e in once ( 1 oncia = 28,35 grammi ). Abbiamo fatto un calcolo veloce e alla fine abbiamo abbassato la dose rispetto alle indicazioni del foglio di calcolo.

Procedimento

Abbiamo iniziato sbucciando lo zenzero, tagliato a pezzettoni e infilato in un filtro da luppolo. Acceso la pentola principale e portato i 11 litri abbondanti in ebollizione. Raggiunto il bollore abbiamo inserito lo zenzero più 10 grammi di zucchero per migliorare l'estrazione. Come da ricetta abbiamo bollito la spezia per 15 minuti. Concluso il tempo, abbiamo abbassato la fiamma, tolto la calza con lo zenzero e cominciato a versare gli altri ingredienti. Gli zuccheri canditi e lo zucchero di canna. Sciolti gli zuccheri abbiamo versato il kit e alzato la fiamma per far bollire 5 minuti. Tutto molto semplice e veloce.
E' meglio evitare di bollire eccessivamente i kit luppolati per non modificare gli aromi e scurire eccessivamente il mosto. Per questo motivo lo zenzero è stato fatto bollire prima. La tecnica è figlia di una serie di esperienze che avevamo fatto, ai tempi dei kit, aggiungendo l'acqua zuccherata aromatizzata al luppolo, proprio nei kit luppolati, per aumentare l'amaro e per sentire quali erano gli aromi che si riuscivano ad ottenere.
Non c'è molto da aggiungere, terminati i 5 minuti, siamo passati alla fase di raffreddamento, inserendo la pentola nel lavandino con acqua fredda. E qui ci siamo rilassati troppo commettendo l'errore, la distrazione che ci ha complicato la parte finale della cotta. Come l'ultima volta abbiamo piazzato una tanica con 15 litri in frigo. Senza calcolare bene la quantità del mosto caldo raggiunti i 45 gradi lo abbiamo versato nel fermentatore.
Rispetto alla volta precedente di litri di mosto caldo c'è n'erano 2 in più e quindi aggiungendo solo 10 litri di acqua fredda, invece di raggiungere i 20°C prefissati non siamo scesi sotto i 28°C. Siamo stati costretti ad un pit stop di circa 4 ore in attesa di raggiungere la temperatura prefissata.

Una Nota Importante: Versare sia il mosto che l'acqua fredda dall'alto serve proprio per ossigenare il mosto, e aiutare i nostri lieviti nella prima fase di moltiplicazione, soprattutto con soli 5 grammi di lievito secco a disposizione.

Dopo 4 ore di attesa raggiunti i 20°C abbiamo inoculato il lievito. Ma prima abbiamo prelevato un campione di mosto per la misura della densità. 1050 il risultato finale.
Come sempre abbiamo aggiunto il lievito secco direttamente nel mosto, lasciato a reidratarsi 5 minuti e poi abbiamo dato una bella mescolata energica sia per miscelare bene il lievito secco, sia per aumentare ancora l'ossigenazione.
Siamo alla fine. Abbiamo chiuso il fermentatore e lo abbiamo portato giù in cantina in cella riscaldante a 20°C.
Ora non ci resta che attendere per vedere l'evoluzione di questa birra senza glutine. L'unico dubbio è la quantità di lievito utilizzato in rapporto alla densità ottenuta, visto che il lievito è dato per una gravità intorno a 1044. Staremo a vedere il percorso di fermentazione, quando partirà la fermentazione, l'intensità della prima fase tumultuosa e tra una settimana quanto avrà attenuato.
Ma questa è un'altra storia.

Considerazioni Finali

Se non fosse stato per la distrazione del quantitativo del mosto caldo che ci ha causato un aumento della temperatura prima dell'inoculo, tutto sarebbe andato liscio. Come dico sempre, bisogna essere sempre concentrati, peccato che io non mi ascolto!
Con questa terza cotta senza glutine, terminiamo questa prima parte della stagione. Un inizio che ci ha visti un pò titubanti su come procedere. La nuova stagione porta anche delle modifiche importanti. Il mio impegno al progetto Eaglolf piano piano lascerà spazio ai protagonisti del futuro, i giovani. E ora, dopo quattro anni, di lasciare la barra di navigazione ad Andrea, ormai in grado di poter sciogliere le cime e iniziare questo nuovo viaggio.
Ho passato gli ultimi 4 anni, full immersion, ad informarmi, a passare ore ed ore alla ricerca di informazioni. A parlare con persone di tutte le estrazioni birrarie, da semplici HB a mastri birrai, nel tentativo di riuscire a capire le metodologie e carpire qualche segreto per fare una bionda degna di questo nome.
Ora sarà lui ad occuparsi delle ricette e prenderà le decisioni inerenti agli ingredienti da acquistare e alle metodologie da utilizzare. Io rimarrò come semplice mozzo. Insomma il timone di commando passerà a lui. Non posso che esserne felice e fargli i miei auguri più sinceri sapendo le difficoltà che dovrà affrontare.
Concludiamo con una considerazione.
Le birre fatte con i malti amaricati hanno principalmente il pregio di riuscire a creare, di solito, 23 litri di birra in due ore, con semplicità. Certo che non ci sono solo cose positive. La velocità innanzitutto ci penalizza nella possibilità di intervenire sul contenuto originale. Si può inserire estratti al posto dello zucchero, qualche spezia, magari inserire ulteriore luppolo e perchè no utilizzare un lievito con caratteristiche particolari. Ma alla fine gli aromi principali sono già decisi in base al kit che scegliamo.
Il problema è che ti si infila nel cervello la vocina "Ma chi te lo fa fare di passare tutto un giorno per avere lo stesso quantitativo di birra, lascia perdere il tutto grani...". Sono quelle cose che lasciano il segno.

Come fare lo zucchero candito casa - Il Video

Dopo il video della birra senza glutine con mosto di uva fragola denominata "Le Foglie Secche" siamo tornati con un nuovo video.
Se vi ricordate durante la prima cotta senza glutine, "Il Faro", avevamo utilizzato lo zucchero candito che avevamo fatto in casa, e nel video della cotta avevamo inserito all'inizio le fasi principali di come avevamo fatto.
A distanza di qualche settimana abbiamo pensato di rimontare il video originale e riproporlo senza tagli, così da mostrare a tutti gli amici del sito, gli ingredienti necessari, l'attrezzatura e il metodo utilizzato, un passo a passo su come siamo riusciti nell'impresa di prepararlo in casa.
Ha tutti gli effetti questo video è un tutorial.
Il video verte soprattutto sulla creazione di zucchero candito scuro con l'utilizzo di zucchero di canna integrale Mascobado delle Filippine particolarmente ricco di melassa.
In più all'interno del video durante le fasi principali sono stati inseriti, in parallelo anche spezzoni riguardanti la creazione di zucchero candito con normale zucchero bianco, per crearne un tipo più chiaro, così da poter vedere quali sono le diversità durante la cottura.
In questi anni abbiamo sempre cercato di evitare di fare dei tutorial prima sul blog e poi sul sito e sul canale YouTube per diversi motivi.
Il web soprattutto YouTube è pieno di tutorial, ci sono pagine e pagine di lezioni, a volte esaurienti e ben fatti, altre volte inutili.
Non vogliamo ripetere gli errori di altri e non vogliamo essere ripetutivi.
Ma sono stati i lettori a chiederci di iniziare a fare dei tutorial veri e propri, e questo che cerca la gente, e noi chi siamo per non accontentarli?
In un certo senso anche i video delle cotte che facciamo sono tutorial anche se sono impostati come semplici dimostrazioni.
Lo scopo rimane comunque di condividere le nostre esperienze.

Buona Visione.

LIVE con Signormalto! Sgabuzen Night LIVE! Ep.5


Ieri sera 25 Ottobre 2016 alle ore 21,30 siamo stati ospiti dello Sgabuzen Night Live.
Show in diretta sul canale video di Giovanni Iovane, noto homebrewer italiano, che sta creando uno nuovo stile di comunicazione sul web.
Siamo stati onorati di essere stati invitati soprattutto dopo personaggi del calibro di Antonio De Feo, altro personaggio noto ed importante del panorama della birra artigianale casalinga e non solo.
Spero avrete apprezzato il carattere spontaneo della serata e magari aver scoperto qualche lato nuovo delle nostre personalità.
La serata ha regalato a chi ha potuto seguire la diretta momenti di serenità spensierata, come deve essere la nostra passione, ma anche momenti più professionali dove sono stati toccati alcuni punti riguardanti lo sparge e altro.
C'è stato spazio anche per qualche domanda dal pubblico. Nonostante l'ora abbondante il tempo è passato velocemente e speriamo si non essere risultati superficiali.
All'interno della serata si è svolta una degustazione che riguarda il concorso Sgabuzen Beer Contest, che terra occupato Giovanni e la sua simpatica banda di amici in un impegno notevole solo per il fatto delle birre che dovranno giudicare.
Per tutti gli amici che non hanno potuto partecipare in diretta in link per poter vedere l'episodio in differita.

Buona visione

Una Voglia Matta.. di Luppolo Selvatico in Archivio


A due anni dalla nostra prima esperienza con il luppolo selvatico, abbiamo pensato di riproporvi questa magnifica esperienza, Buona Lettura
Ricordo lo scorso anno quando girando con Diana, la nostra cagnetta, ci siamo imbattuti in zone ricche di luppolo selvatico. Il primo pensiero è stato quello di utilizzarlo per produrre una birra con solo luppolo selvatico, ma i primi commenti di amici e conoscenti ci aveva lasciati un pò delusi. La maggior parte, ripeteva che non ne valeva la pena, troppo poco il potere amaricante rispetto ai suoi cugini domestici, selezionati dopo un secolo o più di selezioni e incroci, altri hanno tirato fuori odori e aromi assurdi, tanto che avrebbero scoraggiato chiunque a provarci, noi no.
Quest'anno siamo ripartiti alla grande, impossibile resistere alla visione di tutti quei grappoli che aspettavano solo di essere raccolti, c'è n'era dappertutto. Così abbiamo cominciato a fare qualche giro, e a selezionare delle zone, verificare e scegliere visivamente le caratteristiche dei coni, rotondi, allungati o molto allungati ed escludere altre zone con coni piccoli, molto piccoli. Ci è capitato anche di vedere anche alcune piante con infiorescenze maschili, che successivamente sono diventati coni femminili. Scientificamente non è possibile, ma vi assicuro che non avevamo bevuto.
Dopo aver individuato le zone più ricche, abbiamo cominciato ad assaggiare i coni, cercando di annotare le caratteristiche al gusto. Le sensazioni principali sono prima di tutto il gusto erbaceo del cono, con un crescendo di amaro man mano che si mastica, per poi arrivare alle caratteristiche speziate. Per alcuni coni gli aromi sono stati molto forti che ci hanno costretto a sputarlo. Purtroppo non è stato possibile assaggiare un luppolo domestico fresco, per verificare direttamente la differenza.
Purtroppo la piante acquistate in primavera non hanno prodotto coni e non abbiamo potuto fare una comparazione. Le condizioni ambientali di quest'estate e l'impianto in vaso, non ci ha aiutati
nella prima esperienza di coltivazione, e ci siamo ritrovati con le piante colpite da peronospora, sopratutto il Chinook, che ha presentato foglie gialle e bruciate dal fungo, ma i rizomi dovrebbero essere salvi.
Migliore sorte hanno avuto il Columbus e soprattutto il Willamette, ma il fatto di averli messi in vaso e in un terriccio per niente fresco e sciolto, ha creato delle zone di umido e secco alternato, che hanno causato dei danni meccanici alle radici, rompendo continuamente i peli radicali della zona pilifera, responsabile della precaria salute delle piante.
Il prossimo anno per mantenerli in vita dobbiamo per forza piantarli in pieno campo, e pensiamo di aver individuato una zona provvisoria di confine con un vicino, dove c'è una rete di separazione che potrebbe servire ai tralci per aggrapparsi. 
Siamo sempre alla ricerca di un terreno adatto alla coltivazione, ma per ora non abbiamo trovato niente di adatto, terreni troppo compatti che andrebbero fresati a fondo e mescolati alla sabbia, invece quelli adatti sono distanti o occupati e quelli liberi sono senza un 
approvvigionamento di acqua, e diventa impossibile coltivare il nostro amato luppolo senza acqua!
In attesa di poter confrontare qualche cono fresco domestico con quello selvatico abbiamo diversificato le zone delle raccolte del selvatico, dandoci dei nomi: "fiume" per la zona vicino al fiume, "campo" per le piante vicino al campo sportivo, e "nord" per le zone alla fine del paese.
Una volta raccolti, i coni sono stati prima divisi in sacchetti e poi pesati. Il peso è importante per stabilire in giusto grado di essiccazione e far perdere la gran parte di acqua contenuta, riducendo il peso di circa 80%.
Grazie alle giornate tiepide di questo Settembre, siamo riusciti ad essiccare bene, quasi tutti i coni, naturalmente l'essiccazione deve avvenire al riparo della luce solare diretta, in ambiente tiepido e non umido, solo alcuni etti hanno avuto bisogno di un supplemento in forno. Abbiamo quindi creato alcuni griglie su cui appoggiare i coni, per essere posizionati nel forno.
La costruzione è stata semplice, è abbiamo utilizzato materiale avanzato da altre lavori precedenti. Lo scheletro è stato fatto con pezzi di perline e una rete metallica, avanzate dai lavori in cantina. Le perline sono state tagliate a 45 gradi e successivamente scartavetrate e unite tramite graffette, tutto molto semplice.
E a sua volta è stata attaccata la rete sempre con le graffette e successivamente rifilata.
Una volta sistemate abbiamo posizionati i coni sulle griglie e inseriti in forno alla temperatura di 40°C per circa un ora. Il tempo è stato breve perchè avevano già subito un primo essiccamento in garage per tre giorni, penso che sarebbero necessari almeno 5 ore a 40°C, per abbassare il peso dell'80%.
Naturalmente il forno è stato lasciato leggermente aperto.
Prima di terminare il lavoro, mettendo i coni essiccati, sottovuoto, per cercare di mantenere intatte le caratteristiche, abbiamo dovuto affrontare un dubbio amletico che ci attanaglia fin dall'inizio, dovevamo stabilire la percentuali di alfa acidi presente nei nostri coni.
Non disponendo di strumentazione da laboratorio, e non volendo spendere una fortuna nel far analizzare il nostro luppolo selvatico, l'unica cosa che potevamo fare era semplicemente una prova comparativa, utilizzando come riferimento, del luppolo acquistato dove la percentuale di alfa acidi è scritta sulla confezione. La difficoltà di sapere con approssimazione la percentuale di alfa acidi, penso che riguardi anche chi coltiva direttamente il luppolo a casa e non dispone di attrezzatura da laboratorio. Per farvi un esempio, anche tra il luppolo che acquistiamo, stesso tipo, troviamo differenze a volte anche grandi.
Noi siamo affezionati al Cascade, uno splendido luppolo americano dal suo aroma agrumato inconfondibile, abbiamo avuto confezioni con percentuali alfa acidi da 4,5 a 7,7, e non mi sembra che sia poca la differenza. 
Quindi anche chi coltiva da se alcune varietà, non conosce con esattezza la percentuale di alfa acidi.
Così con Andrea abbiamo pensato che preparando due the e poi comparando l'amaro, avremmo potuto stimare la potenza dei nostri coni selvatici. Abbiamo così preparato due the di luppolo, uno con un luppolo di cui conoscevamo la percentuale di alfa acido e uno con il nostro luppolo selvatico.
Abbiamo preso un pentolino e con mezzo litro di acqua, un cucchiaino di zucchero per aumentare la solubilità delle resine rispetto a sola acqua, e 10 grammi di luppolo selvatico fresco e abbiamo fatto bollire, coperto, per mezz'ora.
Stessa cosa con il luppolo confezionato, con la sola differenza che il luppolo confezionato è essiccato e quindi ne abbiamo utilizzato il 20% quindi 2 grammi.
Dopo la bollitura abbiamo fatto riposare fino a temperatura ambiente e poi li abbiamo versati in un bicchiere.
Quello giallo di sinistra è il Cascade, mentre quello rosso di destra è il selvatico. Abbiamo iniziato ad assaggiarli. Prima abbiamo assaggiato entrambi scoprendo che il luppolo confezionato era più amaro. Poi abbiamo aggiunto circa 5 grammi di zucchero per volta, fino ad arrivare al punto di equilibrio tra amaro e dolce. Per quanto riguarda il luppolo confezionato abbiamo messo 5 cucchiaini colmi, circa 25 grammi di zucchero, mentre per il luppolo nostrano abbiamo aggiunto 3 cucchiaini colmi, circa 15 grammi di zucchero.
A questo punto entra in gioco Andrea, mente giovane e fresca, e soprattutto con ancora un tenue ricordo della matematica studiata a scuola, e ha praticamente creato un formula semplicissima con i dati in possesso, quantità di zucchero utilizzato per i due the e la percentuale di alfa acido del luppolo conosciuto, e l'incognita, la percentuale di alfa acido del luppolo selvatico. 
Quindi 15 grammi di zucchero del luppolo nostrano, diviso, i 25 grammi di zucchero di luppolo confezionato, il risultato moltiplicando con la percentuale del luppolo conosciuto 5,5%. Risultato 3,3%.
Tutto molto semplice, ma cè qualcosa che non ci convince. Dopo aver assaggiato il mosto della PallaRE, la birra fatta con il luppolo autoctono, risulta poco amara. Per calcolare la percentuale di alfa acidi, abbiamo usato un luppolo essiccato e un luppolo fresco. Forse questa differenza ci ha falsato il risultato, è probabile che la percentuale di alfa acidi sia più bassa di quella stimata. Non rimarrà che ripetere le operazioni questa volta con entrambi i luppoli essiccati, e vedere se riusciremo ad avvicinarci meglio alla percentuale esatta.
La fase finale è stata il confezionamento, dopo avere essiccato tutti i circa 4,5 chili di luppolo fresco, prelevato in tre zone, alla fine abbiamo ottenuto 800 grammi.
Per questa operazione abbiamo utilizzato una macchina per il confezionamento sottovuoto, che ci permette di lasciare all'interno dei sacchetti niente o pochissimo ossigeno, responsabile dell'ossidazione delle resine e della perdita di efficacia.
L'altro fattore negativo per la conservazione è la luce, purtroppo non avendo a disposizione sacchetti che potevano bloccare la luce, ci siamo dovuti adeguare ai soliti sacchetti trasparenti.
Durante la fase di aspirazione della macchina, la cosa più importante è tenere ben premuto il sacchetto contro il luppolo, per far si che tutta l'aria venga aspirata.
Per ora abbiamo fatto una sola birra di prova con il luppolo con un valore stimato di amaro medio, e all'assaggio del primo travaso, risulta poco amara, ma è anche vero che deve maturare, ma le possibilità che l'amaro aumenti sono poche, mentre l'aroma pepato, anche se poco percettibile, è il fattore distintivo di questo nostro luppolo selvatico. La quantità di luppolo utilizzato è stato discreto, pensando ai soli 10 litri finali, 20 grammi da amaro a 60 minuti più 40 grammi da aroma diviso in due gittate una a 15 minuti e l'altra a 5, in più appena spento ancora 10 grammi. Avevamo calcolato un indice di amaro intorno ai 30 IBU, ma penso che alla fine saremmo intorno ai 10 - 12 IBU al massimo, con una percentuale di alfa acidi del nostro luppolo selvatico varietà "Fiume" intorno a 1,5% contro i 3,3% che avevamo preventivato. Un altro fattore che potrebbe aver influito sulla la qualità dei coni è stato il ritardo nella raccolta, infatti molti coni presentano già delle zone secche, il prossimo anno dovremmo essere più tempestivi, e raccoglierli al momento di massima presenza di luppolina.
Ora non ci resta che provare una nuova cotta questa volta con la varietà "Campo", il luppolo con i coni più grossi, pesanti e amari, magari prima rifacendo la prova comparativa.
L'ultima varietà raccolta è stata la "Nord", un luppolo che alla fine si è rivelato con pochissima percentuale di alfa acidi, e sarà utilizzata solo per l'aroma, in quantità abbondante, visto che il suo apporto sarà davvero minimo.
I prossimi passi saranno, prima di tutto rifare le prove comparative, poi fare qualche birra di prova con le due varietà selezionate, "Fiume" e "Campo", con quantitativi maggiori e per tempi più lunghi di bollitura, e poi tireremo le somme se ne vale la pena di continuare con queste varietà o il prossimo anno allontanarsi di più da casa, per ampliare le ricerche e scovare qualche zona particolarmente interessante.
Questi sono gli undici sacchetti sottovuoto che sono il risultato finale della raccolta ed essiccazione dei nostri luppoli selvatici. Per chi mi conosce sa che questo è solo l'inizio di una avventura che non finirà mai, o almeno finché non troveremo qualcosa che ci soddisferà, e avrete modo, anche voi, di seguirci in questa avventura, qui sul blog, appena il sole tornerà a splendere e con esso il caldo e la voglia di riprendere questa ricerca, ma queste saranno tante nuove storie.
Un ringraziamento speciale va a mia moglie Giusi, sempre disponibile ad aiutarmi e supportarmi sia nella raccolta, che nelle operazioni di peso, divisione, essiccamento e confezionamento.
Ora non ci resta che imbottigliare la prima birra fatta con il luppolo selvatico PallaRE, ma questa è un'altra storia.

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