giovedì 11 luglio 2019

Il Meglio Parte IV - Preparazione di una cotta con metodo BIAB

Quarta parte del Meglio del Signor Malto. Ritorniamo alla birra. Un articolo che ci era stato richiesto ma che alla fine non ha riscosso molti click, strano. Forse è sfuggito hai più.
Qui potete trovare illustrazione su come preparare nei dettagli una cotta con il metodo australiano BIAB. 
Nel post illustrato mostriamo la nostra esperienza. 
Post uscito nel 2014.
Buona Lettura!

Ciao, dopo aver liberato il fermentatore, imbottigliato la blanche, e pulito tutto, si può ricominciare a brassare una nuova birra. Come già sapete, domani ci aspetta una cotta facile facile, tanto per rinforzare la cantina, e così preparare una cinquantina di bottiglie, di varie misure, di una birra beverina, senza pretese, ma con tanto aroma di luppolo americano. 
Nonostante non siamo riusciti ancora a fare la Tripel, che ci avrebbe permesso di fare tutte le birre che ci eravamo prefissi, e avere così, una discreta varietà di birre, per poi affinarle.
Ma la mancanza degli ingredienti necessari per la brassatura della belga, e in attesa del prossimo imminente ordine, abbiamo deciso di procedere con il replay della Quanah l'American IPA.
Questa volta la rifaremo modificando la temperatura, la durata del mash e l'utilizzo del Maris invece del Pale e la totale assenza del Carapils, l'unico malto speciale sarà il Crystal che andrà a conferire il corpo caramellato più classico della IPA Inglesi. Se non fosse stato per la presenza di 400 grammi di luppoli americani che stanno scandendo, avremmo fatto un IPA Inglese classica.
Quindi nel pomeriggio mi sono recato nel nostro garage/tavernetta/birreria, per preparare tutto il necessario e verificare tutti gli ingredienti necessari per la cotta di domani.
Ancora una volta dobbiamo rimandare l'utilizzo del rims, l'oggetto tanto desiderato, progettato per mantenere costante la temperatura del mash, la parte più difficoltosa che abbiamo dovuto affrontare dopo queste otto cotte in BIAB.
Purtroppo dobbiamo rimandare l'inaugurazione per la mancanza della sonda da collegare al dispositivo per la lettura della temperatura del mosto. A breve acquisteremo la sonda e se tutto va bene, dalla prossima cotta, una weizen tedesca, birra di grano maltato,  potremmo avere a disposizione il RIMS (Recirculating Infusion Mashing System - SISTEMA DI AMMOSTAMENTO A RICIRCOLO DI INFUSIONE), che dovrà però essere tarato, per avere corrispondenze di temperature tra quelle reali misurabili con il termometro digitale e quello misurato dalla sonda tramite il termostato STC1000.
Così ho iniziato con posizionare il carrello che ospiterà tutta l'attrezzatura.
Poi la bacinella per la spremitura della sacca.
Poi è la volta del fondo.
Il secchio del fermentatore che utilizziamo per la macinatura dei grani.
La tavola superiore del carrello, dopo la prima cotta, è rimasta bruciata dal calore sprigionato dal fornellone, e per evitare ulteriori rischi di bruciature, abbiamo semplicemente posizionato uno strato di carta stagnola.
Sopra la stagnola sua Maestà il fornellone.
Sopra al fornellone mettiamo uno spargi fiamma, per smorzare la fiamma diretta sul fondo della pentola.
Quindi la regina della nostra attrezzatura, la pentola da 50 litri. Senza rubinetto però!
La pentola in primo piano, senza rubinetto.
Le parti del rubinetto in sequenza, con l'immancabile teflon.
Il rubinetto montato senza i filtri minibazooka.
I filtri montati.
Un tocco speciale, il mulino in assetto da macinatura!!
L'ultimo tassello di questo puzzle, la pompa.
E' l'ora dell'acqua, se no sti grani dove li facciamo bollire.
Classico rimedio per scaricare l'acqua, con un semplice tubo e l'asta di misura per controllare il livello dei litri, ricavato dal mestolo di legno che utilizziamo per mescolare le trebbie.
ecco qui il nostro impianto 1.0 al completo o quasi, cosa manca...
Il termometro! Con il terminale legato al tubo di uscita della pompa, per verificare la temperatura nel punto di entrata nella pentola, del mosto caldo.
Poi non rimangono che l'allestimento di tutti quei piccoli particolari indispensabili per la riuscita della cotta. Bilancia, densimetro, colino, tintura di iodio, acido lattico, filtri per luppoli, un bicchierino per il controllo del pH, il pHmetro, un termometro secondario, un pennello per la pulizia del mulino, i bicchieri per le gittate del luppolo, i bicchieri per la idratazione del lievito secco, il bisolfito di potassio, un bicchierone graduato, un cucchiaino con il manico lungo.
E poi il fermentatore, il rubinetto, e per ultima ma non certo l'ultima, ma il cuore di tutto, la sacca dei grani, che appoggiata alla pentola, sembra chiedersi "che ci faccio quà fuori?", e tenta di scivolarci dentro.
Infine ecco il grist della cotta, Maris Otter, Crystal 150L e Fiocchi d'Orzo.
Siamo arrivati alla fine della giornata di preparazione, tutto è pronto o quasi, manca ancora la corda per sollevare la sacca, distrazione!
Domani mattina, non rimane che iniziare proprio dalla corda, per poi passare alla macinatura dei grani, ma questa è un'altra storia.


Vi ricordo che il meglio del Signor Malto - 2 uscite settimanali dall'archivio del Signormalto oltre 350 post.
Martedì uno degli articoli più cliccati di sempre.
Giovedì un post che ha riscosso meno successo. 
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martedì 9 luglio 2019

Il Meglio Parte III - Liquore al Luppolo

Terza parte del Meglio del Signor Malto. Cambiamo completamento ambito, parliamo di infusi alcolici. Questa volta esponiamo la nostra esperienza nella creazione di un liquore al luppolo. Il liquore ottenuto tramite infusione di luppolo informato pellets in alcool 95°C per liquori. 
Nel post illustrato mostriamo la nostra esperienza. 
Il post è un elaborazione della prima stesura uscito nel 2014 e che potete trovare qui: https://signormalto.blogspot.com/2014/10/liquore-al-luppolo-non-solo-birra.html
Questa seconda stesura è uscita nel 2016.
Buona Lettura!

Mi ricordo che i primi pensieri di creare un liquore al luppolo, mi vennero in mente quando scoprii il DHEA, luppolatura a freddo con estrazione alcolica.
Cominciai ad informarmi sulla tecnica fin dai tempi delle prime birre fatte con i kit, per migliorare e intensificare l'aroma della birra. 
Le esperienze di amici e conoscenti, diverse tra loro, a volte confuse, alla fine non mi aiutarono a trovare quella sicurezza che mi avrebbe permesso di fare qualche passo in più, tanti timori, e alla fine per evitare di trovarsi con una birra troppo amara e/o con un eccessivo gusto e aroma di alcool, mi fecero rinunciare.
Oltre alla birra, che brassiamo tutto l’anno o quasi, nel periodo estivo, insieme a mio figlio, prepariamo, anche degli estratti alcolici, molto semplici, limoncello classico liquore a base di scorza di limone, lamponcello liquore fatto con i lamponi freschi, arancello con scorze di arancia, il mirto con le bacche dello splendido arbusto sardo, e l’amaretto con noccioli di albicocche, tutti accomunati dall’utilizzo della tecnica dall’infusione in alcool a 95°.
Era una giornata di luglio molto calda, ci stavamo rilassando gustandoci un rinfrescante limoncello, dopo pranzo, preparato qualche settimana prima, con i limoni della Riviera Ligure di Ponente, che nulla hanno da invidiare ai più nobili Sorrentini, il famoso "femminiello Sorrentino" o ai parenti siciliani, mi balenò l'idea: "e se invece di metterci la buccia dei limoni, ci mettessi il luppolo??". 
Fu un fulmine a ciel sereno. 
Acquistato il litro di alcool 95%, e utilizzando il nostro caro bottiglione per starter da 5 litri, decisi di fare una prova.
Non conoscendo appieno le qualità, gli aromi e la percentuali di Alfa Acidi dei nostro luppolo nostrano, decisi di utilizzare le selezioni di luppolo che la maggior parte di noi acquista presso negozi o siti specializzati.
Le proprietà del luppolo sono riconosciute dal mondo erboristico, come una pianta medicinale, utilizzato spesso per creare ricette, per le sue proprietà digestive, perché stimola la produzione dei succhi gastrici, per stimolare l’appetito, per la presenza di un alto contenuto di magnesio e potassio associato ad un basso contenuto di sodio, che lo rendono un ottimo rigenerante e diuretico, ma la funzione principale è sicuramente l’azione sedativa, ipnotica, calmante e spasmolitica, e quindi indicato per la preparazione di preparati per stati di eccitazione, insonnia e disturbi del sonno, tensione emotiva e ansietà.
Per la ricetta, ho seguito le proporzioni del limoncello, 1 chilo di frutta fresca, 1 litro di alcool a 95°, 1 litro di acqua, 1 chilo di zucchero. 
Il dubbio riguardava la quantità di luppolo da utilizzare e il formato, mentre il litro di alcool, il chilo di zucchero e il litro d'acqua, erano la base per raggiungere un grado alcolico consono a realizzare un liquore intorno ai 45°. 
A disposizione avevo del luppolo in pellets, un pò datato, che avevo acquistato per fare del DHEA, ma poi mai utilizzato. 
I luppoli tra cui scegliere erano due, il Willamette, un luppolo d'aroma, speziato con un aroma floreale, di origine americana, nello specifico dell'Oregon, alfa acidi 4,7, e del Challenger, luppolo da aroma, delicato, speziato, fruttato, utilizzato anche per l'amaro di origine inglese, alfa acidi 6,7.
Scelsi il luppolo americano, più per il più basso contenuto di alfa acidi, indicato per dare più aroma che amaro. 
Il passo successivo è stato decidere la quantità da utilizzare. Il luppolo in pellets, rispetto al quello in coni, risulta essere più concentrato, visto che viene macinato e pressato, mentre i coni vengono confezionati così come sono, mettendoli solo sotto vuoto. Il quantitativo giusto era importante per evitare il rischio di ottenere un liquore troppo amaro, che sopraffacesse l'aroma.
Ho così calcolato la proporzione tra un prodotto fresco e un prodotto essiccato e successivamente macinato e pressato. 
Se avessi utilizzato dei coni essiccati che perdono circa 80% del peso di un prodotto fresco, e visto che per i liquori in infusione alcolica che prepariamo utilizziamo un chilo di materiale fresco, di solito frutta, con ottimi risultati, avremmo dovuto usarne 200 grammi. 
Ma il luppolo in pellets ha un potenziale doppio rispetto ai coni solo essiccati, ho deciso di utilizzarne la metà, un etto. 
Così cercando di mantenere la proporzione delle nostre infusioni alcoliche abbiamo utilizzato un litro di alcool a 95%, e un etto di luppolo in pellets con la percentuale di Alfa Acidi originale del 4,7%.
Il tempo di infusione, varia a secondo delle varietà di erbe e/o frutta utilizzata, per questa ricetta ho deciso di lasciare il luppolo immerso nell'alcool per 15 giorni, cercando di evitare tempi più lunghi che avrebbero potuto aumentare l'estrazione di amaro.
Appena versato, l’alcool si è colorato di un verde intenso, è la clorofilla che si scioglie nell’alcool.
Una energica agitata, per mescolare bene il tutto prima di riporlo in un ambiente al buio, per evitare che la luce solare possa danneggiare il nostro luppolo.
Passati i 15 giorni, si passa alla seconda fase che prevede la filtrazione dell’infusione e la preparazione dello sciroppo con un chilo di zucchero in un litro di acqua. Si fa bollire il litro di acqua e poi si aggiunge il chilo di zucchero, lo si scioglie bene, si spegne e si lascia raffreddare a temperatura ambiente. La filtrazione dell’alcool serve per separare la parte solida del luppolo dall'alcool, che successivamente sarà unito allo sciroppo. Come potete immaginare il formato pellets essendo macinato crea anche polvere, rendendo difficile la perfetta filtrazione.
Per la prima fase di filtrazione ho utilizzato un colino di tela, utilizzato per le tisane, adatto più alla filtrazione del luppolo in coni che quello in pellets.
Alla fine è rimasta molta polvere all’interno dell’infusione e quindi si è reso necessario un seconda fase con l’utilizzo di carta filtrante utilizzata per filtrare i liquori, la potete trovare in enoteca o è possibile acquistarlo anche in farmacia.
Normalmente sono fogli 40x40, utilizzati come filtri in farmacia per preparati a base oleosa o alcolica, ma utilizzati anche per pulire olio di oliva e vini dalle scorie. La grammatura della cellulosa acquistata è intorno ai 20 µm. Così ne ho tagliato un pezzo e inserito in un imbuto, e abbiamo cominciato a versare l’infusione.
Come potete immaginare, il liquore scende per capillarità, e scende praticamente goccia a goccia, a causa della trama finissima della carta, e per poter far passare un litro ci vogliono diverse ore. Nel nostro caso ci sono volute 8 ore per filtrare un litro, alla fine però esce perfettamente limpida. A seconda delle impurità presenti, un solo foglio non basta, tendendo a bloccare sempre più il passaggio del liquore, costringendoci a cambiarlo almeno un paio di volte a litro.
Una volta terminata la fase di filtrazione e aggiunto lo sciroppo, non si può imbottigliare subito, bisogna aspettare che lo sciroppo si misceli bene con gli aromi e l’amaro del luppolo, quindi è necessario avere a disposizione un altro contenitore dove versare l’infusione durante la filtrazione. 
Ci vogliono almeno 5 giorni, perché si misceli. Consiglio di agitare il bottiglione, quando capita, ma almeno una volta al giorno, per evitare la stratificazione dello zucchero. 
Con il litro di alcool, un litro di acqua e 1 chilo di zucchero si ottengono circa 2 litri e mezzo di puro nettare di luppolo.
Una volta terminata la fase di imbottigliamento si porta il liquore ottenuto a maturare in un ambiente fresco, ideale la cantina con una temperatura intorno ai 10°C per un due tre mesi.
Come per la birra, dovete armarVi di un pò di pazienza, ma alla fine sarete ricompensati da un inebriante liquore, mai gustato prima.
Dopo tre mesi abbiamo assaporato il liquore, è stata un esperienza nuova, il profumo che sale nel naso è potente, la volatilità alcolica fa salire un aroma unico, l’aroma floreale amplificato, un pò particolare.
Una volta in bocca, il primo impatto è il calore che sprigiona per il suo grado alcolico, si sente subito che è un alcolico forte, molto forte, poi si apprezza l’amaro, è un crescente continuo, che invade la bocca e man mano che scende diventa sempre più importante, insieme, come trascinato, si percepisce anche l’aroma. Un volta deglutito, l’amaro aggredisce le mucose della gola sprigionandolo in continuazione, molto simile all’aroma di alcune birre inglesi, ma molto più intenso e amaro, e continua ad aumentare anche una volta deglutito. Dopo qualche minuto rimane in bocca la freschezza e la fragranza aromatica particolare del luppolo.
Il risultato del primo tentativo è stato strabiliante, sicuramente un esperienza da ripetere, cercando di modificare qualcosa per vedere se è possibile migliorare l’aroma, diminuendo l’amaro. 
Per la prossima volta, la scelta dei luppoli resta fondamentale, utilizzando più luppoli dall’aroma simile, particolarmente adatti gli aromi agrumati, miscelandoli tra loro, si potrebbe rivelare la scelta azzeccata. La miscela di successo potrebbe essere l’utilizzo di Cascade per l’80%, 40 in coni e 40 in pellets, il Simcoe 10% e il Citra 10% entrambi in pellets. Il tempo di infusione sarà diminuito a 10 giorni, per vedere le differenze con la prova precedente. L’utilizzo di formati diversi potrebbe permettere di bilanciare meglio l’amaro e gli aromi.
Questa avventura finisce qui, per ora, non ci resta che fare una nuova prova, e magari anche Voi, provate e portate le Vostre esperienze.


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giovedì 4 luglio 2019

Il Meglio Parte II - Come preparare uno starter

Seconda parte del Meglio del Signor Malto. Rimaniamo in ambito parlando di come preparare uno Starter. Il post non fu notato da molti e risulta essere uno dei meno cliccati. Vediamo se è stato solo una svista dei più, magari dovuto al momento. Nel post illustrato mostriamo la nostra esperienza. 
L'articolo è uscito nel 2014. 
Buona Lettura!

Ragazzi è cominciata la settimana Imperial, naturalmente di giovedì. Questi giorni ci porteranno a brassare Domenica,  Juniperus,  la Imperial Stout, una birra scura ad alta gradazione che necessità per una completa fermentazione di un numero molto più alto di cellule del lievito attive, è quindi necessario la preparazione di uno starter, in questo caso due.
Non Vi sto a spiegare in dettaglio cos'è uno starter, potete recepire tutte le informazioni che Vi servono in rete, qui riporto la nostra esperienza di giovedì.
La prima cosa che mi sono procurato, sono stati i contenitori da utilizzare, uno un bottiglione da 5 litri dove c'era del vino,
l'altro un matraccio, trovato per caso in un mercatino dell'usato.
Sono partito con la sterilizzazione dei contenitori in lavastoviglie con un ciclo ad alta temperatura, naturalmente senza detersivo e brillantante, ovvio.
Poi con calma ho preparato il materiale necessario: 500 grammi di malto light, la pentola, il mestolo, la frusta, il nutrimento per lievito, il termometro, il bisolfito e un contenitore graduato un paio di guanti. Può essere utile anche l'aeratore e un agitatore magnetico.
Il lievito utilizzato per lo starter era stato attivato tre giorni prima, perchè confezionato a febbraio e prima di essere utilizzato, deve essere attivato un giorno prima per ogni mese passato. In questo caso 3 giorni. 
La difficoltà maggiore, nell'utilizzo di questo tipo di lievito liquido, e costituito da un sacchetto contenente i lieviti e all'interno un sacchettino contenente i nutrienti. I lieviti vengono tenuti in stasi al freddo, e poi quando devono essere risvegliati, si portano a temperatura ambiente (21-24°C) e viene rotto il sacchettino interno che li nutre e si riattivano.
Purtroppo non è così semplice rompere il sacchettino interno che contiene i nutrienti, e abbiamo trovato difficoltà, tanto che una delle buste non siamo riusciti a romperla bene, e solo una piccola parte dei nutrienti è finita nel lievito, crescendo poco e non riuscendo ad attivarlo completamente, speriamo che si moltiplichi insieme alla mini birra fatta con l'estratto light. Per fortuna l'altra busta invece era bella gonfia.
Siccome dovevo preparare due starter da due litri, ho messo 4 litri nella pentola insieme a 460 grammi di estratto light e un paio di grammi di nutrimento per lievito che aiuta i lieviti a moltiplicarsi. Ho acceso e portato in ebollizione per dieci minuti.
Una volta portato in ebollizione.
Ho spento è raffreddato nel lavandino.
Terminato il raffreddamento a 21°C ho inserito il primo litro della mini birra nella bottiglia e ho aperto la prima busta, quella meno gonfia. E li che ho scoperto che il sacchettino interno con nutrimento, non era completamente rotto, ed era la causa della mancata completa attivazione. Ho versato il contenuto nella bottiglia e poi ho versato l'altro litro per ossigenare un pò. L'aeratore che ho comprato per lo scopo purtroppo non funzionava, come sempre c'è sempre qualcosa che non va! Così ho mescolato un paio di minuti a mano. Poi ho fatto il secondo starter sempre con lo stesso metodo.
Purtroppo non mi sono organizzato a tempo, nel trovare due tappi di sughero adatti a chiudere le bottiglie e successivamente fare un buco ed inserire un gorgogliatore, ho sigillato la bottiglia e il matraccio con una garza sterile.
Sarebbe importante tenere le bottiglie in movimento il più possibile, per questo molti utilizzano agitatori magnetici, che costruirò a breve, visto che tra l'altro ho quasi tutto, mi manca la calamita da inserire sopra la ventola, e l'ancoretta da mettere dentro al matraccio.
Oggi c'era un buon strato di fondo, anche se stasera mi sembra che stiano perdendo forza, pensavo ci avrebbero messo più tempo per moltiplicarsi. Avrei preferito inocularli in pieni fase fermentativa. Domani si procede con la cotta. 
Ma questa è un'altra storia.

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martedì 2 luglio 2019

Il Meglio Parte I - Come riutilizzare il lievito esausto


Parte oggi il Meglio del Signor malto. Abbiamo pensato di proporre uno dei post che ha riscosso maggior successo, una guida passo a passo su come riutilizzare il lievito esausto che rimane in fondo ai nostri fermentatori una volta che imbottigliamo o travasiamo. L'articolo è uscito nel 2015. Buona Lettura!

Da tempo, parecchi lettori, ci hanno chiesto cosa fare con il lievito che rimane sul fondo del fermentatore, ho pensato di scrivere questo post, su come fare.
Fin dall'inizio della nostra attività brasicola, quel fondo sul fermentatore ha sempre destato in noi l'amletico dubbio: "Ma è lievito perchè buttarlo?".  Le prime volte non facevamo altro che essere dispiaciuti di tanto spreco, ma alla fine finiva nel lavandino.
Poi decidemmo che comunque lo si poteva utilizzare per far fermentare nuova birra, anche se bisognava utilizzarlo nel minor tempo dopo aver svuotato il fermentatore dalla birra precedente. Imbottigliare la vecchia e brassare la nuova nello stesso giorno, può essere impegnativo, soprattutto se si è soli.
Così cominciai ad informarmi su come recuperarlo, per poterlo riutilizzare successivamente e provammo un paio di volte "a lavarlo", con buoni risultati, potete trovare la cronaca in un post diviso in due parti http://signormalto.blogspot.it/2014/06/lavaggio-lievito-london-ale-1028-e.html e http://signormalto.blogspot.it/2014/06/lavaggio-lievito-fase-finale-e.html.
Sinceramente è un lavoro impegnativo, prima di iniziare dovete essere consci di quello che fate, il rischio di infettare la futura birra è reale, tutto deve essere ben pulito e sanificato e le fasi del lavoro devono essere ben pianificate, potrete così ottenere lievito gratis, e birre dalle caratteristiche simili, stessi aromi anche per le nuove.
C'è da aprire una parentesi, il fatto che dopo ogni cotta, il lievito possa modificarsi, penso sia normale, anche se non è il caso di affrontare qui un discorso chimico, per noi HB è difficile mantenere costante un processo relativamente semplice come rifare la stessa birra, potete capire mantenere intatte le caratteristiche di un lievito.
Solo dopo oltre un anno, decidemmo di recuperarlo per produrre la nostra amata pizza e farci il pane. Inizialmente lo utilizzavamo lo stesso giorno del travaso o del imbottigliamento, ma poi diventava impegnativo, capitava spesso di avere altri impegni e non riusciamo ad utilizzarlo subito. Così dopo un pò di prove, abbiamo creato una specie di pasta lievitante, da utilizzare quando necessario.
Il processo è semplice ma ha bisogno di un pò di attenzione.
Prima di tutto è importante decidere quando raccogliere il lievito, cioè dopo il primo travaso o il secondo. Essendo una raccolta per far lievitare della farina, la purità del lievito non ci interessa più di tanto, non ci interessa mantenere delle caratteristiche di aroma e gusto ma semplicemente far lievitare la nostra pasta.
Chi fa All Grain Classico tre tini, ha meno problemi, perchè il lievito del primo travaso non è "inquinato" dalle farine e dai residui, mentre chi, come noi, fa BIAB, sul fondo del fermentatore nel primo travaso, è ricco di residui. C'è un ulteriore complicazione, chi esegue la luppolatura a freddo o DH nel secondo travaso, e il luppolo lo utilizza libero, ci si ritroverà, dopo il travaso per l'imbottigliamento, sopra al lievito, uno strato di luppolo, che rende difficile la raccolta, e quasi impossibile da utilizzare.
Per noi che facciamo quasi sempre DH libero con il formato pellets, dobbiamo scendere ad un compromesso utilizzando il lievito raccolto dal fermentatore dopo il primo travaso. A volte abbiamo utilizzato il lievito del secondo travaso senza DH, bisogna dire che il lievito è molto più pulito e, soprattutto per il pane, si sente anche quando si mangia. Per la pizza invece è meno marcata la differenza perchè comunque vengono aggiunti altri ingredienti che coprono molto l'aroma apportato dal lievito.
Una altra cosa che è bene ricordare e che nel lievito del primo travaso c'è anche una componente di residui di luppolo che tendono ad amaricare la pasta e non è difficile poi ritrovarsela un pò amara.
Quindi se si puoi, meglio il lievito del secondo travaso.
Fatta questa precisazione, andiamo con il procedimento.
Di solito raccogliamo 5 cucchiai abbondanti, naturalmente il lievito più compatto è più semplice da raccogliere, come il secco S-04, ne raccogliamo intorno ai 50 grammi, invece con lieviti meno compatti è più difficile raccogliere la quantità esatta, visto che il lievito è più liquido mescolato al mosto, e quindi la concentrazione sarà più bassa, meglio raccoglierne almeno 100 grammi.
Sul quantitativo di raccolta non c'è un limite, noi facciamo così perchè abbiamo un contenitore ermetico da chilo, ma se avete la possibilità di tenerlo in più contenitori, potete raccoglierlo anche tutto e vi garantisco che c'è ne tanto!
Il lievito estratto lo sistemiamo in una terrina e poi aggiungiamo acqua fino a scioglierlo bene, naturalmente con quello meno fluido servirà molta meno acqua, qui prendiamo il caso del lievito più denso, mescoliamo bene fino a renderlo quasi completamente fluido, un fluido più cremoso dell'acqua.
A questo punto aggiungiamo piano piano farina, noi utilizziamo il tipo Manitoba, una farina più "forte" adatta per la creazione della pasta madre, ma utile anche per l'impasto per pizza, aggiungiamo fino a creare un panetto piuttosto duro, il punto di pasta deve essere poco prima che la pasta si spacci durante il mescolamento.
Vi consiglio una volta che il panetto diventa più solido, di terminare di impastarlo su una tavola di legno o di marmo, per dare ancora più forza. Una volta pronto, lo riponete in una ciotola capiente e lo coprite bene con pellicola trasparente per evitare che prenda aria e si secchi in superficie, che è la cosa che non deve accadere, e lo lasciate lievitare a temperatura ambiente per un paio di ore.
Dopo la prima lievitazione, a causa della grande proporzione tra lievito e farina, la pasta diventerà molto più morbida e appiccicosa, è il momento giusto per riporla dentro un contenitore ermetico e posizionarla in frigo. Il contenitore ermetico serve soprattutto per evitare che il lievito si contamini con muffe e funghi, di cui il nostro frigo ne è ricco, dispiacerebbe dopo tanta fatica doverlo buttare. Come accorgersene se dovesse essere contaminato.... ve ne accorgerete!
Per mantenere un buon ceppo di lieviti si consiglia di non lavare il contenitore, ed aggiungere la pasta tutte le volte nello stesso.
In queste condizioni la pasta lievitante può stare in frigo, dai 7 a 10 giorni, mantenendo le sue caratteristiche, poi inevitabilmente i lieviti cominceranno ad indebolirsi e la forza lievitante scendere.
Se non si utilizza in questo lasso di tempo consiglio, per mantenerlo in "forza", di "rinfrescarlo". Procedimento: tirare fuori dal frigo il contenitore, estrarre la nostra pasta lievitante, metterla all'interno di una terrina, aggiungere un paio di cucchiai di acqua a temperatura ambiente e cominciare a sciogliere la pasta. Una volta miscelato bene l'acqua alla pasta lievitante, aggiungere farina finché si ricrea il panetto e riporlo nel contenitore all'interno del frigo.
Questo processo può essere ripetuto diverse volte, naturalmente ogni volta che si rinfresca, la pasta lievitante aumenta di volume e puoi capitare, se non avete amici a cui cedere parte del panetto, di ritrovarsi con un quantitativo eccessivo che non riusciremo più a far stare nel nostro contenitore, o avete altri contenitori o sarete costretti a buttarne una parte. Se ne utilizzate una parte, diciamo 200 - 250 grammi alla settimana, non avrete problemi.
Naturalmente lo potete reintegrare con altro lievito, estratto dopo una nuova birra, rimpastandolo insieme alla pasta lievitante che avete da parte. Vi consiglio di creare un nuovo panetto, come vi ho illustrato sopra e poi dopo la fase di lievitazione a temperatura ambiente, impastate il panetto nuovo e la pasta lievitante che avete nel barattolo, avendo cura di tirare fuori il panetto in frigo, un paio di ore prima.
Ma il metodo migliore per rinfrescare la vostra pasta lievitante, se non avete a disposizione del lievito esausto, perchè per qualche motivo non avete fatto la birra, e quello che di utilizzare un pezzo di pasta nuova avanzata dall'impasto.
Nella foto potete vedere, sopra la pasta lievitante del barattolo e sotto un pezzo da 100 grammi della pasta per pizza appena preparata, che successivamente saranno mescolati, per far si che i lieviti all'interno della "vecchia" pasta lievitante si possano cibare dei nuovi zuccheri presenti nella pasta nuova.
Ricetta, ricetta, ricetta..... mi sembra di sentirvi, calma, facciamo un esempio di impasto così potrete capire meglio, facciamo l'esempio di pasta da pizza utilizzando una macchina del pane.
La macchina che abbiamo è semplice e l'avevamo pagata davvero poco in uno dei tanti discount sparsi per l'Italia, e per una trentina di euro, non c'è la siamo fatta scappare.

Ricetta per la pasta da pizza, 8 pizze da 220 grammi
600 ml di acqua tiepida
3 cucchiaini di zucchero
2 cucchiaini rasi di sale
1 cucchiaino di malto d'orzo
1 cucchiaio di olio EVO (facoltativo)
650 grammi di farina tipo 00
350 grammi di Manitoba
250 grammi di pasta lievitante

e se avete fretta, ma solo se non avete tempo da dedicarci, 1 cucchiaino raso di lievito secco.
L'utilizzo di ulteriore lievito, può essere utile se non avete tempo, magari arrivate tardi, nel primo pomeriggio e avete voglia di farvi una pizza in serata.
Infatti l'utilizzo della sola pasta lievitante e un pò limitante, perchè necessità di più tempo per agire, normalmente ci vogliono almeno 12 ore, tra inizio dell'impasto e la cottura.
Per la lievitazione è necessaria un pò di esperienza per gestirla al meglio, che però alla fine vi permetterà di creare pizze più consone ai vostri desideri e dei vostri amici, più croccanti, o più morbide, più sottili, o più spesse, insomma per tutti i gusti.
L'utilizzo della macchina del pane è semplicemente una scorciatoia, mi sono accorto che così ho più tempo per me, e posso fare altri lavori, per esempio preparare il pomodoro tagliare la mozzarella, grigliare le verdure, nelle due ore che la macchina impasta e lievita.
Nel caso non possediate una macchina del pane, e siate costretti a impastare a mano, cominciate mettendo tutta l'acqua in una terrina, noi utilizziamo una bastardina in acciaio, poi sciogliete lo zucchero e il malto d'orzo, con calma sciogliete la pasta lievitante il più possibile, il glutine tende a formare dei filamenti che non si sciolgono facilmente, va bene lo stesso se non sono proprio tutti sciolti, a questo punto iniziate ad aggiungere la farina setacciata, se possibile, se avete fretta prima di aggiungere la farina, sciogliete il cucchiaino di lievito secco, oppure 1 grammo di lievito di birra (a volte lo aggiungo lo stesso, specialmente se la pasta lievitante e un pò datata) e cominciate a mescolare.
Quando l'impasto raggiunge la consistenza di un semolino molto denso, aggiungete il sale, mescolate bene prima di aggiungere l'olio, se avete deciso di usarlo, e poi l'altra farina.
Quando la pasta si stacca dai bordi la rovesciate sulla tavola di legno e aggiungete la restante farina piegando e ripiegando la pasta. Può capitare che la consistenza sia diversa, basta una maggiore umidità nell'aria che vi rimarrà più molla, potete aggiungere un pò di farina in più, ricordate comunque che il punto di pasta e quando toccate l'impasto e non vi rimane appiccicato il dito, e la pasta rientra e poi torna su, come un materasso in memory.
Per il pane la ricetta è leggermente diversa, prima di tutto il programma utilizzato non deve solo impastare ma poi anche cuocere il pane. Noi normalmente prima di iniziare la fase di cottura estraiamo la pasta dalla macchina che mettiamo in pausa e lasciamo la pasta a lievitare un paio di ore in più prima di riposizionare la pasta nella macchina e poi riattivare la macchina.

Ricetta per pane da 750 grammi.
200ml di acqua tiepida
2 cucchiaini di zucchero
1 cucchiaino raso di sale
1 cucchiaino di malto d'orzo (lo trovate nei supermercati e quello usato dai panettieri) 
1 cucchiaio di olio EVO (facoltativo)
200 grammi di farina integrale
200 grammi di farina Manitoba
200 grammi di pasta lievitante
1 cucchiaino raso di lievito secco o in alternativa un grammo di lievito di birra fresco.

Ma torniamo alla nostra amata pizza, per la fase di impasto e lievitazione nella macchina ci vogliono da programma 1h e 50 m, ma io la lascio ancora una mezz'oretta al caldo, o almeno finché la pasta non tocca l'oblò.
E' uno spettacolo quando alzate il coperchio, ho sempre amato la sofficità della pasta lievitata, sarà che è stato il mio primo mestiere per tanti anni in gioventù, vuoi per il profumo che sprigiona, ma soprattutto perchè so già cosa diventerà!
A questo punto verso la pasta sulla tavola e la piego un pò di volte per aumentare la forza della pasta, per qualche minuto, e creo un palla.
Poi la copro con la bastardina, per evitare che si secchi e crei la crosta, che causerebbero la formazione di pezzetti di pasta secca che durante la fase di stesura, romperebbero la pasta. Se non avete la bastardina cercate di coprila in modo di non farla venire a contatto con l'aria.
Lascio lievitare una prima volta per un ora e poi ripeto la fase di piegatura per due volte. Dopo la seconda volta faccio le palle da 220 grammi.
Come potete vedere a lato la pasta avanzata che poi impasteremo con la pasta lievitante nel barattolo. Naturalmente copro le palle per 30 minuti prima di iniziare a stenderle.
Nei 30 minuti che attendo che la pasta si snervi un pò, mi dedico alla pasta lievitante impastandola con quella avanzata.
Per migliorare la miscelazione utilizzo anche un pò di farina, alla fine rimetto l'impasto così ottenuto nel barattolo e lo posiziono nel frigo.
Siamo alla fase finale dopo i 30 minuti si comincia a stendere le palle e metterle nelle teglie. Io preferisco quelle di alluminio, rispetto a quelle di acciaio, cuociono più uniformemente, non bruciano sotto e rimangono più morbide.
Per stenderle uso il mattarello, è l'ideale per preparare la pasta da mettere nelle teglie.
Ecco fatto questa è la base per creare la nostra deliziosa pizza. L'utilizzo di pasta cotta come piatto su cui poi mettere gli ingredienti, nasce nella Roma Antica, e poi con il passare del tempo ha raggiunto la fama che ha oggi.
Il bello di questo pezzo di acqua e farina lievitata è la versatilità di creare quello che si vuole, il limite è solo la nostra fantasia, questa volta l'abbiamo preparata semplice, pomodoro, origano, olive e mozzarella.
Eccole qui in attesa dell'ultima fase di lievitazione, ancora un ora abbondante e poi saremo pronti a gustare il risultato di tanta fatica. In questa ultima fase è importante che l'ambiente sia caldo, sui 22°C o più, per accelerare la fase di metabolismo dei lieviti, prima di infornarle.
Per la cottura dipende da forno a forno, innanzitutto si accede il forno al massimo, oltre i 250°C (più caldo è più cuoce velocemente e più rimane, contemporaneamente, morbida dentro e croccante fuori, il top).
Quando si arriva in temperatura, si mettono due pizze una in mezzo e l'altra sul fondo, 4 minuti e si invertono e dopo altri 4 minuti sono pronte per essere gustate.
Il massimo una fumante pizza innaffiata da un ottima birra.... la nostra! Sicuramente il nostro piatto preferito. Ora tocca a voi.


Il meglio del Signor Malto vedrà due uscite settimanali, dove al martedì verrà riproposto uno degli articoli più ciccati di sempre, mentre al giovedì un post che ha riscosso meno successo ma che riteniamo sia solo sfuggito ai più. Ma questa è un'altra storia.

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