mercoledì 9 novembre 2016

Metodo BIAB confronto con AG Classico

Questa è stata una stagione un pò diversa dalle altre per l'utilizzo oltre al nostro consueto metodo australiano BIAB, per la nuova esperienza con il metodo classico All Grain. Abbiamo deciso di provare il metodo tradizionale soprattutto per aumentare la nostra esperienza, ma con un pensiero se potevamo migliorare le nostre birre.
Volevo fare una premessa riassuntiva per far conoscere ai nuovi e vecchi lettori il percorso che ci ha portato a questa scelta e ripercorrere insieme un po' del nostro cammino.
La nostra storia comincia nel 2012, una storia come tante altre, fin troppo banale, la classica festa di compleanno con un regalo un po' diverso dal solito, ma simile per centinaia di ignari apprendisti birrai casalinghi.


Il destinatario del regalo fu mio figlio, Andrea, ma chissà perché lo scimmiato sono diventato io.
All'inizio Andrea ha preso la cosa con poco entusiasmo, visto i suoi continui impegni, mi sono candidato a dargli una mano per cercare di capire da dove iniziare. Con calma e tranquillità, la scimmietta piano piano si è fatta strada ed insinuata nella mia mente cominciando a sussurrarmi mille parole magiche!
Dopo il primo kit insulso, come capita a molti, siamo stati sospinti da un crescente irresponsabile desiderio di creare qualcosa di bevibile. Mi sono così tuffato in un mondo, che non mi apparteneva, il mondo della birrificazione casalinga. Ringrazio tutti gli Amici che mi sono stati vicini e mi hanno dato i consigli giusti.
La mia cultura birraria, ancora oggi dopo tante birre, fa "acqua" da tutte le parti. Conosco a malapena gli stili, ho assaggiato poche birre artigianali, non ho girato molto, non frequento pub o simili, e sono completamente allo scuro di tutti quegli metodi birrari che coinvolgono le metodologie più complesse con l'utilizzo di ingredienti diversi dai soliti, lieviti più specifici, spezie e aromi particolari. A volte vengo a scoprire cose assurde, almeno per me, su internet, sui forum, ma soprattutto sui social network, dove c'è un strana gara a chi fa le cose più complicate.
La nostra filosofia è, le cose più semplici sono alla fine le cose migliori.
In questi anni di militanza in questo mondo virtuale che è internet, sui forum brassicoli e solo negli ultimi tempi sui social media, ho scoperto uno strano mondo di professori e attivisti della cosa buona e giusta, che poco hanno a che vedere con il mondo della birra casalinga. Ognuno di noi preso dalla foga, desiderio, amore, passione vorrebbe divulgare il verbo zimurgico ma spesso si incappa in persone che pretendono non solo di insegnare, ma di condurre per mano ignari neofiti nel turbine delle spesi folli, in nome della migliore birra da esibire, propinando microbirrifici ed alludendo al mondo fatato ed irreale della birra artigianale.
A mio avviso tutto questo non ha nulla a che vedere con il più semplice e meno appariscente mondo dei birrarioli casalinghi. E' molto difficile trovare qualcuno che ha il coraggio di dire il contrario di quello che dice la maggior parte delle persone, ipnotizzate da un mantra ossessionante dei più blasonati e professionali mastri birrari e presunti tali che pubblicizzano materiale, ostentano pubblicazioni o attrezzature indispensabili per ottenere una birra eccezionale.
Per far birra ci sono talmente tanti parametri, variabili ed incognite che per il mio piccolissimo percorso da homebrewer posso sostenere che per fare birra in casa (e non artigianale…sono mondi diversi, infiniti, opposti) alla fine non servono migliaia di euro spesi in attrezzature valide, belle, efficaci ma che hanno solo e soltanto la finalità di trasformare un tranquillo hobby in un ossessione quotidiana.

In questo pandemonio di consigli estremamente tecnici per garage di periferia, di trattati e teoremi per la birra perfetta c’è una tribù silenziosa. C'è un silenzio che a volte si percepisce tra le righe di un post o di un commento in un forum o una battuta su un social media, è il silenzio di chi in questa trappola non ci è mai finito o è riuscito a disintossicarsi da questo disincanto. E il silenzio di centinaia per non dire migliaia di birrai casalinghi, che non gliene frega niente di usare la pompa a trascinamento magnetico e una pentola che costa più di un impianto automatico, e non si sogna ne di sapere quanto solfato ha la sua acqua, ne che ph ha l’acqua di ammostamento. Non sto dicendo che sia la cosa buona e giusta, sto solo pensando che siano persone attente ad ottenere il meglio che possono da quello che hanno senza tante complicazioni e senza tante risorse.
A questa massa silenziosa non gli importa di portare la propria birra ad un concorso o partecipare ad un meeting cercando consensi tra gli esperti, chi partecipa ai concorsi mi regala la sensazione che siano quasi felici di essere sbranati come piccoli agnellini, aspettano con ansia di essere disprezzati e massacrati con logica e conoscenza ma non comprendo l’esigenza. A me, e spero a molti, l'unica cosa che importa è creare un momento di fugace soddisfazione nel momento di apertura di una bottiglia, trovare la pace e serenità nel primo sorso e l'estasi a fine bottiglia. Ammiro tutte quelle persone che creano birra in casa per il gusto di godere del proprio prodotto.
Il birraiolo casalingo non ha niente a che spartire con il mondo della birra artigianale, ma non tutti l'hanno capito.
Così anche noi dopo un inizio stentato, siamo caduti nella trappola dei pifferai magici. Pensando al teorema del "più spendi più avrai un birra buona", abbiamo cominciato ad acquistare attrezzatura e a seguire filoni che sono risultati alla fine secchi. Così dopo un anno ci siamo scoperti anche noi preda di questo maleficio.
Ricordo come oggi, il giorno della svolta. Alla ricerca di ulteriori informazioni su come automatizzare ed ampliare il nostro impianto (per fortuna ancora agli inizi) mi misi a discutere con un amico su un forum è capii il vero spirito del BIAB e della birra casalinga. Ad amplificare il concetto di "essenzialità" fu l'affetto e l'amore di mia moglie che mi diede una mano a capire che stavo sbagliando!


L'anno scorso abbiamo cominciato ad applicare quello che abbiamo ritenuto fosse la nostra strada, la nostra identità, senza tante complicazioni e senza tante spese. Certo che questo sarà un limite, ma riteniamo che il gioco non vale la candela.
Così nell'ottica di ottenere di più contenendo le spese, sembrerà strano per qualcuno, abbiamo provato il metodo classico 3 tini. Non avevamo mai provato la tecnica classica proprio perché per creare un impianto 3 tini, pensavamo, di dover spendere troppo nel acquisto di altri accessori.
La stagione è stata propiziatoria. I parecchi imprevisti ci hanno permesso di fare alcune riflessioni, e siamo arrivati alla conclusione che potevamo fare/provare il metodo All Grain Classico 3 tini con quello che avevamo senza spendere un euro!
Non pretendiamo di avere l'esperienze di chi da anni pratica questo metodo, e con il tempo ha affinato l'utilizzo di ingredienti e soprattutto di attrezzatura che oltre a migliorare la qualità della birra, ha automatizzato le fasi e ha risparmiato energie e tempo prezioso durante le cotte.
Quindi ci scuseranno gli amici con più esperienza, e siamo pronti ad accogliere tutte le critiche costruttive che potranno aiutarci a migliorare. Pensiamo comunque di aver compreso alcune differenze fondamentali, che vogliamo provare a condividere in questo articolo, che raccoglie le nostre impressioni e mette a confronto i due metodi. Questo articolo si basa sulle prime impressioni, 9 cotte in AG Classico non possono essere considerate un numero tale per dare un giudizio definitivo, ma comunque rappresentano un buon campione per farsi una prima idea. Il nostro confronto è semplicemente una cronaca e chi vuole provare a fare qualche cotta con il metodo classico, in modo semplice, casalingo e senza tante complicazioni, po' vedere come abbiamo fatto noi. Non vogliamo insegnare niente a nessuno, ma semplicemente portare in condivisione le nostre esperienze casalinghe. Qui non c'è niente di letto studiato e poi ripetuto, ma semplicemente le esperienze acquisite durate queste 9 cotte in All Grain Classico. Non abbiamo la pretesa di scrivere un trattato.
A completamento di questo articolo uscirà sabato un video sul nostro canale YouTube.


Innanzitutto bisogna chiarire la differenza principale tra i due metodi. Il BIAB non prevede il lavaggio delle trebbie o sparge. Nel metodo australiano il mosto viene brassato in un unica pentola. Al contrario nel metodo classico All Grain 3 Tini, le trebbie vengono lavate o con il sistema Fly Sparge o con il Batch Sparge. In questo caso vengono utilizzate 3 pentole, una per il mash, una per scaldare l'acqua per lo sparge e una per la bollitura. Ma andiamo ad analizzare i due metodi.
La prima differenza tra i due metodi riguarda la proporzione acqua/grani in mash.
Per la prima cotta è stato un po' complicato calcolare l'acqua necessaria, anche perché inizialmente siamo stati un po' confusi dalla marea di materiale on line che spesso si contraddice.
Con il metodo classico abbiamo utilizzato un rapporto di 6 litri di acqua per chilo di grani che abbiamo utilizzato per tutte le birre. Il rapporto finale di 6 litri di acqua per chilo di grani è stato suddiviso in 3 litri di acqua per chilo di grani nel mash e i restanti 3 litri per lo sparge, con buoni risultati. Nel BIAB invece ci è capitato più volte di portare il rapporto acqua/ grani anche oltre i 7 litri di acqua per chilo di grani.
La proporzione acqua - grani influisce sicuramente sul mash. Abbiamo notato che il mosto piu’ fluido crea un mosto più diluito e porta ad avere un mosto più’ fermentatile ricco di maltosio. Al contrario un mosto più’ concentrato crea un mosto più corposo e di zuccheri meno fermentatili ricco di destrosio.
Con il BIAB abbiamo ottenuto birre più secche meno corpose rispetto alle birre fatte in AG Classico a parità di temperatura di mash.
Per la prima prova abbiamo preferito, su consiglio di un Amico, mantenere un rapporto di 6:1 (3:1 mash 3:1 sparge) evitando inutili rischi. L'unico dubbio, che poi si è materializzato, è che rispetto alle nostre abitudini in BIAB, abbiamo ottenuto meno mosto nel fermentatore. Certamente questa prima cotta in AG Classico ci è stata utile per calcolare le perdite e prendere spunto per le cotte successive e abbiamo capito come si comportava il nostro impianto con il nuovo metodo. D'altronde una cotta pilota la dovevamo fare.
L'altra grossa differenza tra i due metodi è il mosto torbido che si porta in bollitura con il BIAB. Le prime volte con il metodo tradizionale siamo rimaste incantati, rapiti nel vedere quel liquido trasparente ribollire, da l'impressione di una cosa migliore, ma penso sia più una sensazione. La differenza della presenza di farine nel mosto di bollitura comporterà sicuramente una diversità chimica ma non ho idea se influisca nel risultato finale. Certamente la presenza di farina non crea problemi di birra torbida, o deposito in bottiglia, visto che normalmente il deposito è dovuto principalmente al lievito in sospensione nella birra durante l'imbottigliamento. I nomali travasi, non più di due perché alla fine si rischia di ossidare troppo il mosto prima e la birra poi, servono anche per eliminare le farine residue. In rete non ho trovano niente che parlasse della differenza dei due mosti, ma semplicemente proclami sul fatto che un mosto limpido sia migliore di uno "sporco". Sinceramente non penso ci siano differenze a parte quella visiva, forse le farine possono essere in qualche modo la causa di un invecchiamento precoce che abbiamo notato nelle birre meno alcoliche in BIAB.
Nel BIAB di solito maciniamo fine, per avere una densità più elevata. Nella tecnica classica si macina meno finemente per il semplice motivo che il sistema di filtrazione delle trebbie, come il filtro bazooka, tenderebbe ad otturarsi con le farine. In alcuni casi con filtri diversi come l'Halo, si rischia di avere poi farine in bollitura.
Così, senza riflettere sul nostro sistema di filtraggio, per la prima cotta abbiamo allargato i rulli del mulino e macinato più grossolanamente. Alla fine ci siamo accorti della cavolata, visto che abbiamo utilizzato la sacca come filtro non avevamo ragione di macinare più grossolanamente.
Per quanto riguarda l'efficienza, questo dato tanto cercato dai neofiti, non abbiamo riscontrato differenze particolari. Forse la differenza tra BIAB e il metodo classico l'efficienza è più stabile e ripetitivo per le cotte nel AG Classico con valori dal 73% al 77%. Le uniche eccezioni sono state la cotta Joe Alba 120 IBU dove abbiamo ottenuto un 63% a causa dell'enorme quantità di luppolo che alla fine ha assorbito un quantità esagerata di mosto, causando un litraggio molto più basso del preventivato e la prima cotta-pilota dove abbiamo ottenuto un 71%. Nel BIAB, forse per un ambiente meno stabile in generale per il rapporto acqua/grani risulta più ballerino, avendo ottenuto nel tempo cotte che variavano dal 60% al oltre 80%.


Ma veniamo al punto cruciale che scoraggia tanti neofiti, l'attrezzatura. Normalmente quando si parla di AG 3 Tini si pensa immediatamente alla complessità dell'impianto molto più complesso e di conseguenza più costoso di un monopentola BIAB. La nostra fortuna è stata quella di avere a disposizione un'altra pentola, acquistata per raddoppiare la produzione delle cotte in BIAB, ma poi abbandonata per l'eccessivo lavoro rispetto alla più adatta, ai nostri standard, pentola da 50 litri. E stato grazie a questa pentola che abbiamo potuto provare il metodo classico. Il metodo tradizionale prevede anche un ulteriore pentola per scaldare l'acqua per lo sparge. E qui ci è venuta utile la semplice pentola in alluminio che utilizziamo per la passata di pomodoro, utilizzata solo un paio di volte d'estate. La pentola non è grandissima ma contiene i 23 litri che ci sono serviti per le nostre cotte. Se in futuro decidessimo di fare qualche cotta più densa, e sarà necessario avere più acqua per lo sparge utilizzeremo un ulteriore pentola usata all'inizio della nostra storia per i kit da 13 litri.
Nel BIAB utilizziamo una sacca per contenere le trebbie che finito il mash solleviamo e strizziamo per recuperare più mosto possibile intrappolato nelle trebbie. Al contrario nel metodo classico il filtraggio è una conseguenza del lavaggio delle trebbie che oltre a pulire il mosto recupera gli zuccheri intrappolati. Questo comporta alla fine anche un mosto libero da polveri e residui dei grani macinati. E' il metodo di filtrazione fa la differenza tra i metodi.
Abbiamo così deciso di utilizzare la stessa sacca del BIAB per vedere se questa pazzia poteva funzionare, pensando che le la maggior parte delle farine, passa a causa dello strizzamento della sacca. Dall'utilizzo della sacca abbiamo notato che la cosa più importante è che la sacca sia ben aderente alla pentola e grazie alla farina stessa che tende a concentrasi tra la sacca e la pentola crea un zona che impedisce al mosto di aggirare le trebbie.


Ma veniamo alla cotta vera e propria. Fin da subito si notano le differenze nella preparazione del materiale. Si parte con il quantitativo di acqua. Abbiamo notato che con il metodo classico si ha la necessità di qualche litro in più mediamente 4 - 5 litri. Per la macinazione nessuna differenza utilizzando la stessa sacca. Invece nella preparazione delle pentole, abbiamo dovuto approntare due pentole invece di una, montando due rubinetti e relativi filtri mini-bazooka che smontiamo sempre per ripulirli, qui ci vuole più tempo e anche se minimo più spazio del BIAB per sistemare tutto.
In entrambi i metodi ho riscontrato due difficoltà se si birrifica da soli. Nel BIAB, è difficile sollevare la sacca tenerla ferma e poi strizzarla. Il problema è dovuto al peso dei grani inzuppati di mosto. Nel AG Classico invece utilizzando un solo fornellone, la difficoltà è una volta riempito la pentola di boil con 40 litri di mosto posizionarla sul gas ad un'altezza di 80cm. In due è tutto più semplice, uno solleva e tiene in tensione la corda attaccata alla sacca e l'altro strizza la sacca con un paio di guanti magari di silicone per evitare facili ustioni. Nel AG Classico sarebbe utile creare una struttura a gradini dove sistemare le tre pentole e non dovessi spaccare la schiena per sollevare la pentola piena.


Per le fasi iniziali della cotta non abbiamo riscontrato differenze, ma terminato il mash le strade si dividono. Per il metodo classico c'è il lavaggio delle trebbie la vera differenza tra i due sistemi. Noi abbiamo optato per fare fly sparge, anche se utilizzando la sacca come filtro sarebbe stato più naturale fare batch sparge. I due sistemi differiscono soprattutto per la durata dello sparge. Ed è proprio questo il motivo per cui abbiamo scelto il fly.
In pratica terminato il mash abbiamo aperto il rubinetto e riversato all'interno della pentola il primo litro per rifiltrarlo. Abbiamo poi lasciato defluire il mosto nella pentola di boil fino a poco prima che le trebbie si scoprano e abbiamo cominciato ad aggiungere l'acqua di sparge a 78°C. Terminata l'acqua di sparge abbiamo lasciato svuotare completamente la pentola di mash dal mosto lasciando dietro le trebbie asciutte. Abbiamo notato che nelle trebbie rimane intrappolato circa 1 litro di mosto per ogni chilo di grani è il dato lo abbiamo poi riportato nelle successive ricette per il calcolo dell'acqua.


Per le fasi finali i due metodi seguono le stesse metodologie di bollitura, luppolatura, whirpool e raffreddamento.
A questo punto molti si chiederanno, "ma alla fine qual'è la birra più buona?". Entrambe.
Secondo la nostra esperienza entrambi i metodi sono validi per creare una birra degna di questo nome e sinceramente non abbiamo rilevato una differenza così marcata. Il nostro è un punto di vista casalingo, vorrei vedere un birrificio con una sacca da 1000 litri!!!
Il sistema australiano è sicuramente il più idoneo metodo casalingo, comodo, veloce e poco costoso per brassare una birra anche in ambienti poco ampi o addirittura anche in casa con un minimo di organizzazione o con un mash concentrato. Il metodo classico al contrario richiede spazi più ampi, più tempo e più denaro. Importante rimane comunque con che spirito si affrontano le cotte.
Alla fine possiamo concludere dicendo che le birre fatte con i due metodi sono difficilmente distinguibili da un semplice assaggio.
Possiamo dire che le birre eseguite in BIAB con rapporti acqua-grani superiori a 6-1 abbiamo ottenuto birre più secche quindi più alcoliche, e quindi con meno corpo e meno stabili. L'unica differenza percepibile, secondo noi, che le birre in BIAB tendono a perdere il poco corpo man a mano che bevete la birra perdendo gusto e aroma una volta aperta la bottiglia. Sul web qualcuno lo definisce "effetto watering".
Nelle birre fatte con rapporti inferiori questo effetto è meno evidente, ma comunque sempre presente.
Per quello che riguarda l'invecchiamento della birra sempre per il metodo BIAB, un tema tanto caro a chi inizia, abbiamo notato che le birre a bassa gradazione alcolica, sui 4% e ricche di luppolo, tendono ad ossidarsi più velocemente perdendo man mano gusto e aromi diventato sempre più amare e appiattendosi. Questo effetto invece non lo abbiamo riscontrato in birre più alcoliche, anzi birre sui 7-8% bevute dopo 6 mesi hanno dato il meglio di sé.
Per il metodo classico abbiamo riscontrato a parità di temperatura di mash birre più maltose e corpose, con aromi e sapori più stabili.
Per l'invecchiamento delle birre non abbiamo notato una differenza così marcata rispetto al BIAB. La ORO VI brassata 5 mesi fa ha denotato, anche se in forma minore un effetto simile al BIAB con una perdita degli aromi, ma mantenendo sempre un corpo.
In conclusione possiamo dire che, secondo la nostra esperienza casalinga, le birre eseguite in BIAB non hanno niente ad invidiare al metodo classico.
Non siamo qui per fare un articolo contro il metodo tradizionale, lungi da noi neanche averlo mai pensato, anzi è probabile che si ottengano birre migliori, ma riteniamo che il sistema australiano sia più adatto a noi birraioli casalinghi, più semplice, più veloce e meno dispendioso.

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