domenica 5 ottobre 2014

Una Americana in BIAB, Toc Toc.

Nonostante mi fossi ripromesso di far uscire questa settimana, un articolo sulla bella esperienza del luppolo selvatico, non sono riuscito a finirlo e preferisco mettere giù prima, la cronaca di questa nuova nata, una birra dal chiaro stile americano, dal colore rubino e dal profumo intenso.  
Questo fine settimana è stato davvero intenso, continuiamo a produrre birra, e non solo. Sabato siamo partiti di buon ora con il travaso della brown PallaRE, quella realizzata con il luppolo selvatico. 


La birra risulta molto acerba, e in una settimana ha raggiunto la densità prevista, anzi è scesa oltre, fino a 1008, portando la percentuale di alcool a 5,6% contro i 4,9 che avevamo preventivato. Decidiamo come sempre di assaggiare il campione nella provetta utilizzato per la misurazione della densità, al naso è molto forte l'odore di zolfo, chiaro segno di un'attività violenta del lievito ad una temperatura elevata, questo ci da motivo di riflessione, e probabile che la resistenza direttamente a contatto con i fermentatori, comporti un innalzamento delle temperature, nonostante l'intervento del termoregolatore. La soluzione, bisogna trovare il modo di rialzare i fermentatori rispetto alla resistenza. Al gusto l'aroma principale è il sapore dolciastro del Carapils, davvero troppo invadente, causato purtroppo, dall'amaro del luppolo selvatico, che risulta basso, quasi inesistente. La stima fatta degli alfa acidi era troppo ottimistica e dobbiamo ricrederci e la prossima prova dovremmo, almeno, raddoppiare le dosi, e provare il luppolo più amaro che abbiamo, per capire se davvero ne vale la pena, o se bisogna ricominciare, il prossimo anno, alla ricerca di qualche zona dove trovare qualche luppolo più nobile. Alla fine in gola rimane un leggero amarognolo dall'aroma pepato, che contraddistingue da sempre questo luppolo selvatico.


La birra, risulta leggermente torbida, ma il colore è chiaramente marrone, vediamo cosa succede in questa settimana che rimarrà a riposo, a depositare ancora un pò di farine e lieviti, prima dell'imbottigliamento di Venerdì prossimo.
A metà mattina siamo passati all'imbottigliamento della Kashmir, una birra splendida dal colore ambrato e dal gusto deciso. 


Come avevamo previsto la birra aveva quasi raggiunto la densità finale la settimana scorsa passando in una settimana dal 1018 a 1017, in linea con il mash a temperatura più alta, per la creazione di una birra più corposa. 


Si sente molto il corpo, pur essendo all'inizio, dove i sapori e gli aromi devono ancora miscelarsi per dare il meglio di se, sembra di mangiarla, più che berla. Intensissimo il sapore caramellato, che si diffonde in bocca, mentre alla fine si sente molto l'amaro.
Ora non ci rimane che attendere almeno quattro mesi prima di poter assaporare le prime bottiglie e dare un giudizio più definitivo.


Qui la cella climatica con sopra le bottiglie della Raj, che nonostante siamo terminate le due settimane necessarie per la carbonazione, resteranno all'interno per contribuire al mantenimento della temperatura della cella, e sarà sistemata sullo scaffale, per la maturazione, la prossima settimana all'imbottigliamento della PallaRE. In mezzo le bottiglie della Kashmir e sotto il fermentatore con la PallaRE.
Ad inizio pomeriggio, hanno portato la legna per il forno a legna e la stufetta del garage, che ci terrà al caldo durante le cotte invernale, quando fuori fa molto freddo, e il mosto si raffredda molto più velocemente, in un attimo!!

  
Come sempre una gran fatica, visto che non abbiamo un ingresso abbastanza grande da far entrare il furgone vicino alla legnaia, e siamo costretti a farla vuotare in strada, e bisogna portarla dentro al giardino con carriola e secchi. 
La giornata non è ancora finita, bisogna prepararsi per la cotta, ma come al solito Andrea deve scappare e mi tocca fare il lavoro "sporco", per fortuna ho un asso nella manica... Giusi, la moglie. Prima di tutto bisogna recuperare l'acqua di fonte, un paio di taniche da 25 litri. Il problema è sempre lo stesso, per 50 litri di acqua devi passarci mezzo pomeriggio, ne esce sempre poca, un filo. Ne approfittiamo per raccogliere qualche castagna, quest'anno c'è ne sono poche, piccole, malformate e molte sono pure piene di vermi. Anche gli alberi urlano tutto il loro dolore, molti stanno seccando, altri non vogliono mollare la vita, e tentano di gettare polloni dalla base, la maggior parte sembrano bruciati da qualche acido, un disastro che continua da qualche anno e non sembra rallentare, probabilmente tutto continuerà fino a quando l'ultimo dei castagni ci avrà lasciato. Non sono solo i castagni, tutto sembra essere coperto da un telo di tristezza e di agonia, abeti bianchi, carpini, betulle, etc l'unico che sembra non subire alcun danno è l'ailanto, un albero infestante, peggio delle robinie. Non si sa come sia arrivato dalla Cina, ma qui da noi non ha ne parassiti ne funghi ne batteri che lo scalfiscano. 
Ma torniamo a noi. Finito di raccogliere l'acqua, arrivato in garage, comincio a montare tutto, il banchetto con il fornellone, il rubinetto nella pentola, la pompa, il termometro.


Mentre proseguo con le operazioni di preparazione, è visto che comincia a scendere la notte, decido di accendere un pò il gas, per "rompere" un pò la temperatura sia dell'ambiente che dell'acqua per domani mattina, e far prima a raggiungere la temperatura di mash. Questa volta la ricetta è stata creata completamente da Andrea, con l'utilizzo dei suoi malti preferiti, Crystal e Bisciut, e un mash sbilanciato verso l'alfa amilasi, quindi una birra più corposa.

Toc Toc ALL Grain BIAB
Minuti ammostamento :55
Litri in pentola :40
Litri in fermentatore :27
Efficienza :76 %
OG :1050
ABV :4.9 %
Plato :12.4
IBU :64.5
BU/GU :1.29
EBC :17

Malti e Fermentabili
Pale 4900 gr 83 %
Crystal 150L 450 gr 8 %
Biscuit 300 gr 5 %
Fiocchi di Orzo 270 gr 5 %
Totale 5920 gr

Luppoli
Pacific Jade 20 gr 90 min
Nelson Sauvin 20 gr 30 min
Galaxy 20 gr 15 min
Galaxy 20 gr 5 min
Nelson Sauvin 30 gr 5 min
Nelson Sauvin 50 gr DH 

Lieviti
SafAle US 05 14 gr

Profilo Mash
Beta-amilasi 63 °C 20 min
Alpha-amilasi 72 °C 35 min

Termino la giornata con la macinazione dei grani, per fortuna la ricetta prevede più di un chilo in meno del solito, siamo stufi di queste birre troppo alcoliche che non ti permettono di berne qualcuna in più, in serenità. La giornata di sabato finisce qui... per fortuna.
La Domenica inizia con tranquillità... presto a fare la spesa rinviata ieri. A mezza mattina riesco a scendere ad accendere il gas e iniziare l'ennesima cotta domenicale. Intanto arriva Andrea. L'acqua è ancora a 38°C, e facciamo presto ad arrivare a 63°C. Purtroppo per una distrazione ci mangiamo tutto il vantaggio, e ci ritroviamo oltre e dobbiamo aspettare che scenda di un paio di gradi prima di poter versare i grani, nel frattempo verifichiamo l'acidità dell'acqua. Come sempre abbiamo aggiunto il succo di un limone, misura pH 6,80. Oramai il parametro è sempre lo stesso, tutte le volte, e pensiamo che sarà l'ultima volta che la misureremo, d'ora in poi controlleremo l'acidità solo dopo aver aggiunto i grani. 
Dopo aver versato i grani verifichiamo il pH, un pò alto siamo a 6, decidiamo di aggiungere 5 cc di acido lattico, che porta il pH a 5,75. Decidiamo di non aggiungere altro.


I venti minuti stabiliti per lo step di beta amilasi volano e riaccendiamo per la rampa a 72°C; durante le soste la pompa rimane spenta, mentre la accendiamo durante le rampe per evitare che si crei, sotto il fondo, uno strato a temperatura più alta, che potrebbe caramellare troppo il mosto.
Mentre aspettiamo che passino i 35 minuti dello step di alfa amilasi, prepariamo i luppoli, e intanto discutiamo sui prossimi acquisti.
Dopo lo step in alfa amilasi i 35 minuti con calma iniziamo le operazioni per il sollevamento e strizzamento della sacca.


Complice il volume più basso di grani e la solita forza di Andrea, 


questa volta ci superiamo e riusciamo a recuperare la maggior parte del mosto intrappolato nella sacca, dei 40 litri iniziali dopo le fasi di mash siamo a 39 litri, abbiamo lasciato un solo litro dentro le trebbie. Preleviamo un pò di mosto per la misura della densità pre boil, 1038, pensavamo meno, anche questa volta abbiamo avuto una buona estrazione. Secondo noi, la macinazione più fine, che ha drasticamente ridotto il numero di chicchi interi, ci ha aiutato a raggiungere questi risultati.

  
Per avere la temperatura idonea alla misurazione, questa è la nuova frontiera del raffreddamento.
Non so, se si capisce dalla foto, ma intorno alla provetta Andrea a sistemato un gel pack tirato fuori dal freezer, immerso in un pentolino pieno d'acqua, in pochi minuti porta la temperatura da 80°C a 20°C.  
Salendo verso la bollitura, il mosto comincia a separarsi dalle proteine, che si coagulano in superficie.


Sono un pò più del solito, ma con calma e con l'utilizzo di un colino, le schiumiamo. Comincia la fase di bollitura di 90 minuti, inseriamo la sacca per il luppolo, già utilizzata la volta scorsa con buoni risultati e versiamo il Pacific Jade per l'amaro.


Anche questa volta, vengono a galla alcuni semi, che rafforzano la mia idea che riuscire ad isolare le piante di luppolo, da una fecondazione naturale è quasi impossibile.


Per la seconda gittata dobbiamo aspettare un'ora, Andrea ha deciso di saltare la gittata a 60 minuti ritenendo sufficiente il solo Pacific come luppolo da amaro, visto che comunque i tre luppoli utilizzati hanno percentuali di alfa acidi molto alte, e potrebbero sbilanciare eccessivamente il rapporto amaro/densità. I luppoli scelti sono il Pacific Jade con AA% 12,5, il Nelson Sauvin con AA% 12,3 e il Galaxy con AA% 16,2.
Mentre aspettiamo mangiamo qualcosa, e quando si mangia arriva sempre lei...


Fa capolino dalla tendina della porta, attirata dal profumino che proviene dal garage.  "Chissà cosa ci sarà di buono.."
Intanto si prepara il lievito, questa volta ne abbiamo usato un pò di meno del solito, visto che abbiamo utilizzato il lievito aperto la scorsa domenica per la mini cotta di prova del luppolo selvatico, e invece delle classiche due bustine, per un totale di 23 grammi, ne utilizziamo 14 grammi. Secondo il programma online, che potete trovare all'indirizzo http://www.mrmalty.com/calc/calc.html, il numero esatto di grammi era 17.


Il metodo è sempre lo stesso, un pentolino con acqua a bollire per sterilizzarla, raffreddamento a 25 °C, versamento fino a metà di due bicchieri, inserimento dei granuli per la reidratazione, molto lentamente per evitare di creare grumi, copertura dei bicchieri e dopo 15 minuti inserimento di un grammo di zucchero per bicchiere, nuovamente mescolamento bene per sciogliere lo zucchero e poi nuovamente coperti con la pellicola. Di solito in mezz'ora si crea una bella schiuma compatta, che segnala l'avvenuta reidratazione e attivazione delle cellule del lievito.


Intanto continuano le gittate a 30 minuti e 15 minuti, e insieme a 15 minuti inseriamo la serpentina che ci servirà per il raffreddamento.


Nonostante la sacca non ce problemi nell'inserire la serpentina e terminiamo con le ultime gittate a 5 minuti, un pò più consistenti, esclusivamente per l'aroma.
Terminati i 90 minuti spegniamo e strizziamo i luppoli, un pò come la sacca per i grani. Inseriamo un tubo della serpentina al rubinetto e l'altro nel bidone, per recuperare l'acqua che servirà per la pulizia di tutto il materiale e poi per bagnare il giardino. Come l'altra volta, per velocizzare il raffreddamento, quando la temperatura arriva a 50°C, inseriamo 6 bottigliette congelate.


Con questo metodo abbiamo abbattuto del 60% il tempo necessario al raffreddamento, ma 30 minuti rimangono comunque ancora molti, rispetto a quello che riusciamo a fare in inverno quando l'acqua del rubinetto raggiunge i 2 - 3°C e porta la temperatura da 100°C a 20°C in 10 minuti.
Raggiunti i 21°C leviamo le bottigliette e cominciamo la fase finale.


Prima di versare il mosto nel fermentatore, facciamo il mulinello, per concentrare le farine al centro del fondo, e lasciamo il mosto a riposo una decina di minuti con il coperchio. Quando il mosto termina la sua rotazione apriamo parzialmente il rubinetto e per caduta il mosto nel fermentatore.


Il mosto è bello limpido, sia il colore che il profumo ci soddisfano. Preleviamo un campione per la misura della densità finale, 1050. Ci sembra che ci sia più mosto del solito e aver raggiunto una densità così alta, con un chilo in meno di grani ci fa pensare ad una ottima efficienza. Alla fine abbiamo 27 litri di mosto nel fermentatore e due litri di thrub, che porta il totale dei litri dopo bollitura a 29.


A metà del fermentatore versiamo il primo bicchiere di lievito e l'altro lo inseriamo alla fine. Prima di chiudere, azioniamo per una decina di minuti l'aeratore, per aumentare la percentuale di ossigeno all'interno del mosto, per aiutare la moltiplicazione delle cellule del lievito.
La giornata volge al termine, il tempo necessario per chiedere il fermentatore e portarlo giù in cantina, nella cella climatica, e ora non resta che aspettare che parta la prima fase tumultuosa di trasformazione degli zuccheri in alcool.
Siamo esausti ma sereni, convinti di aver svolto, anche questa volta, al meglio le attività per la creazione di questa nuova birra.
In questa settimana spero di riuscire a pubblicare anche l'articolo sul luppolo selvatico, ma questa è un'altra storia.


lunedì 29 settembre 2014

Una Brown con luppolo selvatico PallaRE

Finalmente proviamo a trasformare il tempo dedicato alla raccolta, essiccazione e confezionamento, del luppolo autoctono, in qualcosa di concreto.
Così abbiamo fatto la prima birra con l'utilizzo di solo luppolo selvatico. Abbiamo scelto di farne un quantitativo minimo, per testare a pieno tutti i tipi raccolti e poi, se i risultati saranno soddisfacenti, individuare la zona dove concentreremo gli sforzi il prossimo anno. La pentola utilizzata è la vecchia cara pentola da kit, che abbiamo usato il primo anno per produrre le nostre birre in lattina, una pentola da 13 litri, in alluminio dalle pareti spesse. Naturalmente non c'è rubinetto, e sinceramente non ci è sembrato così vitale mettercene uno, e così non abbiamo usato neanche la pompa, ma mescolato spesso e alla fine vuotato il contenuto direttamente nel fermentatore, alla faccia dei fondi e delle farine.
Questa volta non ci siamo potuti preparare adeguatamente i giorni prima, perchè dedicati soprattutto alle operazioni di essiccazione e confezionamento degli ultimi luppoli raccolti, ma anche al travaso della Kashmir, la ambrata amara fatta l'altra domenica che ha evidenziato un ottimo livello di amaro, come ci piace, e una attenuazione in linea con la temperatura di mash, per ottenere una birra più corposa, attestandosi intorno a 1018. Ma anche per una piccola festa intima, nella serata di sabato, naturalmente a base di pizza e birra, che ci ha tenuti occupati fino a tardi notte, e che non ci ha aiutati a svegliarci presto. E quindi abbiamo dovuto preparare tutto la mattina di domenica.
Visto l'assenza di rubinetto e pompa la preparazione della pentola è stata rapida, l'acqua utilizzata è stata un pò di quella della fonte avanzata l'altra domenica e un pò del rubinetto, senza tante paranoie e nell'assoluta serenità di creare qualcosa di unico. 


Nonostante le dimensioni della pentola abbiamo usato lo stesso il fornellone, ma sarebbe stato meglio utilizzare i fornelli della cucina, troppo potente, e alla fine abbiamo un pò bruciacchiato i bordi  della sacca utilizzata, bisognerà crearne una su misura più adatta per le piccole dimensioni, anche se comunque questa ha fatto egregiamente il suo lavoro.
Una volta montato il banco siamo passati alla macinatura, certo che macinare 2 chili di grani si fa indubbiamente molto prima.


Non è stato solo più veloce macinare i grani, ma anche portare l'acqua a 63°C, un attimo. Abbiamo misurato il pH dell'acqua e inserito il mezzo limone, alla fine prima di inserire i grani avevamo un pH intorno a 6,80.


La temperatura è leggermente scesa, ma trattandosi di un volume così basso di grani, l'abbassamento è stato di poco, scendendo di mezzo grado circa.


Abbiamo deciso di effettuare un mash per un tipo di birra mediamente secca, che esalti le caratteristiche del luppolo selvatico, quindi sosta a 63°C per 35 minuti più una seconda sosta a 72°C per 15 minuti.
La caratteristica principale di questa birra è l'utilizzo di una piccola percentuale di Carafa III, un malto tostato che apporta pochi aromi particolari, ma soprattutto conferisce colore, classico delle birre marroni o brown.
La ricetta è semplice creata nel tentativo di esaltare l'amaro e l'aroma del nostro luppolo autoctono.

PallaRE Brown ALL Grain BIAB
Minuti ammostamento :50
Litri in pentola :11
Litri in fermentatore :10
Efficienza :82 %
OG :1050
ABV :4.9 %
Plato :12.4
IBU :31.3
BU/GU :0.63
EBC : 20

Malti e Fermentabili
Pale 1750 gr 85 %
CaraPils 150 gr 7 %
Fiocchi di Orzo 100 gr 5 %
Carafa III 50 gr 2 %
Totale 2050 gr

Luppoli
Pallare 20 gr 60 min
Pallare 20 gr 15 min
Pallare 20 gr 5 min
Pallare 10 gr 0 min
Totale 70 gr

Lieviti
SafAle US 05 8 gr

Profilo Mash
Beta-amilasi 63 °C 35 min
Alpha-amilasi 72 °C 15 min

Anche la scelta del lievito, l'US-05 della Fermentis, un lievito neutro, è stato scelto per lo stesso motivo, modificare il meno possibile il sapore del luppolo selvatico. Durante la fase di beta amilasi è stato ricontrollato il pH 5,60.
Dopo la sosta a 72 °C abbiamo tirato su la sacca e strizzato velocemente la sacca, in pentola ci sono rimasti 10 litri e una densità di 1052. Naturalmente essendo una cotta concentrata, la densità risulta più alta di quella finale, perchè alla fine sarà aggiunta acqua nel fermentatore.


Andiamo verso la bollitura, siamo pronti per il momento topico, che abbiamo atteso praticamente dall'anno scorso, quando abbiamo cominciato a pensare al luppolo selvatico, che invade le nostre colline, le gittate del luppolo.


Questo è il sacchetto sottovuoto del luppolo utilizzato, confezionato qualche giorno fa, dopo aver fatto essiccare fino a perdere circa l'80% dell'acqua presente all'interno dei coni. E' stato scelto il luppolo raccolto vicino al fiume, dalle buone caratteristiche di amaro, dall'assaggio che avevamo fatto sui coni direttamente in loco. Anche la quantità di luppolina è buona, dalla resina che è rimasta attaccata alle dita. La quantità decisa è una via di mezzo, un compromesso tra me ed Andrea, dove io avrei osato qualche grammo in più, ma giustamente Andrea non vuole rischiare la prima cotta, con un amaro eccessivo che andrebbe a coprire eventuali accenni di aroma.


Ecco qui la prima gittata all'inizio della bollitura, 20 grammi, inseriti in una calza e gettati nelle fauci del mosto marrone e torbido. Appena buttato, non abbiamo percepito alcun aroma salire o appena accennato, molto meno di quanto ci saremmo aspettati.


Qui mentre le calze con i luppoli selvatici bollono i mezzo alle onde di questa mare scuro.
Dopo l'ora di bollitura non ci resta che registrare qualche parametro importante come la quantità di mosto rimasto, che servirà per capire quanta acqua aggiungere, e la densità finale parziale del mosto concentrato. 8 litri per una densità di 1074. 


Estraiamo e strizziamo i luppoli


e per il raffreddamento utilizziamo il vecchio metodo del lavandino, come ai vecchi tempi dei kit. Lavandino pieno di acqua e ghiaccio per abbattere velocemente la temperatura.


Nel frattempo, anche se un pò in ritardo preparo il lievito, si vede il pentolino in raffreddamento prima di unire e mescolare bene il lievito.
Arrivati a 50 °C, e visto la presenza in freezer delle bottigliette utilizzate nella cotta precedente, decidiamo di velocizzare ulteriormente il raffreddamento inserendole nella pentola, naturalmente sanificate prima.


Intanto il fermentatore, il rubinetto e tutto il necessario, compreso il bicchiere per il lievito e la pallina porosa dell'aeratore è stato sanificato e pronto per essere utilizzati.


Ora non ci resta che versare il lievito e mescolare bene, e aspettare che si reidrati.


Sarà il ritardo con cui è stato preparato, o la temperatura dell'acqua utilizzata per la reidrazione più bassa invece che i classici 25°C, per una distrazione siamo arrivati a 20°C, o l'eccessivo quantità di acqua rispetto agli otto grammi utilizzati, ma questa volta il lievito non ha schiumato, neanche dopo l'aggiunta del mezzo grammo di zucchero.


Una volta raffreddato il mosto è stato versato nel fermentatore,  e acceso l'aeratore per aumentare il livello di ossigeno, è abbiamo versato gli ulteriori 4 litri di acqua per arrivare a 10 litri stabili dalla ricetta. Abbiamo preso un campione per misurare la densità finale, e rimaniamo stupiti 1050, decisamente buona l'estrazione che ha portato l'efficienza alle stelle 82%, un livello che con la pentola più grande non siamo ancora riusciti ancora a raggiungere. Dopo tre quarti d'ora, anche se il lievito non aveva schiumato lo abbiamo versato lo stesso. 


Una bella mescolata, e chiusura del coperchio. Prima di portare il fermentatore in cantina, abbiamo doverosamente assaggiato il campione in provetta. All'olfatto non si sentono aromi luppolati, ma un gran aroma di malto sopratutto il Carapils, la fa da padrona. Al gusto, inizialmente è molto dolce, il gusto del malto è forte, ma man mano che scende in gola si comincia a sentire il nostro luppolo selvatico, con quel gusto amaro non così devastante, presente ma non invadente. Staremo a sentire tra un tre mesi.
Non rimane che depositare il piccolo fermentatore insieme all'altro che contiene la Kashmir.

     
Stamattina cantava alla grande, segnalando che la fase di fermentazione tumultuosa era partita alla grande, portando la temperatura del mosto da 20°C, temperatura dell'inoculo del lievito, fino a 24°C, anche la schiuma presente in superficie denota l'avvenuta partenza della trasformazione degli zuccheri, in alcool.
Siamo contenti della bella esperienza, anche se è prematuro dare dei giudizi, su questo vicino invadente, che merita un articolo tutto per se, ne parleremo presto, ma questa è un'altra avventura


venerdì 26 settembre 2014

Una nuova avventura in BIAB, Kashmir Ambrata Amara.

Domenica abbiamo rinnovato il rito di brassare, questa volta abbiamo rivisitato la nostra prima dello scorso anno, uguale negli ingredienti e nei quantitativi, ma modificata per la temperatura di mash. Ricordo come fosse ora, tutte le sensazioni ed emozioni che lo scorso anno ci avevano tenuto compagnia nella produzione della nostra prima birra in BIAB, quante dubbi, paure ed incognite sul nostro mini impianto.
Questa volta replichiamo con il nostro impianto ormai collaudato, che conosciamo molto bene.
La modifica ha riguardato la temperatura di mash, abbiamo deciso di cuocere i nostri grani ad una temperatura più alta, rispetto all'originale. La decisione è maturata anche perchè la Raj, appena fatta, è venuta troppo secca e alcolica, e abbiamo portato la temperatura da 63°C a 68°C.
Dalla temperatura di mash, dipende la produzione di birre o più secche, con temperature che vanno da 55°C a 66°C dove si producono zuccheri più fermentabili come il maltosio, o invece più corpose con temperature che vanno da 67°C a 75°C con la produzione di zuccheri meno fermentabili come il destrosio.
Come sempre abbiamo iniziato a preparare il tutto il giorno prima, il fornellone, la pentola, la pompa, il termometro e versato l'acqua.


Abbiamo anche macinato i grani, questa volta utilizzando un trapano per velocizzare le operazioni, ma abbiamo avuto paura che girando troppo velocemente, scaldasse eccessivamente i chicchi, e provando ad abbassare  la velocità, tendeva a bloccarsi la rotazione, indubbiamente da migliorare, utilizzando magari un motore dedicato, ma per il quantitativo che facciamo, non è così importante.


Questa volta, visto la presenza di molti chicchi integri nella scorsa cotta, ho deciso di avvicinare i rulli del mulino portandoli ad una posizione intermedia tra la prima e la seconda tacca, e abbiamo notato che non c'è traccia di chicchi interi. Certo che questo comporterà un aumento delle farine, ma vedremo se l'estrazione sarà migliore.


La scorsa settimana, siamo stati  un pò distratti, dall'attenzione dedicata al luppolo autoctono, e la possibilità di inserirlo nella cotta. Prima però di utilizzarlo abbiamo fatto qualche prova comparativa, avevamo del Cascade aperto, e abbiamo fatto una tisana sia con il selvatico, che con il domestico.
Naturalmente la differenza tra uno fresco e l'altro essiccato, ci ha costretti ad usare un quantità inferiore del domestico rispetto al selvatico, l'essiccato ha un peso inferiore di circa 80% e quindi abbiamo fatto i due decotti, uno con 10 grammi di selvatico, e l'altro con 2 grammi di domestico. I parametri uguali sono: 100 ml di acqua e 5 grammi di zucchero per aumentare l'estrazione, entrambi fatti bollire per 10 minuti e lasciati in infusione per 10 minuti.
Non ci saremmo aspettati, un tale risultato. Prossimamente cercherò di scrivere un articolo sull'esperienza di questi giorni, dove vedrò di farvi un riassunto, dove specificherò anche le diverse piante trovare, con le caratteristiche diverse, soprattutto di dimensioni, e il problema principale, la raccolta. Essendo rampicanti, i coni più belli si trovano in zone alte, arrampicati in cima alle piante ospiti, impossibili da raggiungere senza un mezzo adeguato.


La concentrazione degli alfa acidi del Cascade lo conoscevamo da quanto riportato dalla confezione 7,7, e ci aspettavamo qualche gusto particolare, visto che è uno dei luppoli principi per aromatizzare le birre americane, soprattutto per il suo aroma agrumato. Ma invece, la differenza principale è stato l'amaro, dove il Cascade è risultato più amaro, ma non ci aspettavamo un aroma particolare dal selvatico, che invece ha rivelato una specie di aroma pepato, che ci ha stupiti. Per l'amaro abbiamo dovuto stimarlo, non avendolo fatto analizzare da un laboratorio, è abbiamo deciso di fissare la concentrazione degli alfa acidi intorno ai 3 - 4, non di più, e de probabile che con un tenore così basso, sarà poi difficile che rilasci tanto aroma nel mosto. Dalla foto potete vedere la differenza di colore, il Cascade in giallo ed invece il selvatico è di uno splendido color rubino. Decidiamo alla fine di utilizzare 10 grammi di fresco a 30 minuti, sia per cercare di estrarre un pò di amaro, ma anche per carpire qualche sentore pepato. 
Come consuetudine la ricetta:

Kashmir ALL Grain BIAB
Minuti ammostamento :50
Litri in pentola :40
Litri in fermentatore :26
Efficienza :75 %
OG :1062
ABV :6.1 %
Plato :15.2
IBU :69.3
BU/GU :1.12
EBC : 24

Malti e Fermentabili
Maris Otter 6000 gr 85 %
Crystal 150L 700 gr 10 %
Barley, Flaked 400 gr 6 %
Totale 7100 gr

Luppoli
Target 35 gr 90 min
Pilgrim 9 gr 60 min
Cascade 25 gr 60 min
Goldings, East Kent 25 gr 30 min
Luppolo Autoctono 10 gr 30 min
Goldings, East Kent 25 gr 15 min
Fuggle 28 gr 10 min
Saaz 14 gr 5 min

Lieviti
SafAle English AleS-04 23 gr

Profilo Mash
Beta-amilasi 68 °C 35 min
Alpha-amilasi 72 °C 15 min

Prima di iniziare verifichiamo, visto che un pò che non controlliamo, il pH dell'acqua, 7,40, e come al solito versiamo il succo di un limone nella pentola e accediamo. Aspettiamo qualche minuto che si amalgami e rimisuriamo il pH che si attesta intorno a 6,80. Le temperature ambientali, sono ancora alte e non ci mettiamo molto ad arrivare a 68°C, versiamo le trebbie e diamo una bella mescolata. La temperatura scende fino a 64°C ma in pochi minuti ritorniamo a 68°C.
Sarà la doppia griglia posizionata come spargifiamma o il fatto che stacchiamo la pompa a fuoco spento, ma la temperatura rimane quasi costante per tutti i 35 minuti, abbiamo accedo una sola volta, un paio di minuti, quando la temperatura cominciava ad avvicinarsi ai 67°C. Ogni 5 minuti mescoliamo. L'acidità si è stabilizzato a pH 5,86, leggermente più alto del solito, ma con temperature più alte di mash gli enzimi di alfa amilasi, rispetto ai loro cugini di beta amilasi che prediligono pH più bassi fino a 5,5 - 5,6,  lavorano bene anche ad un pH più alto. Decidiamo di non aggiungere altro.


Il tempo passa veloce e dopo i 35 minuti a 68°C, passiamo a 72°C per altri 15 minuti. Quindi passiamo alla prova della tintura dello iodio, un momento sempre delicato.


Quel suo bel colore rossiccio marroncino ci indica che è tutto a posto,  possiamo tirare su la sacca. Quest'anno, non portiamo più la temperatura a 78°C, per il mash out, inutile visto che non facciamo alcun lavaggio delle trebbie, ma andiamo direttamente in bollitura con la sacca che sgocciola sopra alla pentola.


A causa della macinatura più fine, il mosto sembra più torbido, non ci preoccupiamo più di tanto, alla fine un pò rimarrà sul fondo della pentola, un pò insieme ai lieviti esausti sul fondo del fermentatore.


Intanto mentre Andrea strizza, prima sulla pentola e poi nella bacinella forata, io preparo le gittate di luppoli, compresa quella di autoctono fresco. In questa fase è importante, finito il recupero del mosto all'interno delle trebbie, misurare la densità e il litraggio preboil, che posso servire per eventuali correzioni e modifiche la ricetta originale.


Anche questa volta siamo riusciti a recuperare tantissimo mosto e alla fine avevamo 38 litri da 40 litri iniziali, e due litri lasciati all'interno di 7 chili di grani, sono davvero pochi. La densità è alta anche questa volta, più alta di quando ci aspettassimo, 1046, sicuramente la macinazione più fine a contribuito, e alla fine influirà anche sull'efficienza.


Come già l'altra volta stiamo usando i luppoli vicini alla scadenza o scaduti da poco e quindi certe scelte, soprattutto il Cascade per l'amaro, risulteranno un pò strane o fuori logica, ma dobbiamo levarci un pò di materiale prima di procedere con il nuovo ordine dei luppoli della nuova stagione di raccolta.


Qui le varie gittate in ordine di inserimento.


Da questa cotta, abbiamo eliminato le calze, ed utilizziamo una sacca grande, che avevo sempre preso da customBIAB, per metterci dentro i luppoli.


Assomiglia molto alla sacca che utilizziamo per i grani, ma questa semplicemente non ha la fettuccina per tirarla su. E' molto più comodo, sia all'inizio si prendono i bicchieri e si versano i luppoli, senza più il passaggio di metterli dentro alla calza e legarli, e alla fine basta tirare su, dare una bella strizzata, vuotare il sacco e darci un lavata con acqua e candeggina.
Così rispettando la tabella, iniziamo con il Target e via via tutti gli altri, agli intervalli prestabiliti. Gettando il luppolo così libero, abbiamo avuto la possibilità di notare  la presenza di semi. Chissà quante altre volte sarà accaduto, ma nelle calze è impossibile vederlo, questa volta è stato il Cascade, ha rilasciare una marea di semi.


Vi garantisco che il luppolo autoctono, non lo avevamo ancora inserito. Su internet, nei forum, e tra noi appassionati, la presenza di semi all'interno dei coni evidenzia l'avvenuta fecondazione da parte del polline maschio, e quindi una attenuazione della quantità di polline e quindi della qualità della luppolina. Spesso capita che parlando di luppolo autoctono o selvatico, sia disprezzato perchè sia quasi inevitabile che rimanga fecondato, e che alla fine produca meno luppolina e di qualità scadente. Il fatto che in un luppolo pregiato, acquistato, denota che poi non è così difficile che anche luppoli selezionati, coltivati con passione, molte attenzioni e cure, finisca poi per essere impollinato. Secondo me è impossibile che il luppolo, anche se rigorosamente protetto e controllato, non rimanga fecondato e sfugga alle leggi della natura. Il luppolo è una pianta infestate, cresce ovunque, anche se predilige zone umide vicino a fiumi e terreni drenanti, appunto come i letti sabbiosi e freschi, in poche parole piedi al fresco e testa al caldo, e de quindi impossibile che nella vicinanze di qualche impianto non siano presenti piante maschili o addirittura alcune piante in coltivazioni risultino poi maschi. Anche se scientificamente non è ritenuto possibile, perchè sono due piante distinte, ho potuto vedere con i miei occhi, piante che sembravano maschi e poi invece hanno prodotto coni. In Germania, per la coltivazione del Hallertau, garantiscono che estirpano tutte le piante maschili nel giro di decine di chilometri dai campi. Ma alla fine, non mi scandalizzerei più di tanto, se nei nostri amati luppoli ci sia la presenza di qualche seme, e che sarà mai! Bisogna secondo me essere più fatalisti, non stiamo creando una centrale nucleare o una medicina vitale, semplicemente stiamo facendo birra, e se non sarà proprio aromatica come pensavamo, pazienza, state pur certi che non andrà certo buttata!
Ritorniamo alla cotta. A 30 minuti il momento clou, del pomeriggio italiano, la gittata del luppolo selvatico.


La differenza principale che salta all'occhio e quel bel verde intenso che ci risulta negato dal nostro luppolo domestico essiccato, anche l'occhio vuole la sua parte. Non abbiamo sentito alcun profumo particolare, al momento dell'inserimento, neanche il tanto odiato erbaceo che qualcuno fomenta dalle righe di blog e forum.
Siano in dirittura di arrivo, i 90 minuti sono terminati e si passa al raffreddamento. Ricordatevi,  per chi usa la serpentina, di metterla qualche minuto durante la fase di bollitura per sterilizzarla.


In parallelo, durante questa fase si prepara il lievito, ci vuole una trentina di minuti prima di reidratarsi, ma vi giuro che non ho mai usato il cronometro. Prima di inserire il tubo della serpentina nel rubinetto per il raffreddamento, versiamo un pò d'acqua in un pentolino, portiamo in ebollizione, per sterilizzare l'acqua, si raffredda fino a 25°C e poi la versiamo nei bicchieri, e poi mettiamo a pioggia il lievito, mescolando. Lasciamo riposare una quindicina di minuti, ricordatevi di coprire i bicchieri con una pellicola trasparente, e aggiungiamo un grammo di zucchero, mescolando bene. Utilizziamo sempre un pò più di lievito del necessario, over pitching, riteniamo che così ci siamo più cellule di lievito e inizino prima la fermentazione, lavorando più zuccheri contemporaneamente e finisca più velocemente il processo. Potete utilizzare questo soft on line http://www.mrmalty.com/calc/calc.html, dove si può avere con buona approssimazione della quantità necessarie, a secondo dei parametri fondamentali, stile, densità e litri.


Questa volta abbiamo apportato una modifica al sistema di raffreddamento, visto che ultimamente ci mettiamo troppo tempo per raffreddare il mosto. Così abbiamo congelato alcune bottigliette di acqua e poi inserite nel mosto. In pratica abbiamo iniziato la normale fase di raffreddamento, con la sola serpentina che riesce bene a raggiunge velocemente una temperatura di 50°C, lo zoccolo duro rimane abbassare ulteriormente velocemente la temperatura. E qui abbiamo inserito le bottigliette, accelerando il raffreddamento.

 
Naturalmente le bottigliette sono state sanificate prima di essere inserite nel mosto. La discesa è stata piuttosto rapida, visto che dove prima, con il normale metodo della serpentina ci mettevamo anche un'ora e mezza, questa volta abbiamo portato la temperatura a 20°C in mezz'ora. L'inserimento di altre bottiglie potrebbe ulteriormente diminuire il tempo.
Siamo ormai alla fine e quasi pronti ad aprire il rubinetto e cominciare a versare il mosto nel fermentatore precedentemente sanificato, manca solo un bel mulinello per cercare di concentrare le farine al centro e poi farle precipitare sul fondo e attendere qualche minuto che si fermi la rotazione.
Adesso ci siamo, e con una apertura parziale e un getto sottile, per non smuovere e trascinare il fondo, cominciamo a versare nel fermentatore.


C'è un gran profumo, il colore è splendido, e il mosto risulta limpido, come sempre. Prelevo un pò di mosto per verificare la densità finale 1062, e cogliamo l'occasione per darci un'assaggiata. Diciamo subito che al profumo la fanno da padrone gli aromi caramellati del crystal, che riteniamo uno dei migliori malti, e poco avvertibile l'aroma del luppolo.
Al gusto è immediato il dolciastro dei malti, e favoloso il gusto caramellato che lascia in bocca, anche l'amaro è intenso e piacevole man mano che scende in gola. Sarà la suggestione, ma ci è sembrato di percepire un leggero pepato in retrogusto, non pensiamo che 10 grammi di luppolo fresco abbiano potuto rilasciare così tanto aroma, ma aspettiamo di assaporare questa splendida birra, tra qualche mese prima di dare un giudizio definitivo.


Ora il lievito è pronto e quando il livello nel fermentatore e arrivato a metà abbiamo versato il primo bicchiere. Preferiamo aggiungere il primo bicchiere di lievito mentre il mosto cade nel fermentatore, in un ambiente che si sta creando e dove il livello di ossigeno continua a crescere man mano che il mosto cade, l'altro lo versiamo alla fine. Ultimo passaggio è l'ossigenazione che facciamo inserendo una pietra porosa collegata ad un aeratore per acquario, per una decina di minuti.


Alla fine non ci resta che chiudere il coperchio e portare il fermentatore in cantina, nella cella climatica e aspettare che i lieviti facciamo il loro lavoro.
Non avendo più il fermentatore in casa, non abbiamo la possibilità di monitorare da vicino l'inizio della fermentazione e la prima fase tumultuosa, ma il giorno dopo tutto era partito e la fase tumultuosa era in piena attività portando la temperatura a 24°C.


La schiuma arrivava quasi al coperchio , attività in pieno svolgimento.
Mercoledì, la fase tumultuosa era già finita, e il gorgogliatore sonnecchiava borbottando lentamente. La temperatura è scesa a 22°C.


Sul fondo era già visibile uno strato di lieviti esausti, che hanno lavorato sodo nelle prime 48 h, ora inizia la fase di trasformazione degli zuccheri meno fermentabili.
Ad oggi pomeriggio, il liquido nel gorgogliatore era ancora in pressione e fuoriusciva ancora CO² denotando una continua produzione di anidrida carbonica.
Domani, dopo sei giorni, non ci rimane che passare alla fase due, il travaso, ma questa è un'altra storia.

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