lunedì 29 settembre 2014

Una Brown con luppolo selvatico PallaRE

Finalmente proviamo a trasformare il tempo dedicato alla raccolta, essiccazione e confezionamento, del luppolo autoctono, in qualcosa di concreto.
Così abbiamo fatto la prima birra con l'utilizzo di solo luppolo selvatico. Abbiamo scelto di farne un quantitativo minimo, per testare a pieno tutti i tipi raccolti e poi, se i risultati saranno soddisfacenti, individuare la zona dove concentreremo gli sforzi il prossimo anno. La pentola utilizzata è la vecchia cara pentola da kit, che abbiamo usato il primo anno per produrre le nostre birre in lattina, una pentola da 13 litri, in alluminio dalle pareti spesse. Naturalmente non c'è rubinetto, e sinceramente non ci è sembrato così vitale mettercene uno, e così non abbiamo usato neanche la pompa, ma mescolato spesso e alla fine vuotato il contenuto direttamente nel fermentatore, alla faccia dei fondi e delle farine.
Questa volta non ci siamo potuti preparare adeguatamente i giorni prima, perchè dedicati soprattutto alle operazioni di essiccazione e confezionamento degli ultimi luppoli raccolti, ma anche al travaso della Kashmir, la ambrata amara fatta l'altra domenica che ha evidenziato un ottimo livello di amaro, come ci piace, e una attenuazione in linea con la temperatura di mash, per ottenere una birra più corposa, attestandosi intorno a 1018. Ma anche per una piccola festa intima, nella serata di sabato, naturalmente a base di pizza e birra, che ci ha tenuti occupati fino a tardi notte, e che non ci ha aiutati a svegliarci presto. E quindi abbiamo dovuto preparare tutto la mattina di domenica.
Visto l'assenza di rubinetto e pompa la preparazione della pentola è stata rapida, l'acqua utilizzata è stata un pò di quella della fonte avanzata l'altra domenica e un pò del rubinetto, senza tante paranoie e nell'assoluta serenità di creare qualcosa di unico. 


Nonostante le dimensioni della pentola abbiamo usato lo stesso il fornellone, ma sarebbe stato meglio utilizzare i fornelli della cucina, troppo potente, e alla fine abbiamo un pò bruciacchiato i bordi  della sacca utilizzata, bisognerà crearne una su misura più adatta per le piccole dimensioni, anche se comunque questa ha fatto egregiamente il suo lavoro.
Una volta montato il banco siamo passati alla macinatura, certo che macinare 2 chili di grani si fa indubbiamente molto prima.


Non è stato solo più veloce macinare i grani, ma anche portare l'acqua a 63°C, un attimo. Abbiamo misurato il pH dell'acqua e inserito il mezzo limone, alla fine prima di inserire i grani avevamo un pH intorno a 6,80.


La temperatura è leggermente scesa, ma trattandosi di un volume così basso di grani, l'abbassamento è stato di poco, scendendo di mezzo grado circa.


Abbiamo deciso di effettuare un mash per un tipo di birra mediamente secca, che esalti le caratteristiche del luppolo selvatico, quindi sosta a 63°C per 35 minuti più una seconda sosta a 72°C per 15 minuti.
La caratteristica principale di questa birra è l'utilizzo di una piccola percentuale di Carafa III, un malto tostato che apporta pochi aromi particolari, ma soprattutto conferisce colore, classico delle birre marroni o brown.
La ricetta è semplice creata nel tentativo di esaltare l'amaro e l'aroma del nostro luppolo autoctono.

PallaRE Brown ALL Grain BIAB
Minuti ammostamento :50
Litri in pentola :11
Litri in fermentatore :10
Efficienza :82 %
OG :1050
ABV :4.9 %
Plato :12.4
IBU :31.3
BU/GU :0.63
EBC : 20

Malti e Fermentabili
Pale 1750 gr 85 %
CaraPils 150 gr 7 %
Fiocchi di Orzo 100 gr 5 %
Carafa III 50 gr 2 %
Totale 2050 gr

Luppoli
Pallare 20 gr 60 min
Pallare 20 gr 15 min
Pallare 20 gr 5 min
Pallare 10 gr 0 min
Totale 70 gr

Lieviti
SafAle US 05 8 gr

Profilo Mash
Beta-amilasi 63 °C 35 min
Alpha-amilasi 72 °C 15 min

Anche la scelta del lievito, l'US-05 della Fermentis, un lievito neutro, è stato scelto per lo stesso motivo, modificare il meno possibile il sapore del luppolo selvatico. Durante la fase di beta amilasi è stato ricontrollato il pH 5,60.
Dopo la sosta a 72 °C abbiamo tirato su la sacca e strizzato velocemente la sacca, in pentola ci sono rimasti 10 litri e una densità di 1052. Naturalmente essendo una cotta concentrata, la densità risulta più alta di quella finale, perchè alla fine sarà aggiunta acqua nel fermentatore.


Andiamo verso la bollitura, siamo pronti per il momento topico, che abbiamo atteso praticamente dall'anno scorso, quando abbiamo cominciato a pensare al luppolo selvatico, che invade le nostre colline, le gittate del luppolo.


Questo è il sacchetto sottovuoto del luppolo utilizzato, confezionato qualche giorno fa, dopo aver fatto essiccare fino a perdere circa l'80% dell'acqua presente all'interno dei coni. E' stato scelto il luppolo raccolto vicino al fiume, dalle buone caratteristiche di amaro, dall'assaggio che avevamo fatto sui coni direttamente in loco. Anche la quantità di luppolina è buona, dalla resina che è rimasta attaccata alle dita. La quantità decisa è una via di mezzo, un compromesso tra me ed Andrea, dove io avrei osato qualche grammo in più, ma giustamente Andrea non vuole rischiare la prima cotta, con un amaro eccessivo che andrebbe a coprire eventuali accenni di aroma.


Ecco qui la prima gittata all'inizio della bollitura, 20 grammi, inseriti in una calza e gettati nelle fauci del mosto marrone e torbido. Appena buttato, non abbiamo percepito alcun aroma salire o appena accennato, molto meno di quanto ci saremmo aspettati.


Qui mentre le calze con i luppoli selvatici bollono i mezzo alle onde di questa mare scuro.
Dopo l'ora di bollitura non ci resta che registrare qualche parametro importante come la quantità di mosto rimasto, che servirà per capire quanta acqua aggiungere, e la densità finale parziale del mosto concentrato. 8 litri per una densità di 1074. 


Estraiamo e strizziamo i luppoli


e per il raffreddamento utilizziamo il vecchio metodo del lavandino, come ai vecchi tempi dei kit. Lavandino pieno di acqua e ghiaccio per abbattere velocemente la temperatura.


Nel frattempo, anche se un pò in ritardo preparo il lievito, si vede il pentolino in raffreddamento prima di unire e mescolare bene il lievito.
Arrivati a 50 °C, e visto la presenza in freezer delle bottigliette utilizzate nella cotta precedente, decidiamo di velocizzare ulteriormente il raffreddamento inserendole nella pentola, naturalmente sanificate prima.


Intanto il fermentatore, il rubinetto e tutto il necessario, compreso il bicchiere per il lievito e la pallina porosa dell'aeratore è stato sanificato e pronto per essere utilizzati.


Ora non ci resta che versare il lievito e mescolare bene, e aspettare che si reidrati.


Sarà il ritardo con cui è stato preparato, o la temperatura dell'acqua utilizzata per la reidrazione più bassa invece che i classici 25°C, per una distrazione siamo arrivati a 20°C, o l'eccessivo quantità di acqua rispetto agli otto grammi utilizzati, ma questa volta il lievito non ha schiumato, neanche dopo l'aggiunta del mezzo grammo di zucchero.


Una volta raffreddato il mosto è stato versato nel fermentatore,  e acceso l'aeratore per aumentare il livello di ossigeno, è abbiamo versato gli ulteriori 4 litri di acqua per arrivare a 10 litri stabili dalla ricetta. Abbiamo preso un campione per misurare la densità finale, e rimaniamo stupiti 1050, decisamente buona l'estrazione che ha portato l'efficienza alle stelle 82%, un livello che con la pentola più grande non siamo ancora riusciti ancora a raggiungere. Dopo tre quarti d'ora, anche se il lievito non aveva schiumato lo abbiamo versato lo stesso. 


Una bella mescolata, e chiusura del coperchio. Prima di portare il fermentatore in cantina, abbiamo doverosamente assaggiato il campione in provetta. All'olfatto non si sentono aromi luppolati, ma un gran aroma di malto sopratutto il Carapils, la fa da padrona. Al gusto, inizialmente è molto dolce, il gusto del malto è forte, ma man mano che scende in gola si comincia a sentire il nostro luppolo selvatico, con quel gusto amaro non così devastante, presente ma non invadente. Staremo a sentire tra un tre mesi.
Non rimane che depositare il piccolo fermentatore insieme all'altro che contiene la Kashmir.

     
Stamattina cantava alla grande, segnalando che la fase di fermentazione tumultuosa era partita alla grande, portando la temperatura del mosto da 20°C, temperatura dell'inoculo del lievito, fino a 24°C, anche la schiuma presente in superficie denota l'avvenuta partenza della trasformazione degli zuccheri, in alcool.
Siamo contenti della bella esperienza, anche se è prematuro dare dei giudizi, su questo vicino invadente, che merita un articolo tutto per se, ne parleremo presto, ma questa è un'altra avventura


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