venerdì 2 giugno 2017

American Pale Ale in All Grain Classico

Dopo il post del ritorno, che consideriamo un numero zero, siamo di nuovo insieme per raccontarvi una nuova storia. 
È passato quasi un anno da quando abbiamo brasato l'ultima cotta, la Liberty, la stout che ci aveva liberato dagli ultimi rimasugli di grani e luppoli di un ordine pantagruelico. 
Chi ci conosce sa di cosa sto parlando, per tutti i nuovi vi basti sapere che con quel ordine abbiamo fatto birra per due anni, circa 700 litri, con tutti i limiti di una follia del genere. Ormai acqua passata, per fortuna. Lezione imparata. Già da questo ultimo ordine abbiamo deciso di creare prima le ricette e poi acquistare i malti, luppoli e lieviti necessari per le successive 3 cotte e nulla più.
Prima di iniziare questa nuova storia vi voglio rendere partecipi delle prossime iniziative del Signormalto. Lo faccio ad inizio del post per tutti gli Amici che sono un pò allergici alle lunghe letture e che se fossero inserite a fondo pagina sarebbero lette da pochi intimi. 
Il primo progetto pronto a decollare (eseguito il 27 maggio ndr) è un laboratorio homebrewing gratuito da realizzarsi presso il nostro garage/birrificio aperto a tutti. Abbiamo già qualche adesione. Essendo il primo preferiamo mantenere basso il numero di partecipante, per tastare le nostre capacità di interagire con i partecipanti e conoscere i nostri limiti. Il laboratorio prevede una prima parte teorica, molto sintetica, diciamo una semplice introduzione al mondo della birra casalinga, con le nozioni base ingredienti, attrezzatura, e le fasi della cotta. Avremo comunque modo durante le pause tra le fasi di approfondire gli argomenti più importanti. Per la parte pratica effettueremo una cotta semplice con il sistema all grain 3 tini. 
L'impianto utilizzato per il laboratorio All Grain
Naturalmente il tutto sarà impostato sul nostro modo di fare birra, tutto molto semplice con poca attrezzatura ma tanta passione. 
Pensiamo di accettare fino ad un massimo di 4 partecipanti. Sarà un esperimento. Se tutto andrà bene potremo la prossima volta aumentare il numero. Tutto si realizzerà in un giorno. Non è previsto ulteriori laboratori per le fasi di travaso e l'imbottigliamento. 
Durante la cotta è previsto un buffet a base di pizza e focaccia innondati da fiumi di birra ..... quella rimasta ;) 
Naturalmente del laboratorio sarà fatto un video diviso in più parti, per la gioia degli amici che ci seguono su YouTube.
Il secondo progetto ormai pronto e che vi illustrerò presto, è una rassegna fotografica. Visto i problemi nel gestire un concorso, abbiamo deciso di prendere una scorciatoia, e proporre le foto in una veste semplice come in una mostra. Le foto naturalmente le dovrete inviarle voi. Ne parleremo molto presto in un post dedicato dove avrete tutte le informazioni.
E' giunto il momento di iniziare a raccontarvi questa nuova avventura, dal gusto un po' classico visto che si tratta dell'ennesima versione del nostro cavallo di battaglia, la ottava versione della Oro, la American Pale Ale.
La versione 7
Sinceramente questi mesi passati nella più assoluta disintossicazione dal mondo informatico della birra non mi sono dispiaciuti. 
Mi hanno permesso di riflettere molto sul mio ruolo. Bisogna essere obbiettivi, i padri devono fare i padri e non gli amici.
La passione è la responsabile di tutto questo. Così mi sono ritrovato ad agire in prima persona quando invece sarebbe stato meglio stare un po' più in disparte. 
Tutto questo discorso per introdurre una nuova era del Signormalto, dove la preparazione, la creazione e la realizzazione ha visto un unico artefice, Andrea. Io rimarrò confinato nella realizzazione dei post e dei video.
Questa volta la mia presenza è stata discreta, al limite del menefreghismo.
Infatti tutte le fasi di preparazione, dalla ricetta al prelevamento dell'acqua alla fonte e la sistemazione delle pentole e dell'attrezzatura son state fatte da Andrea. Io mi sono limitato a dare un supporto per il montaggio dei rubinetti.
Prima di iniziare la cronaca vediamo insieme la ricetta.

Oro VIII All Grain
Lt mash :22
Lt sparge:22
OG preboil:1033
Min bollitura:60
Litri in fermentatore :25
OG :1052
ABV :6 %
Plato :13
IBU :41.8
BU/GU :0.8
EBC : 4

Malti e Fermentabili
Pale Ale 5000 gr 93 %
Fiocchi di Orzo 300 gr 5 %
Biscuit 100 gr 2 %
Totale 5400 gr

Luppoli
Columbus (AA 15.5) 20 gr 30 min Pellet
Mandarina Bavaria (AA 7.9) 20 gr 20 min Pellet
Pacifica (AA 5.6) 10 gr 15 min Coni
Pacifica (AA 5.6) 20 gr 10 min Coni
Pacifica (AA 5.6) 30 gr 5 min Coni
Chinnok Produzione Propria 50 gr 0 min Coni
Mandarina Bavaria (AA 7.9) 80 gr Dry-Hop Pellet
Totale 230 gr

Lieviti
SafAle US 05 Dry 11.5 gr

Profilo Mash
Beta-amilasi 65 °C 45 min
Alpha-amilasi 72 °C 15 min
Mash Out 78 °C 15 min

Fermentazione 19°C

Rispetto alle altre versioni, la dose di malti speciali è stata abbassata ai minimi storici, lasciando la maggior parte della scena all'utilizzo per oltre il 90% del malto base Pale Ale.
Andrea mentre macina i grani
A proposito di Pale Ale, devo fare un ringraziamento pubblico all'Amico Andrea Bombato del gruppo Chat di Telegram "Automatismi per homebrewing" che ha avuto la divertentissima idea di creare un mix con spezzoni vocali dei video che postiamo su YouTube.  Bravissimo.
Veramente divertenti. 
Vi inserisco il link così vi potete fare un idea di cosa si tratta e perchè no condividere il link con amici.
Una più dance
https://www.youtube.com/watch?v=2kzFYo-dH6Y
L'altra più rap
https://www.youtube.com/watch?v=kRx-ioGb9iE&t=11s
Buon divertimento.
Dopo questo excursus torniamo alla ricetta.
Come sempre abbondante l'utilizzo di luppolo, che ha visto anche l'inserimento a 0 minuti del nostro luppolo raccolto lo scorso anno.
Rimane invariato l'utilizzo del US-05 lievito secco della Fermentis dal profilo pulito e neutro di chiaro stampo americano.
Per il mash invece siamo alle continue modifiche sia di tempo che temperatura, anche di un solo grado della prima fase di beta amilasi, mentre rimangono da tempo invariate le due fasi successive.
La pianificazione della cotta, ha seguito il solito e ormai consolidato percorso, con la raccolta dell'acqua, la macinazione dei grani, e la sistemazione di pentole e attrezzatura varia il giorno prima della cotta.
Anche qui abbiamo usato 22 litri di acqua per la fase di mash e 22 litri per la fase di sparge, e come sempre aggiunto il succo di un limone di media grandezza, diviso nelle due pentole. Questo per acidificare leggermente l'acqua e migliorare le condizioni di lavoro degli enzimi.
Nel tentativo, fallito, di fare una birra meno alcolica, abbiamo alterato il rapporto acqua/grani fino a 4 litri di acqua ogni chilo di grani, ma complice una buona efficienza, alla fine abbiamo ottenuto una gradazione di 6%.
Questa volta è toccato a me, arrivare a mash inoltrato, complice alcuni commissioni che dovevo svolgere. Un ottima scusa per delegare le prime fasi.
Andrea deve aver iniziato verso le 9, accendendo la pentola e arrivato a 65 gradi deve aver versato i grani e i fiocchi. Dopo i 45 minuti stabiliti e salito a 72°C per la fase di alfa amilasi per i restanti 15 minuti. 
E qui che ho fatto la mia comparsa. La mia presenza comunque si è limitata al minimo indispensabile.
Come al solito ci siamo dimenticati di verificare, con la prova dello iodio, l'avvenuta trasformazione degli amidi in zuccheri, ma dalla misura della densità non abbiamo avuto dubbi.
La simbiosi più importante rimane comunque la fase di sparge, dove la nostra tecnica rudimentale, prevede 4 mani. 
Fase di sparge
La tecnica prevede di versare un litro per volta di acqua a 78°C sopra ad un colino in acciaio inox a sua volta appoggiato sopra il mestolone per rompere il flusso.
Nonostante la tecnica non proprio ortodossa, abbiamo ottenuto buoni risultati.  
Sinceramente non sappiamo se i risultati positivi siano dovuti anche al sistema di filtraggio. L'utilizzo della sacca come sistema di filtraggio, al posto del più conosciuto e utilizzato sistema del filtro bazooka, ci permette di macinare molto più finemente i grani e così facilitare l'estrazione degli zuccheri.
Eliminazione Proteine in fase di preboil 
Terminato lo sparge siamo saliti verso la fase di bollitura. E qui come sempre, mano a mano che la temperatura sale, le proteine intrappolate nel mosto si separano e vengono a galla formando una schiuma che va dal marrone al grigio. Noi l'abbiamo sempre tolta con un colino, anche perchè abbiamo notato un miglioramento della limpidità della birra, eliminando in parte e a volte completamente, il fastidioso effetto dell'opacizzazione della birra, il famoso chill haze.  
Per la bollitura abbiamo mantenuto i canonici 60 minuti, ma i primi luppoli, per favorire l'aroma piuttosto che l'amaro, sono stati gettati a 30 minuti dalla fine.
Abbiamo utilizzato anche il nostro luppolo, di cui avete tutta la storia dettagliata, in vari post nel blog. Se avete seguito le fasi della raccolta sapete che per il groviglio creato durante la fase di crescita non è stato possibile separare le varietà. Così alla fine abbiamo messo tutto insieme. E proprio questo il miscuglio usato a 0 minuti, non essendo sicuri sulla percentuale di alfa acidi presenti nei nostri coni, ed aumentare ulteriormente l'aroma.
In questi periodi dell'anno dove le temperature esterne inevitabilmente crescono, diventa sempre più difficile raffreddare in un tempo ragionevole. La nostra semplice serpentina, che utilizza acqua del rubinetto stenta a portare l'acqua a 20°C e anche questa volta siamo stati costretti ad attendere un ora prima di poter riversare il mosto nel fermentatore.
Siamo alla fine
Una volta terminato il raffreddamento e prima di aprire il rubinetto per raccogliere il frutto di tanto lavoro all'interno del fermentatore, abbiamo effettuato il whirpoll o mulinello, con il semplice mestolo di plastica, ruotando il mosto al centro per innescare un vortice. Questo si esegue per concentrare tutte le impurità, i luppolo in coni, i residui di luppolo in pellet e eventuali farine superstiti alla fase di filtraggio, sul fondo della pentola.
20 minuti perchè tutto si depositi sul fondo della pentola e siamo pronti per aprire il rubinetto. Noi normalmente non lo apriamo completamente per evitare di creare un flusso che risucchi particelle dal fondo.
Questo è il momento dove prendiamo l'unico parametro che ci interessa, la densità iniziale o OG. E come ogni volta il momento tanto atteso per capire come è andato il lavoro.
-"Pa" 
-"Eee.." 
-"1052 beep!!" 
-"Ancora una volta una birra da 6 gradi, possibile che non riusciamo a fare una birra da 4 beep!!!" 
Questi sono i soliti commenti una volta letta la misura della densità.....
Nonostante aumentiamo la proporzione acqua-grani, invece di aumentare la diluizione, ci ritroviamo sempre con estrazioni maggiori, la prossima volta agiremo di conseguenza portando il rapporto a 5:1.
In questa fase versiamo il lievito direttamente sulla schiuma che si forma. Come molte volte ripetuto, riteniamo che non sia necessario la fase di reidratazione del lievito, e sia sufficiente versarlo direttamente nel mosto. Versandolo a più riprese permettiamo anche che si reidrati da solo iniziando fin da subito, nella schiuma ricca di ossigeno, la fase di moltiplicazione. 
Il lievito che si sta reidratando nella schiuma
Alla fine non ci è rimasto che portare il fermentatore in cantina per la prima fase di fermentazione, all'interno della cella riscaldante impostata ad una temperatura di 19°C.
Il tempo è volato, quando si sta bene e si è perfettamente in sintonia con quello che ci circonda, le cose accadono spontaneamente e si ritrova alla fine senza alcun sforzo. 
Della cotta non c'è video. Io non ho detto niente, ed Andrea preso da tutto il lavoro non ci ha minimamente pensato e la cotta e scivolata via, tranquilla e serena, senza intoppi fino alla fine.
La mattina seguente il gorgogliatore cantava con fare soave, senza eccessiva foga, ma con regolarità. La fase tumultuosa è partita nel pomeriggio, ma senza darsi troppo da fare. 
Dopo 5 giorni abbiamo provveduto al travaso, per la pulizia del mosto dai lieviti esausti depositati sul fondo. Nonostante il gorgogliatore denotasse ancora fermentazione in corso abbiamo provveduto al travaso. Non è necessario attendere che il gorgogliatore smetta di lavorare, si può travasare anche  se espelle ancora anidride carbonica. Abbiamo misurato la densità e dopo soli pochi giorni quasi tutti gli zuccheri erano trasformati in alcol, con un valore di 1008, notevole.
Luppolatura a freddo in pellet
Questo è il momento anche della cosiddetta luppolatura a freddo. Si inserisce nel fermentatore ricevente la quantità di luppolo scelto e poi si travasa.
Abbiamo inserito nel fermentatore 80 grammi di mandarina bavaria.
Per il travaso noi utilizziamo la tecnica rubinetto-rubinetto collegando i due rubinetti con una gomma alimentare e per il principio dei vasi comunicanti facciamo fluire il mosto, oramai quasi birra, nel fermentatore ricevente.
Per la luppolatura ci siamo trovati bene con il formato in pellet, che piano piano tende a depositarsi sul fondo. Bisogna specificare che risulta utile, durante la successiva fase di travaso prima dell'imbottigliamento, dotarsi di un sistema di filtrazione da inserire nel tubo di travaso. Sul web si trovano piccoli sacchetti adatti a tale scopo.
L'imbottigliamento è stato effettuato dopo 12 giorni quando la densità finale o FG si è assestata su 1007 portando così il grado alcolico a 6%.
Come carbonazione, abbiamo preferito tenerci più bassi dello stile in oggetto, con 5 grammi per litro.
Anche per lo studio dell'etichetta se ne incaricato Andrea. L'idea è nata da un intuizione di trasformare il numero 8 della versione nel simbolo infinito che alla fine si è fuso con la scritta ORO. 
Etichetta Oro 8
Io mi sono occupato della realizzazione grafica, dove ho in parte riutilizzato la linea della precedente, ma ho levato parecchio, cercando di migliorare il layout e renderla ancora più semplice.
L'etichetta calzata sulle bottiglie
Ecco le qui in fila come soldati pronti alla battaglia. A prima vista è piacevole e la colorazione rossa della parola ORO o di quella che si vede, rende perfettamente dando anche un senso di tridimensionalità creando un effetto di rotondità. 
L'etichetta del collo, dopo una serie di modifiche create a misura per le birre senza glutine, ritorna alla sua versione originale.
La scelta del colore oro di sfondo rimarrà una costante per tutte le successive versioni della ORO. 
Sono in preparazione già le successive etichette per la versione 9 e la 10.
Lo scaffale

Siamo davvero alla fine, dopo 15 giorni di rifermentazione in bottiglia, le bottiglie hanno trovato posto nello scaffale e adesso per qualche settimana staranno li tranquille a maturare.
Visto l'esiguo numero di bottiglie presenti, a parte le ultime birre senza glutine non è rimasto altro, non siamo certi che subiranno una maturazione completa, ma è probabile che finiscano nel giro di poche settimane.
Prossima settimana uscirà un articolo sul laboratorio di homebrewing che abbiamo realizzato sabato. Un esperienza ricca che ha contribuito a farci crescere anche come persone. Ma non vi svelo niente questa è un'altra storia.

Questo articolo è stato scritto in periodi diversi a causa di un problema con il computer. Purtroppo il mio vecchio compagno di tanti giornate passate insieme, anche più della moglie, comincia a dare qualche segno di sofferenza, e de stato necessario portarlo in assistenza. Questo a causato un ritardo nell'uscita del post. 
Purtroppo le prospettive non sono rosee, soprattutto per quello che riguarda i video ci sono dei problemi nell'utilizzo dei pesanti soft necessari alla creazione dei montaggi e alla realizzazione dei filmati. Vi chiedo quindi di pazientare per l'uscita dei video sul canale YouTube.... almeno che non vogliate aiutarmi con qualche donazione ;)







mercoledì 17 maggio 2017

SignorMalto è Tornato, tutta la verità su cosa è successo.

Ho passato giorni, nell'ultimo mese e mezzo, a riflettere se riprendere in mano la tastiera e ributtarmi sul bianco del foglio elettronico.
Il tutto nasce dagli sproni di un numero esiguo di Amici, che nonostante l'apparente immobilità, mi è stata vicina continuando a ripetermi che il lavoro che avevo fatto non poteva essere abbandonato così.
Alla fine ho ceduto e ho pensato, prima di tornare a scrivere articoli sul nostro amato hobby, di dare una breve spiegazione di quello che è accaduto in questi mesi lontano da Voi. 
Tutto nasce verso la metà del 2015, quando il blog ci stava stretto, non permettendoci di sviluppare quello che avevo in mente.
Home del Sito
Cominciammo così a pensare che la scelta migliore sarebbe stata quella di spostare il blog su un sito, con un dominio registrato.
Le motivazioni erano soprattutto legate alla difficoltà, con il blog gratuito, di avere delle sottopagine. 
In parte risolto creando un altro blog, dove puntare i link delle pagine.
Le sottopagine servivano per ampliare l'informazione per i lettori e per la realizzazione di nuovi progetti, nel tentativo di coinvolgere maggiormente i lettori.
Nacque così un primo menù che oggi potete trovare in alto leggermente modificato dall'idea originale. "Chi Siamo, Ricette, Etichette, Eventi, Birr@rte, Contatti".
Il progetto più importante fu la sezione Birr@rte.
La sezione originale prevedeva delle sottosezioni riguardanti racconti, poesie, disegni, video e foto, postate dai lettori, naturalmente inerenti al mondo della birra .
Di li a poco parti il secondo progetto, il canale video su piattaforma YouTube.
Pagina principale del canale video
La cosa era nata senza pensare a tutte le difficoltà e complessità che deriva dal fare video. Non avrei mai pensato che sarebbe stato così impegnativo.
Abbiamo iniziato con un semplice smartphone e solo successivamente abbiamo acquistato un microfono esterno, per migliorare l'audio. Naturalmente tutto sembra semplice, ma quando si accende quella lucina rossa tutto si complica ed entra in gioco anche l'imbarazzo di condividere esperienze personali che fino ad allora private. Poi c'è la parte del montaggio con tagli e aggiunta di scritte e audio. Un lavoro complesso, soprattutto per chi come me aveva un infarinatura generica del montaggio video, ma soprattutto sempre troppo poco tempo. Ho passato giorni a scaricare guide e soft, guardare video su YouTube e ha chiedere a chi ne sapeva più di me.
Dopo tante fatiche, mi sorse qualche dubbio, se tutto quello che stavo facendo ne valeva davvero la pena.
Quello che era nato come un hobby spensierato, cominciava a pesare. Troppa la carne al fuoco e alla fine qualcosa si brucia....
Seguirono un ulteriore implemento di idee.
Primo tra tutti il romanzo "Frontiera", racconto di fantasia ambientato in un futuro dove la birra sarà illegale.
La stesura dei capitoli si rivelò piuttosto impegnativa. Non solo per portare sul foglio le idee, che non mancano, ma soprattutto la correzione degli errori e le stesure definitive. Per fortuna all'inizio ebbi il sopporto di un grande Amico che però, dopo il primo capitolo, non poté continuare la collaborazione. Da solo mi trovai in difficoltà a correggere le bozze successive, e il progetto è in attesa di ripartire.
Un'altra idea che ritenevo importante ha cui ho dedicato tanto tempo e tanto impegno, è stato il concorso fotografo.
Progetto che alla fine non fu realizzato.
Luppolina
L'idea del concorso era davvero un interessante modo di coinvolgere i lettori.
Gran entusiasmo, cosa che mi contraddistingue sempre quando inizio qualche nuovo percorso. Mi misi in gioco nel trovare sponsor a supportami, convinto che i premi avrebbero sicuramente attirato un numero maggiore di partecipanti. Dopo aver individuato alcuni soggetti interessati tra negozi on line, e associazioni nazionali, mi attivai a creare il vero e proprio progetto. Iniziai con un regolamento, per evitare situazioni imbarazzanti. Contattai professionisti per la giuria. Tutto sembrava andare a gonfie vele.
Tutto era pronto.
Decisi di ricontattare tutti i soggetti attivi, per pianificare i passi da fare, ma qui nacquero i primi problemi. Alcuni commercianti non erano più così convinti di appoggiarmi, altri non mi risposerò neanche. Fu un brutto colpo. Ricordo quanta rabbia mi venne a pensare a tutto il tempo dedicato, tempo sottratto ad altre attività e al mio tempo libero, fu davvero una grande delusione. 
Un altro peso che soffocava sempre più questo grande amore.
Intanto il blog andava a gonfie vele. I lettori continuavano a crescere ogni giorno, ricevendo anche feedback del lavoro svolto.
Attrezzatura base
Tutto questo mi riempiva di gioia. Poter essere utile a tante persone, soprattutto a chi si apprestava ad iniziare, e dissipare le tante domande e dubbi che ci sono quando si inizia. 
Il desiderio si dare qualcosa in più ai lettori cresceva.
L'opportunità mi venne quando parlando con una persona conosciuta sul web, mi propose di aiutarmi nello spostare il blog su un dominio registrato, dietro un modesto compenso.
Ero eccitato ed entusiasta di questa cosa, tanto euforico che persi di vista la nostra reale missione.
Mi affidai a questa persona, che in caso di difficoltà avrei potuto avere un supporto, almeno credevo.  Mi guidò nell'acquisto del
dominio a pagamento e successivamente mi migrò il blog sul sito www.signormalto.it.
L'acquisto del dominio registrato faceva parte anche di un discorso più ampio, dove un indirizzo dedicato poteva creare un immagine di serietà e di impegno, che un blog gratuito non da.  
Dopo un inizio eccitante, tutto si complicò.
La semplicità prospettatami nella migrazione sulla nuova piattaforma si trasformò in un incubo. La formattazione del nuovo sito era completamente diversa dal blog. Passai mesi a mettere apposto 195 articoli e migliaia di foto. La migrazione aveva si caricato le pagine, ma era tutte scombinate, ma soprattutto non importò nessuna foto.
Fu un calvario infinito, praticamente azzerai la mia vita, abbandonando anche il blog per concentrare tutto il tempo libero nella sistemazione del sito.
La struttura WP del sito che a detti di tutti, il sistema più semplice per creare siti, mi era ostica e facevo fatica a progredire. La persona che mi aveva aiutato all'inizio, non aveva tempo di seguirmi e si allontano piano piano lasciandomi solo. 
Con calma terminai la sistemazione delle pagine e l'inserimento di tutte le foto. Questo imprevisto mi fece perdere gran parte dell'entusiasmo, perso semplicemente per copiare il blog, ero svuotato.
Raccolta luppolo casalingo
Ma come sempre ero deciso ha non mollare.
Era giunto il momento di valorizzare tanto lavoro pubblicizzando il nuovo sito.
Mi iscrissi a tutti i social network esistenti per cercare di far conoscere al maggior numero di persone il nuovo sito.
Dopo alcune settimane di stagnazione piano piano il numero di lettori aumentava. Avrei forse dovuto attendere e vedere come si sarebbe evoluta la cosa ed invece, preso da non so quale virus, proposi ad Andrea di inserire un pò di pubblicità per cercare di rientrare dei costi del sito e magari ridurre le spese di produzione delle nostre birre. Acconsenti e così, sia nel sito che sul canale video fu inserita della pubblicità.
Furono in quei momenti che scomparve tutta la spensieratezza e la serenità, per quello che doveva essere una grande passione.
Mi trovai così con il sito tappezzato di riquadri più o meno grandi, che decisamente stavano male e distraevano il lettore dai post. Anche il canale video fu innondato di pubblicità, con la noiosa prassi di dover attendere alcuni secondi prima di poter visionare i video.
Così invece di dedicarmi alla produzione della birra, passavo il tempo a controllare i numero di clic e ha pensare come fare per aumentarli.
Piano piano persi di vista la realtà e la missione di condivisione delle nostre esperienze.
Ero finito in un vortice che come sull'orizzonte di un buco nero, non riuscivo a tirarmene fuori.
Iniziai a scrivere tutto il giorno e quando non riuscivo di giorno scrivevo di notte. E quando non potevo riproponevo post del vecchio blog per i nuovi lettori. Il tutto per far uscire articoli su articoli da postare sui social da comunicare agli amici, anche tramite smartphone, l'uscita di un nuovo articolo.
Il tutto per farmi conoscere da un pubblico sempre più ampio.
Era a tutti gli effetti diventato un altro lavoro, che mi impegnava praticamente tutto il tempo libero che avevo, rosicchiandomi anche ore di sonno, con l'unica differenza che in cambio non ricevevamo alcun compenso.
Di soldi veri non se ne sono visti. Se escludiamo donazioni di qualche anima buona, che ci ha aiutato nell'acquisto del microfono per i video, in un anno non abbiamo ricavato niente. Troppo basso il numero di clic per raggiungere la quota di incasso.
C'è da dire anche che il nostro è un hobby di nicchia e difficilmente si raggiunge un numero elevato di lettori. Solo con il tempo e la pazienza di costruirsi un nome, facendosi conoscere a manifestazioni e vincendo concorsi, si può raggiungere certi risultati. Non era certo la nostra vocazione, vuoi per capacità, vuoi per convinzione.
Estratto di Sorgo
Con il passare del tempo il layout del sito comincio a non piacermi più. Non sembrava un sito, trovavo sempre più analogie con il vecchio blog, e decisi che dovevo modificare l'aspetto del sito.
Già spossato per la fatica che mi costava tutti i giorni scrivere articoli, montare video, controllare le analisi del sito e mantenere le PR con lettori ed amici birraioli, trovai difficoltà a capire come modificare semplicemente il tema di WP del sito. Non si trattava semplicemente di scaricare il nuovo tema ed installarlo, ma modificarlo per utilizzare a pieno le funzioni del nuovo layout.
Chiesi aiuto alla persona che mi aveva aiutato all'inizio, ma non aveva tempo. Decisi così di sottrarre altro tempo al sonno per cercare di studiare e provare a modificare il tema del sito. Scaricai anche una versione in locale del mio sito per fare prove e vedere in anteprima eventuali modifiche. Niente le settimane passavano e non riuscivo ad ottenere ciò che volevo. Stremato decisi di rivolgermi a qualche professionista investendo ulteriormente denaro. I primi preventivi furono proibitivi, non in linea con un sito amatoriale. Non sapevo più cosa fare, e piano piano anche la passione che fino ad allora aveva tenuto tutto in vita, venne a mancare. Il numero di articoli cominciò a scemare, così come i miei contatti con amici e appassionati.
Per aumentare le difficoltà proprio in quel periodo cominciai ad accusare un aumento dei miei problemi di intolleranza alimentare e del metabolismo dell'alcool. Vecchi problemi mai risolti.
Decidemmo insieme ad Andrea, di provare ad intraprendere la strada della birra senza glutine, cercando così di realizzare qualche articolo e qualche video per tutti gli amici amanti della birra che però non ne potevano bere per la presenza di glutine.
Fu un'altra bella esperienza da aggiungere alle altre fatte in precedenza.
Kit deglutinato
Nel frattempo il sito viveva una fase di stagnazione. Al contrario del  canale video che vedeva continuamente l'aggiunta di nuovi videolettori e non passava giorno con qualche nuova adesione.
Tutte le volte che aprivo il sito ero colto dallo sconforto, non riuscivo più ad apprezzarlo, non mi piaceva più.
Si stava avvicinando la data di rinnovo annuale del sito e visti i risultati non ero così convinto di rinnovare.
Feci un ultimo tentativo. Un caro amico blogger e YouTuber di fama nazionale, mi fece avere il contatto di un suo amico webmaster. Lo contattati deciso a spendere anche una cifra importante per fare quel salto di qualità necessario, e dopo le spiegazioni di rito rimanemmo d'accordo che ci saremmo risentiti al più presto. Ma il tempo passava. Provai nuovamente ha contattarlo e mi rassicuro che mi avrebbe cercato lui. Non lo sentii più.
Così si spense l'ultimo barlume di passione e tutto cadde nel vuoto.
Preso dallo sconforto per non essere riuscito ad ottenere quello che volevo, decidemmo, insieme ad Andrea, di non rinnovare il dominio ed iniziai le pratiche per la cancellazione.
Fu una cosa lunga e complessa, perchè se per attivare un dominio bastano pochi minuti per cancellarlo ci vogliono mesi, soprattutto se hanno un sufisso .it
Ero talmente giù, per tutto il lavoro svolto e il tempo perso, che fui preso da un raptus di cancellazione. Nel giro di una settimana cancellai tutte le mie tracce da internet e dai social, con uniche eccezioni dell'account su google+ quindi del canale video e del vecchio blog, dove trasferii tutti gli articoli nuovi che erano sul sito, pensando che se un domani avessi cambiato idea, non avrei perso il lavoro svolto sul sito.
Ho passato settimane lontano dal Mac e sinceramente non avvertivo alcun bisogno di quel oggetto che fino a qualche giorno prima non riuscivo a tenere lontano neanche per qualche ora.
Fu una fase disintossicante che mi fece riordinare le idee e comprendere veramente qual era la nostra dimensione, la giusta missione.
Tutto qui..... Ed eccoci qui di nuovo insieme.
Ripartiamo con nuovo entusiasmo, con in mente la realizzazione di quello che non siamo riusciti a realizzare nel sito, magari con meno ossessione, ma con la stessa passione.
Nel frattempo siamo ripartiti con la produzione e dopo un anno senza mash e sparge abbiamo prodotto l'ennesima Pale Ale, il nostro cavallo di battaglia la Oro giunta alla ottava versione.
Ma questa è un'altra storia....


lunedì 5 dicembre 2016

Una Chiacchierata con ..... Francesco "Frank" Antonelli

Quest’anno abbiamo avuto tante novità, dalla metodologia per brassare le nostre birre, alla creazione di un nuovo sito, alla nascita del canale video. Ma una cosa non è cambiata, i nostri incontri, le nostre chiacchierate con gli Amici HB.
Ad inizio stagione abbiamo avuto il piacere di incontrare uno dei maggiori imprenditori nell’ambito della birra artigianale italiana: Eliano Zanier, fondatore e proprietario del marchio Mr. Malt.
Subito dopo ci è venuto a trovare l’Amico del Forum di AreaBirra.it Daniele “Ciarly” Ciarlantini: una chiacchierata semplice, come si fa al pub.
Abbiamo proseguito con Giorgio Salgoni, proprietario del BeerShop “DueDiPiccole” di Loano (SV): una chiacchierata che ha toccato soprattutto il mondo commerciale delle birre artigianali.
È ora giunto il momento di incontrare un’altra anima del panorama della birra Artigianale Italiana. Vi presentiamo oggi un homebrewer che punta molto sulla comunicazione e sulla divulgazione: con immenso piacere, cari lettori, diamo il benvenuto a Francesco “Frank” Antonelli, fondatore del blog “Brewing Bad” ma non solo…

Ingegnere Elettronico di formazione, negli ultimi anni ha lavorato sempre nel marketing. La sua passione per la birra si è consolidata in Irlanda, dove nel 2003 ha trascorso un anno lavorando come ricercatore presso il Trinity College di Dublino. Ha viaggiato molto, soprattutto in Irlanda e Scozia. Homebrewer dal 2013, ha come riferimento birrario, ovviamente, l’Irlanda, ma più in generale i paesi anglosassoni. Tra i fondatori e oggi unico autore di Brewing Bad, qualche mese fa ha pubblicato anche una raccolta degli articoli del blog. 
Insegna nei corsi di degustazione organizzati da Fermento Birra e scrive su Fermento Magazine. Cura inoltre la rubrica “Il Fermentatore nell’armadio” sul sito “Cronache di Birra”. 
Ha frequentato il corso da degustatore presso l’Associazione Degustatori di Birra nel 2014 e ora si sta preparando per sostenere l’esame da giudice BJCP, previsto per febbraio 2017. 
Insieme agli altri ragazzi di Brewing Bad, ha vinto l’edizione 2014 del Concorso per homebrewers Brassare Romano. Oggi è parte attiva nell’organizzazione del concorso. Per due anni ha partecipato alla trasmissione settimanale Beerock – Ronzio di un’ape idrofoba di RyarWebRadio (sul blog sono disponibili le puntate in podcast: http://brewingbad.com/brewing-bad-in-onda-su-ryarwebradio/ ).
È nato a Roma il 6 febbraio 1977. È sposato e ha una bimba piccola di 10 mesi di nome Emma. Prima di iniziare a produrre birra in casa, dedicava molto del suo tempo libero all’altra sua passione, la musica. 
Ha suonato come batterista in diversi gruppi musicali (tra cui la Alchemica Superstereo, link YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=ji8Qon6tdXY ).Suona anche la chitarra e ama molto viaggiare.
Che dire di più, diciamo uno dei maggiori comunicatori nel panorama degli homebrewers italiani e non solo.

Ciao Francesco o Ti devo chiamare Frank?
F: credo che nemmeno mia mamma mi chiami mai Francesco. Bel nome, per carità, ma è troppo lungo. Mia nonna mi chiamava sempre Franco, nomignolo che non mi piaceva granché. Poi mi ci sono abituato, l’ho inglesizzato e alla fine è stato adottato come nome da battaglia.

Quando ho deciso di farmi una chiacchierata con Te sono stato colto dall’imbarazzo nella ricerca degli argomentazioni, dammi una mano presentati e racconta brevemente la Tua storia birraria.
F: Hai praticamente già raccontato tutto nel cappello introduttivo. La mia storia birraria parte, come quella di molti altri della mia generazione, con la birra industriale. Ero un appassionato di pub irlandesi ancor prima di aver visitato l’Irlanda per la prima volta, nel 2000. Quelli che si trovavano a Roma rappresentavano il classico franchise della Guinness con i panini che portavano il nome delle città irlandesi (Dingle, Kilkenny, Galway, etc…), l’arredamento rigorosamente in legno scuro e le spine di Harp, Kilkenny e Guinness. Nonostante ciò, mi piacevano tanto (in particolare quelli nel centro di Roma, frequentati da stranieri e spesso gestiti da stranieri). Poi sono stato finalmente in Irlanda, dove la mia passione per questa terra è diventata quasi viscerale. Negli anni successivi l’ho girata in lungo e in largo, spostandomi anche in Scozia, terra che amo tantissimo. Da lì la mia passione per le stout, le scotch ale, le bitter e le birre inglesi in generale. Quando andavo ancora all’università, ho fondato insieme ad alcuni amici il portale antidoto.org (ora non esiste più) che raccontava i pub della capitale. Per 5 anni non abbiamo fatto altro che scrivere recensioni girando per pub, quando ancora eravamo giovani e ce lo potevamo permettere. Abbiamo assistito alla nascita del movimento artigianale, organizzando i primi eventi insieme a Manuele Colonna e ad altri gestori di pub romani. Poi, a un certo punto, ognuno è andato per la sua strada e il sito è rimasto immobile per anni, prima di sparire del tutto. La passione per l’homebrewing è venuta molto dopo, quando nel 2012 un amico mi ha convinto a provare. Da quel momento, non ho più smesso.

Iniziamo con qualche domanda generica.
Qual è la tecnica che maggiormente hai usato e usi per produrre le Tue birre?
F: Ho iniziato con il metodo più difficile: la prima cotta l’ho fatta in allgrain con fly sparge. È stata un’odissea di 10 ore che non dimenticherò mai. Pian piano ho cercato di semplificare, anche perché nel frattempo mi sono sposato, ho cambiato casa e ho avuto una bambina. Spazi e i tempi si sono ristretti: a quel punto sono passato al BIAB senza mai più tornare indietro.

Quali sono le birre che produci che ti danno le maggiori soddisfazioni?
F: Amando gli stili anglosassoni, le mie produzioni virano spesso su stout, porter e bitter. Ho tentato con le saison, diverse volte, ma non sono ancora riuscito a produrne una che mi soddisfi (forse perché non ci metto lo stesso cuore). Ho invece avuto una buona soddisfazione con la Roight!, una irish stout che produco regolarmente affinando ogni volta (di poco) la ricetta.

Una regola delle chiacchierate che facciamo a cui, di solito, tutti si adeguano. Regala una tua ricetta ai nostri lettori.
F: La ricetta è quella della Roight!, la mia irish stout. Molti si meraviglieranno poiché ho tolto il roasted barley dalla ricetta, ingrediente che è considerato caratterizzante per questo stile. Io personalmente lo trovo caratterizzante quanto altri malti tostati: non riesco a trovare differenze organolettiche significative tra orzo tostato e malto tostato. In questa ricetta ho utilizzato il Carafa senza glumelle (dehusked) al posto del roasted barley, per limitare l’astringenza al minimo. Il risultato mi è piaciuto molto. Chi vuole può sostituire al Carafa il roasted barley, se lo fa sentire più in linea con la tradizione. Un’altra nota: siccome faccio birra in BIAB e non ho problemi di stuck sparge, ho usato una quantità piuttosto alta di fiocchi d’orzo per dare morbidezza al palato. Chi facesse sparge, farebbe forse meglio a scendere di qualche punto percentuale (alzando la quantità di malto pale).

Malti:
• Pale Ale (59%)
• Flaked Barley(31%)
• Chocolate (5%)
• Carafa III Special (5%)

Luppoli (totale IBU: 38)
• East Kent Goldings (unica gettata a 60 minuti)

Mash monostep a 64°C.

Lievito: Wyeast 1084 (Irish Ale)

Fermentazione a 19°C, dopo i primi due giorni salire un grado al giorno fino a 22°C

Carbonazione: 1.9 vol
OG: 1.045
FG: 1.013

Dai tuoi viaggi si evince la tua passione per le birre anglosassoni, quali sono le motivazioni che ti hanno fatto innamorare di quel mondo, cosa ti è rimasto dentro. 
F: Prima che di birra, sono stato un appassionato di pub. Della public house, intesa come luogo di ritrovo, di svago, un vero e proprio rifugio. Al pub mi piace stare con gli amici ma anche da solo, al bancone magari, leggendo un buon libro o scambiando quattro chiacchiere con il publican. È un tipo di atmosfera che difficilmente si riesce a trovare nei locali al di fuori dei paesi anglosassoni. In Irlanda ogni pub è una casa, specialmente quando si esce dalle grandi città e si fa un giro per i piccoli centri. Una pinta di stout accompagnata da un bel fish & chips sul molo di qualche paesino, davanti alla bassa marea, è una sensazione che mi porto dentro sempre. L’abbinamento gastronomico non è dei migliori, ma ci passo volentieri sopra.

Il nostro sito parla principale della tecnica australiana BIAB.
Cosa ne pensi, vorrei che spiegassi ai nostri lettori il Tuo punto di vista su questa tecnica.
F: Come ho già raccontato, ormai faccio birra solo in BIAB. È una tecnica che i tradizionalisti non vedono di buon occhio, come ben sai anche tu. Se ne è discusso tanto, in maniera più o meno superficiale e di parte, quindi non è il caso di ricominciare da capo. Posso dire che ho assaggiato ottime birre fatte in BIAB, alcune delle quali hanno vinto concorsi. I detrattori del BIAB citano spesso mille ragioni per cui la birra prodotta con questo metodo non può arrivare al livello di quella prodotta con il filtraggio classico. Dalla mia esperienza e soprattutto dagli articoli scientifici che ho letto, l’unico vero svantaggio è la stabilità della birra nel tempo: il mosto torbido in bollitura porta inevitabilmente acidi grassi a catena lunga nel fermentatore. Questi rimangono nella birra anche se appare limpida alla vista, dopo un cold crash (in BIAB si possono produrre birre limpidissime). Con il tempo, questi acidi grassi possono avere effetti negativi sulle componenti organolettiche (off-flavours) e sulla stabilità della schiuma. Questa è la principale ragione per cui negli anni i birrifici hanno cercato di migliorare la limpidezza del mosto che arriva in bollitura. Ma io non sono un birrificio, produco 10 litri a volta e finisco le birre al massimo in due mesi. Quelle più alcoliche hanno l’alcool che rallenta l’ossidazione e il decadimento organolettico, quindi incorrono meno in questi problemi e si possono lasciar maturare più a lungo. Per me resta molto più importante poter risparmiare tempo e spazio e quindi fare più cotte, piuttosto che produrre la pilsner perfetta che rimane stabile per 6 mesi sugli scaffali del mio sgabuzzino. Non dico che le birre prodotte in BIAB siano equivalenti, sempre e comunque, a quelle prodotte con il metodo classico. Dico solo che il BIAB è comodo e che nella maggior parte dei casi le differenze nel prodotto finito, se ci sono, sono così sottili da sfuggire anche ai palati più esperti (sempre che vengano fatti dei seri test alla cieca e non della prove da chi è di parte).

Perché in Italia il BIAB ha trovato tanta diffidenza da parte degli addetti ai lavori?
F: Perché non è un metodo tradizionale e viene visto come una scorciatoia. Chi fa BIAB è pigro, svogliato e non ama questo hobby sul serio. Questo perché non abbiamo esponenti del movimento nuovi con menti aperte, ma ci rifacciamo ancora a modelli (e a libri) scritti più di 10 anni fa. Di me hanno detto che faccio birra con la busta dei panni sporchi, senza nemmeno aver mai assaggiato una mia produzione. Ci sta, si scherza, ma è evidente che si creano delle fazioni a prescindere, senza nessun razionale concreto. Solo perché io non faccio tutto quello che ha scritto Bertinotti nel suo libro. Tanto rispetto da parte mia, non si discute, ma il mondo va avanti.

Raccontaci il percorso, se hai programmato le tappe che ti ha portato prima a condividere le tue esperienze birrarie e poi a diventare uno dei personaggi più importanti del panorama dell’informazione birraria italiana o hai cavalcato l’onda man mano che cresceva?
F: Quando ho iniziato a fare birra con il mio amico Simone, non pensavo nemmeno lontanamente di aprire un blog. Come ti ho detto, avevo gestito in precedenza un sito sui pub e avevo fatto parte dell’ambiente birrario romano, ma non avevo mai fatto birra a casa. Fu Simone che mi propose di raccontare le nostre esperienze su un blog, tanto per avere un diario. Il resto è venuto piano piano: ho cavalcato l’onda, come dici tu. Il mio essere ingegnere mi porta ad avere un approccio analitico e razionale a qualsiasi cosa. Mi sono messo a cercare e ho visto che non c’era molto online su questo tema, in italiano. Quantomeno non c’era nulla di strutturato che parlasse di homebrewing, se non il classico libro di Bertinotti (e il suo sito: fonte molto valida, ma non veniva aggiornato da tempo). C’era un vuoto informativo e ho deciso di lanciarmi. La costanza nell’aggiornamento del blog, l’approccio analitico e la passione per la scrittura hanno fatto il resto. Inoltre, avendo per anni gestito un portale web, il passaggio alla piattaforma wordpress è stato abbastanza indolore.

Quali sono le difficoltà che hai incontrato nell’applicare sul web i tuoi pensieri?
F: L’aspetto più impegnativo è sempre trovare il tempo per scrivere e pubblicare con costanza articoli sul blog, cercando di non trattare i soliti temi triti e ritriti, oppure trattarli nuovamente ma con un tocco personale. Discutibile, a volte, ma almeno non è un copia e incolla da wikipedia.

Nei tuoi innumerevoli viaggi, quali sono le sensazioni che hai fatto tue e poi hai cercato di trasmettere a chi ti segue?
F: Non farsi prendere dalle derive estreme della degustazione. A me piace analizzare una birra, ma solitamente lo faccio a casa. Al pub mi piace guardarmi intorno, leggere, parlare con chi ho davanti. Dei miei viaggi ricordo le nottate nei pub con gli amici a giocare a biliardo insieme agli habitué (molte volte sorseggiando pessime birre industriali). Oggi magari mi risulterebbe più difficile bere certe brodaglie, ma il concetto è che la birra è prima di tutto uno strumento di socializzazione e di scoperta. Almeno per me è sempre stato così.

Il mondo della birra ha cambiato la tua vita?
F: Sicuramente sì. L’ha cambiata dalla prima volta che ho messo piede in un pub. Con questo non voglio dire che sono un alcolizzato, ma che quel tipo di cultura fa parte di me. Quando ho un problema, quando sono giù, alzo il telefono, chiamo un amico e ci facciamo un paio di birre al pub. Anche nei miei viaggi, cerco sempre il piccolo pub di periferia per sedermi al tavolo e osservare le persone del posto. Amo scoprire le culture attraverso la birra (ma anche attraverso il cibo), ed è per questo che prediligo le destinazioni birrarie. Dai tempi di Antidoto, molto del mio tempo libero è sempre ruotato intorno alla birra. Per mia fortuna, ho trovato una compagna di vita che apprezza come me questo meraviglioso mondo (anche perché, se così non fosse stato, non credo saremmo durati molto). Pensa che il nostro viaggio di nozze è stato un giro on the road in Europa con soste birrarie a Bamberga, Colonia e su a nord fino a Brussels (dove abbiamo incontrato il mitico Armand di 3Fontieinen, cenando al ristorante che gestisce suo fratello).

Cosa pensi del panorama dell’informazione birraria italiana articolata attraverso siti blog forum social e canali video?
F: Penso che siamo molto indietro. Moltissimo. Chiaramente esistono eccezioni, ma la maggior parte della comunicazione birraria è maldestra e improvvisata. Chi sa, purtroppo, di solito non scrive molto sul web. Dei mille blog di degustazione che esistono, molti sono raffazzonati e gestiti male. I canali social sono quasi sconosciuti al mondo della birra artigianale italiana, per non parlare dell’homebrewing. Esistono pochissimi blog italiani sull’homebrewing degni di questo nome (si contano sulle dita di una mano). Quasi nessuno fa divulgazione, tutto accade nei forum che sono un mezzo vecchio di almeno 15 anni dove può scrivere chiunque senza nessun filtro se non quello della comunità stessa. La maggior parte dei blog sono diari delle cotte: legittimi, per carità, spesso anche divertenti, ma ben lontani dalla mia idea di comunicazione.

Cosa diresti a chi vorrebbe intraprendere la tua strada? Dai qualche consiglio per iniziare a diventare, passami il termine, un “anchorman birrario”?
F: Anzitutto studiare ma anche fare molta pratica. Non bisogna essere i più bravi homebrewers del mondo per poter divulgare. Io non lo sono affatto, ma credo di avere comunque qualcosa da dire. Metto sempre in piazza i miei errori, le cotte riuscite male, le birre imbevibili. Si impara soprattutto condividendo. È importante cercare di non essere buonisti e accondiscendenti con tutti: l’educazione e l’umiltà vanno sempre al primo posto, ma non siamo tutti amici e non va sempre tutto bene. A qualcuno alla fine starete pure sulle scatole, ma va bene così. Piacere a tutti non si può: chi piace a tutti, di solito non ha molto da dire.

Le collaborazioni con RyarWeb Radio, con Gambero Rosso e l’intervista su la7 hanno imposto il tuo modello di comunicazione a livello nazionale e non solo, cosa pensi che abbia contribuito al tuo successo?
F: L’esperienza su La7 è stata veramente imbarazzante . Mi sono divertito, per carità, ma il servizio trasmesso è stato piuttosto ridicolo. Ci sta, lo immaginavo fin dall’inizio. Alla fine mi sono fatto quattro risate. La collaborazione con il Gambero è stata una delle prime cose “serie” che ho fatto in questo ambito e mi è piaciuta moltissimo. Ho parlato di birra artigianale agli studenti del corso allievi cuochi, in un contesto in cui i marchi industriali la fanno da padrone. Grande stima per chi me lo ha lasciato fare. Uno dei ragazzi di quel corso ora lavora da Eastside, uno dei più promettenti birrifici italiani. L’esperienza a Ryar con Giulia Lanciotti e il maestro Francesco è nata per caso ma è risultata veramente divertente: è stata dura andare in onda ogni martedì per due anni di fila, considerando tutto il materiale che va preparato prima. A conti fatti la considero una grande esperienza: parlare alla radio, anche se una radio web, è stato per me qualcosa di nuovo che mi ha insegnato tanto. Per me quello che conta è dare sempre il 100%, cercando di non essere mai banali. Non ho un preciso modello di comunicazione, cerco semplicemente di essere sempre coerente e sfruttare tutti i canali al meglio. Secondo me è assurdo che alcuni blog di hb non siano su facebook: rispetto chi non ama questo mezzo di comunicazione, ma esserne fuori, ad oggi, preclude tante strade.

Quali sono i tuoi rapporti con il mondo della birra artigianale italiana?
F: In questi anni ho avuto la fortuna di conoscere da vicino alcuni birrai e di produrre un paio di birre su mia ricetta presso i loro impianti. Mi sono reso conto di quanto sia difficile gestire un birrificio in Italia in questi tempi e di quanto questo mondo sia complesso e duro. Quello che si vede in superficie è veramente la punta dell’iceberg, sotto c’è un mondo fatto di fatica, compromessi, leggi del mercato, vittorie e sconfitte. Ti rendi conto di quanto “fare il birraio” sia per noi homebrewers un concetto astratto, un sogno romantico, ben lontano dalla dura realtà dei fatti.

Dopo il successo del primo libro omonimo Brewing Bad pensi di bissare l’esperienza?
F: Chiamarlo libro mi sembra eccessivo. È una piccola raccolta di articoli del blog messi in bella copia. Vorrei comporre un secondo volume, ma ultimamente il tempo è veramente scarso. Magari in futuro, vedremo.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
F: Sinceramente, non lo so. Con l’arrivo della piccola Emma si è generato un bellissimo cataclisma. Si sapeva, i bambini piccoli sono così: un turbine di emozioni positive che richiede tanto impegno pratico. Il mio sogno nel cassetto è di organizzare un evento per homebrewers in Italia sulla falsa riga della conferenza annuale della America American Homebrewers Association. Chiaramente non potrò mai farcela da solo, ma qualche primo contatto con chi vorrebbe unire le forze è partito. Vedremo.

sabato 26 novembre 2016

Degustazione Il Faro Birra senza Glutine

Siamo finalmente giunti alla prima degustazione della birra senza glutine il Faro. Forse un pò presto, per assaggiare questo fermentato di Sorgo, visto che sono passati appena una trentina di giorni.
Ho cercato di sgombrare dalla mente il sapore e il gusto della birra d'orzo, ma è difficile bere questa birra senza pensare alla più tradizionale.
La birra è risultata un pò troppo frizzante, diciamo più in stile birra di frumento che di Belgian Ale. Probabile che l'accumulo di anidride carbonica all'interno del mosto più la carbonazione con i 5 grammi litro di zucchero abbia contribuito a far crescere il gasato.
All'olfatto è una birra piuttosto piatta, si sente un leggero aroma fruttato, ma soprattutto un odore di zolfo, classico dei lieviti belgi che stanno ancora lavorando.
Il corpo è appena percettibile, come l'amaro. Diciamo pure una birra secca, molto carbonata e con poco corpo e per niente amara.
Non si possono fare raffronti, ma chi credeva di utilizzare il sorgo per fare una birra tradizionale rimarrà deluso. Chi invece prende la cosa, come una nuova esperienza, per incontrare nuovi gusti ed aromi, potrà valutare meglio il fermentato.
La birra comunque risulta fresca piacevole e spero che nelle prossime settimane sparisco l'odore di zolfo, davvero fastidioso.
Non mi rimane che darvi appuntamento tra due settimane per l'assaggio della IGA Le Foglie Secche, l'altra birra fatta con l'estratto di Sorgo e con l'aggiunta di uva fragola.



Buona visione

mercoledì 23 novembre 2016

Grainfather dal Archivio del Signormalto

Visto il successo dell'articolo sul Grainfather, abbiamo pensato di fare cosa gradita riproponendo il vecchio articolo della cotta fatta insieme all'amico Mario, in attesa di ripetere l'esperienza molto presto, buona lettura.

Grazie all'amico Mario, abbiamo avuto la possibilità di vedere in azione il Grainfuther. La giornata è iniziata molto presto, alle 6 siamo partiti alla volta di Saluzzo per incontrare Mario Pons, e poter seguire insieme, una cotta eseguita con questa macchina automatica di produzione Neozelandese.
Al nostro arrivo era già tutto pronto. Macchina in temperatura per il primo step a 44°C, grani macinati e l'acqua di sparge pronta nella sua pentola sopra il gas . Dopo i convenevoli di rito, Mario ci ha illustrato la macchina, ma soprattutto l'ArdBir, le funzionalità e come utilizzarlo. Non gli rende giustizia la scatola in cui è posizionato, ma l'importante è che funzioni e funziona alla grande.
La ricetta utilizzata da Mario è stata creata apposta per la nostra visita, con molti step per vedere al meglio le funzionalità del dispositivo. Si tratta di una Weiss.
Abbiamo inserito i grani, lentamente e mescolando bene. Una volta miscelato perfettamente, Mario a aggiunto il disco di filtraggio superiore e il raccordo per il tubo del troppo pieno. Premuto il tasto start sul ArdBir si parte, si accende la pompa e comincia il riciclo del mosto.
Durante le fasi del mash abbiamo potuto parlare un pò, e ne abbiamo approfittato per conoscerci un pò meglio e abbiamo pensato di condividere con voi questo breve excursus sulla storia birraria di Mario, trascrivendo la breve chiacchierata qui. http://brewinginabag.blogspot.it/2016/04/una-chiacchierata-con-mario-pons.html
L'atmosfera è strana, stiamo tranquillamente seduti a parlare e bere (anche se è un pò presto!), mentre il Grainfather stata eseguendo le operazioni impostate da Mario su l'Ardbir. Un'ora e mezza passa davvero in fretta, soprattutto quando si è in ottima compagnia e sul tavolo c'è ottima birra.
Dopo questo periodo di completo relax, torna in gioco l'uomo e dobbiamo verificare l'avvenuta trasformazioni degli amidi. Torniamo un pò nell'atmosfera del HB che conosciamo. La prova della tintura dello iodio da esito positivo si può proseguire con il mash out. Come per tutte le fasi, il display del ArdBir riporta tutti i passaggi programmati da eseguire. Dopo il mash out, si passa al lavaggio delle trebbie, l'operazione è semplice come la macchina. Si solleva il cestello contenete le trebbie e ci si versa dentro l'acqua di sparge. Quando si solleva il cestello il mosto tende a splasciare molto, e visto che si sta sempre molto attenti a non incamerare ossigeno in queste fasi, mi lascia qualche dubbio. Potrebbe essere interessante trovare il modo di posizionare il cestello in posizioni intermedie e piano piano sollevarlo. La soluzione potrebbe essere saldare altri piedini come quelli della zona inferiore del cestello, anche nella zona centrare e inizialmente posizionare il cestello più in basso e solo quando il livello del mosto sale, sollevarlo nella posizione più alta.
L'acqua di sparge viene immessa tramite un rubinetto collegato ad una pentola che Mario scalda tramite un fornello a gas, tenendo la temperatura sotto controllo tramite una sonda collegata ad un STC 1000.
In contemporanea Mario da il consenso all'accensione della resistenza per salire in bollitura, così si recupera altro tempo. Siamo quasi alla fine, sono passate poco più di due ore, e saliamo in bollitura. Sono rimasto stupito della bollitura vigorosa, nonostante l'ArdBir non fosse impostato a 100°C. Avevo sempre pensato, sbagliando, che le resistenze avessero difficoltà a portare il mosto il bollitura, e per lo più riuscissero a smuovere appena la superficie del mosto. Invece qui la bollitura è talmente vigorosa che la temperatura è settata a 98°C, per evitare di far fuoriuscire il mosto fuori dal Grainfather.
Anche la gestione del luppolo è programmata, con tanto di segnale acustico e visualizzazione sul display delle gittate e del tempo rimanente. Qui il luppolo utilizzato è in un unica soluzione, amaro a 60 minuti, ma si possono impostare tutte le soste desiderate. Il luppolo utilizzato è in pellets e inserito all'interno di un hopbag.
Ultima parte della cotta, il raffreddamento. E qui il Grainfather sfodera l'ennesima sorpresa. In dotazione insieme alla macchina c'è un controflusso. Apparecchiatura davvero efficace. Poco prima del termine della bollitura Mario lo collega alla pompa e la accende, per sterilizzare il tubo dove passa il mosto, mentre  i tubi dell'acqua che raffredderanno il mosto, sono ben segnalati con il tubo blu dove si collega al rubinetto e il tubo rosso nello scarico da dove esce l'acqua calda.
Siamo davvero alla fase finale, la resistenza si spegne e parte la pompa per far circolare il mosto all'interno del controflusso non ci resta che aprire il rubinetto dell'acqua ed iniziare a raffreddare. 
Il raffreddamento è istantaneo, l'acqua esce da subito ad una temperatura intorno ai 50°C per poi scendere sempre più man mano che il mosto si raffredda. Se penso a quanto tempo ci mettiamo noi, è un sistema davvero efficace.
Il tempo passa davvero in fretta abbiamo raggiunto il tempo massimo dobbiamo tornare a casa e lasciamo Mario a terminare le ultime fasi da solo. Ci dispiace davvero andare via, ma non possiamo prolungare oltre la visita.
Abbiamo comunque avuto il tempo necessario per dire che il Grainfather è un sistema automatico di grande utilità per tutti quegli homebrewer che hanno problemi di spazio e sono costretti a birrificare in casa ho in ambienti piccoli, come cantine o scantinati. Non è detto che comunque possa essere utilizzato anche da chi ha comunque poco tempo e vuole semplificarsi le cotte.
Naturalmente la modifica con ArdBird lo rende molto più simile al più blasonato Braumeister, ad un prezzo davvero competitivo. Come vi dicevo prima, il lavaggio delle trebbie fatto così, potrebbe essere migliorato con l'adozione di supporti per l'appoggio del cestello, anche 
nella zona centrale per effettuare un sparge in due fase ed evitare di splashare il mosto. Un appunto finale è per il quantitativo che si ottiene alla fine, ma essendo una sistema automatico casalingo, ritengo che i 23 litri canonici, sono una quantità accettabile. Insomma un giudizio finale positivo.
Ringraziamo Mario per la sua squisita ospitalità e disponibilità. Un saluto anche a Luca, compagno di Mario nelle cotte, che è passato a salutarci.
Programmiamo con Mario un prossimo incontro, magari con più calma per approfondire, insieme a lui, l'argomento. Ci salutiamo e lo ringraziamo ancora per tutto, è stata davvero una gran mattinata, una nuova avventura che va ad arricchire il nostro bagaglio birrario.

Grazie Mario! alla prossima.

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Non ricordo esattamente quando, ma direi mesi chissà anni che sono qui davanti a questa pagina bianca per enunciare grandi birre e magari pu...