giovedì 18 luglio 2019

Il Meglio Parte VI - Confronto BIAB All Grain

Sesta parte del Meglio del Signor Malto. Questa è la volta di parlare un pò in astratto, facciamo un confronto tra il metodo Australiano BIAB e quello tradizionale All Grain.
L'articolo, al contrario del video, passò inosservato, e ancora oggi ci chiediamo come mai... forse solo troppo lungo?
Il post è più recente esattamente del 2016.

Buona Lettura!


Questa è stata una stagione un pò diversa dalle altre per l'utilizzo oltre al nostro consueto metodo australiano BIAB, per la nuova esperienza con il metodo classico All Grain. Abbiamo deciso di provare il metodo tradizionale soprattutto per aumentare la nostra esperienza, ma con un pensiero se potevamo migliorare le nostre birre.
Ricordo come oggi, il giorno della svolta. Alla ricerca di ulteriori informazioni su come automatizzare ed ampliare il nostro impianto (per fortuna ancora agli inizi) mi misi a discutere con un amico su un forum è capii il vero spirito del BIAB e della birra casalinga. Ad amplificare il concetto di "essenzialità" fu l'affetto e l'amore di mia moglie che mi diede una mano a capire che stavo sbagliando!
L'anno scorso abbiamo cominciato ad applicare quello che abbiamo ritenuto fosse la nostra strada, la nostra identità, senza tante complicazioni e senza tante spese. Certo che questo sarà un limite, ma riteniamo che il gioco non vale la candela.
Così nell'ottica di ottenere di più contenendo le spese, sembrerà strano per qualcuno, abbiamo provato il metodo classico 3 tini. Non avevamo mai provato la tecnica classica proprio perché per creare un impianto 3 tini, pensavamo, di dover spendere troppo nel acquisto di altri accessori.
La stagione è stata propiziatoria. I parecchi imprevisti ci hanno permesso di fare alcune riflessioni, e siamo arrivati alla conclusione che potevamo fare/provare il metodo All Grain Classico 3 tini con quello che avevamo senza spendere un euro!
Non pretendiamo di avere l'esperienze di chi da anni pratica questo metodo, e con il tempo ha affinato l'utilizzo di ingredienti e soprattutto di attrezzatura che oltre a migliorare la qualità della birra, ha automatizzato le fasi e ha risparmiato energie e tempo prezioso durante le cotte.
Quindi ci scuseranno gli amici con più esperienza, e siamo pronti ad accogliere tutte le critiche costruttive che potranno aiutarci a migliorare. Pensiamo comunque di aver compreso alcune differenze fondamentali, che vogliamo provare a condividere in questo articolo, che raccoglie le nostre impressioni e mette a confronto i due metodi. Questo articolo si basa sulle prime impressioni, 9 cotte in AG Classico non possono essere considerate un numero tale per dare un giudizio definitivo, ma comunque rappresentano un buon campione per farsi una prima idea. Il nostro confronto è semplicemente una cronaca e chi vuole provare a fare qualche cotta con il metodo classico, in modo semplice, casalingo e senza tante complicazioni, po' vedere come abbiamo fatto noi. Non vogliamo insegnare niente a nessuno, ma semplicemente portare in condivisione le nostre esperienze casalinghe. Qui non c'è niente di letto studiato e poi ripetuto, ma semplicemente le esperienze acquisite durate queste 9 cotte in All Grain Classico. Non abbiamo la pretesa di scrivere un trattato.
A completamento di questo articolo uscirà sabato un video sul nostro canale YouTube.
Innanzitutto bisogna chiarire la differenza principale tra i due metodi. Il BIAB non prevede il lavaggio delle trebbie o sparge. Nel metodo australiano il mosto viene brassato in un unica pentola. Al contrario nel metodo classico All Grain 3 Tini, le trebbie vengono lavate o con il sistema Fly Sparge o con il Batch Sparge. In questo caso vengono utilizzate 3 pentole, una per il mash, una per scaldare l'acqua per lo sparge e una per la bollitura. Ma andiamo ad analizzare i due metodi.
La prima differenza tra i due metodi riguarda la proporzione acqua/grani in mash.
Per la prima cotta è stato un po' complicato calcolare l'acqua necessaria, anche perché inizialmente siamo stati un po' confusi dalla marea di materiale on line che spesso si contraddice.
Con il metodo classico abbiamo utilizzato un rapporto di 6 litri di acqua per chilo di grani che abbiamo utilizzato per tutte le birre. Il rapporto finale di 6 litri di acqua per chilo di grani è stato suddiviso in 3 litri di acqua per chilo di grani nel mash e i restanti 3 litri per lo sparge, con buoni risultati. Nel BIAB invece ci è capitato più volte di portare il rapporto acqua/ grani anche oltre i 7 litri di acqua per chilo di grani.
La proporzione acqua - grani influisce sicuramente sul mash. Abbiamo notato che il mosto piu’ fluido crea un mosto più diluito e porta ad avere un mosto più’ fermentatile ricco di maltosio. Al contrario un mosto più’ concentrato crea un mosto più corposo e di zuccheri meno fermentatili ricco di destrosio.
Con il BIAB abbiamo ottenuto birre più secche meno corpose rispetto alle birre fatte in AG Classico a parità di temperatura di mash.
Per la prima prova abbiamo preferito, su consiglio di un Amico, mantenere un rapporto di 6:1 (3:1 mash 3:1 sparge) evitando inutili rischi. L'unico dubbio, che poi si è materializzato, è che rispetto alle nostre abitudini in BIAB, abbiamo ottenuto meno mosto nel fermentatore. Certamente questa prima cotta in AG Classico ci è stata utile per calcolare le perdite e prendere spunto per le cotte successive e abbiamo capito come si comportava il nostro impianto con il nuovo metodo. D'altronde una cotta pilota la dovevamo fare.
L'altra grossa differenza tra i due metodi è il mosto torbido che si porta in bollitura con il BIAB. Le prime volte con il metodo tradizionale siamo rimaste incantati, rapiti nel vedere quel liquido trasparente ribollire, da l'impressione di una cosa migliore, ma penso sia più una sensazione. La differenza della presenza di farine nel mosto di bollitura comporterà sicuramente una diversità chimica ma non ho idea se influisca nel risultato finale. Certamente la presenza di farina non crea problemi di birra torbida, o deposito in bottiglia, visto che normalmente il deposito è dovuto principalmente al lievito in sospensione nella birra durante l'imbottigliamento. I nomali travasi, non più di due perché alla fine si rischia di ossidare troppo il mosto prima e la birra poi, servono anche per eliminare le farine residue. In rete non ho trovano niente che parlasse della differenza dei due mosti, ma semplicemente proclami sul fatto che un mosto limpido sia migliore di uno "sporco". Sinceramente non penso ci siano differenze a parte quella visiva, forse le farine possono essere in qualche modo la causa di un invecchiamento precoce che abbiamo notato nelle birre meno alcoliche in BIAB.
Nel BIAB di solito maciniamo fine, per avere una densità più elevata. Nella tecnica classica si macina meno finemente per il semplice motivo che il sistema di filtrazione delle trebbie, come il filtro bazooka, tenderebbe ad otturarsi con le farine. In alcuni casi con filtri diversi come l'Halo, si rischia di avere poi farine in bollitura.
Così, senza riflettere sul nostro sistema di filtraggio, per la prima cotta abbiamo allargato i rulli del mulino e macinato più grossolanamente. Alla fine ci siamo accorti della cavolata, visto che abbiamo utilizzato la sacca come filtro non avevamo ragione di macinare più grossolanamente.
Per quanto riguarda l'efficienza, questo dato tanto cercato dai neofiti, non abbiamo riscontrato differenze particolari. Forse la differenza tra BIAB e il metodo classico l'efficienza è più stabile e ripetitivo per le cotte nel AG Classico con valori dal 73% al 77%. Le uniche eccezioni sono state la cotta Joe Alba 120 IBU dove abbiamo ottenuto un 63% a causa dell'enorme quantità di luppolo che alla fine ha assorbito un quantità esagerata di mosto, causando un litraggio molto più basso del preventivato e la prima cotta-pilota dove abbiamo ottenuto un 71%. Nel BIAB, forse per un ambiente meno stabile in generale per il rapporto acqua/grani risulta più ballerino, avendo ottenuto nel tempo cotte che variavano dal 60% al oltre 80%.
Ma veniamo al punto cruciale che scoraggia tanti neofiti, l'attrezzatura. Normalmente quando si parla di AG 3 Tini si pensa immediatamente alla complessità dell'impianto molto più complesso e di conseguenza più costoso di un monopentola BIAB. La nostra fortuna è stata quella di avere a disposizione un'altra pentola, acquistata per raddoppiare la produzione delle cotte in BIAB, ma poi abbandonata per l'eccessivo lavoro rispetto alla più adatta, ai nostri standard, pentola da 50 litri. E stato grazie a questa pentola che abbiamo potuto provare il metodo classico. Il metodo tradizionale prevede anche un ulteriore pentola per scaldare l'acqua per lo sparge. E qui ci è venuta utile la semplice pentola in alluminio che utilizziamo per la passata di pomodoro, utilizzata solo un paio di volte d'estate. La pentola non è grandissima ma contiene i 23 litri che ci sono serviti per le nostre cotte. Se in futuro decidessimo di fare qualche cotta più densa, e sarà necessario avere più acqua per lo sparge utilizzeremo un ulteriore pentola usata all'inizio della nostra storia per i kit da 13 litri.
Nel BIAB utilizziamo una sacca per contenere le trebbie che finito il mash solleviamo e strizziamo per recuperare più mosto possibile intrappolato nelle trebbie. Al contrario nel metodo classico il filtraggio è una conseguenza del lavaggio delle trebbie che oltre a pulire il mosto recupera gli zuccheri intrappolati. Questo comporta alla fine anche un mosto libero da polveri e residui dei grani macinati. E' il metodo di filtrazione fa la differenza tra i metodi.
Abbiamo così deciso di utilizzare la stessa sacca del BIAB per vedere se questa pazzia poteva funzionare, pensando che le la maggior parte delle farine, passa a causa dello strizzamento della sacca. Dall'utilizzo della sacca abbiamo notato che la cosa più importante è che la sacca sia ben aderente alla pentola e grazie alla farina stessa che tende a concentrasi tra la sacca e la pentola crea un zona che impedisce al mosto di aggirare le trebbie.
Ma veniamo alla cotta vera e propria. Fin da subito si notano le differenze nella preparazione del materiale. Si parte con il quantitativo di acqua. Abbiamo notato che con il metodo classico si ha la necessità di qualche litro in più mediamente 4 - 5 litri. Per la macinazione nessuna differenza utilizzando la stessa sacca. Invece nella preparazione delle pentole, abbiamo dovuto approntare due pentole invece di una, montando due rubinetti e relativi filtri mini-bazooka che smontiamo sempre per ripulirli, qui ci vuole più tempo e anche se minimo più spazio del BIAB per sistemare tutto.
In entrambi i metodi ho riscontrato due difficoltà se si birrifica da soli. Nel BIAB, è difficile sollevare la sacca tenerla ferma e poi strizzarla. Il problema è dovuto al peso dei grani inzuppati di mosto. Nel AG Classico invece utilizzando un solo fornellone, la difficoltà è una volta riempito la pentola di boil con 40 litri di mosto posizionarla sul gas ad un'altezza di 80cm. In due è tutto più semplice, uno solleva e tiene in tensione la corda attaccata alla sacca e l'altro strizza la sacca con un paio di guanti magari di silicone per evitare facili ustioni. Nel AG Classico sarebbe utile creare una struttura a gradini dove sistemare le tre pentole e non dovessi spaccare la schiena per sollevare la pentola piena.
Per le fasi iniziali della cotta non abbiamo riscontrato differenze, ma terminato il mash le strade si dividono. Per il metodo classico c'è il lavaggio delle trebbie la vera differenza tra i due sistemi. Noi abbiamo optato per fare fly sparge, anche se utilizzando la sacca come filtro sarebbe stato più naturale fare batch sparge. I due sistemi differiscono soprattutto per la durata dello sparge. Ed è proprio questo il motivo per cui abbiamo scelto il fly.
In pratica terminato il mash abbiamo aperto il rubinetto e riversato all'interno della pentola il primo litro per rifiltrarlo. Abbiamo poi lasciato defluire il mosto nella pentola di boil fino a poco prima che le trebbie si scoprano e abbiamo cominciato ad aggiungere l'acqua di sparge a 78°C. Terminata l'acqua di sparge abbiamo lasciato svuotare completamente la pentola di mash dal mosto lasciando dietro le trebbie asciutte. Abbiamo notato che nelle trebbie rimane intrappolato circa 1 litro di mosto per ogni chilo di grani è il dato lo abbiamo poi riportato nelle successive ricette per il calcolo dell'acqua.
Per le fasi finali i due metodi seguono le stesse metodologie di bollitura, luppolatura, whirpool e raffreddamento.
A questo punto molti si chiederanno, "ma alla fine qual'è la birra più buona?". Entrambe.
Secondo la nostra esperienza entrambi i metodi sono validi per creare una birra degna di questo nome e sinceramente non abbiamo rilevato una differenza così marcata. Il nostro è un punto di vista casalingo, vorrei vedere un birrificio con una sacca da 1000 litri!!!
Il sistema australiano è sicuramente il più idoneo metodo casalingo, comodo, veloce e poco costoso per brassare una birra anche in ambienti poco ampi o addirittura anche in casa con un minimo di organizzazione o con un mash concentrato. Il metodo classico al contrario richiede spazi più ampi, più tempo e più denaro. Importante rimane comunque con che spirito si affrontano le cotte.
Alla fine possiamo concludere dicendo che le birre fatte con i due metodi sono difficilmente distinguibili da un semplice assaggio.
Possiamo dire che le birre eseguite in BIAB con rapporti acqua-grani superiori a 6-1 abbiamo ottenuto birre più secche quindi più alcoliche, e quindi con meno corpo e meno stabili. L'unica differenza percepibile, secondo noi, che le birre in BIAB tendono a perdere il poco corpo man a mano che bevete la birra perdendo gusto e aroma una volta aperta la bottiglia. Sul web qualcuno lo definisce "effetto watering".
Nelle birre fatte con rapporti inferiori questo effetto è meno evidente, ma comunque sempre presente.
Per quello che riguarda l'invecchiamento della birra sempre per il metodo BIAB, un tema tanto caro a chi inizia, abbiamo notato che le birre a bassa gradazione alcolica, sui 4% e ricche di luppolo, tendono ad ossidarsi più velocemente perdendo man mano gusto e aromi diventato sempre più amare e appiattendosi. Questo effetto invece non lo abbiamo riscontrato in birre più alcoliche, anzi birre sui 7-8% bevute dopo 6 mesi hanno dato il meglio di sé.
Per il metodo classico abbiamo riscontrato a parità di temperatura di mash birre più maltose e corpose, con aromi e sapori più stabili.
Per l'invecchiamento delle birre non abbiamo notato una differenza così marcata rispetto al BIAB. La ORO VI brassata 5 mesi fa ha denotato, anche se in forma minore un effetto simile al BIAB con una perdita degli aromi, ma mantenendo sempre un corpo.
In conclusione possiamo dire che, secondo la nostra esperienza casalinga, le birre eseguite in BIAB non hanno niente ad invidiare al metodo classico.
Non siamo qui per fare un articolo contro il metodo tradizionale, lungi da noi neanche averlo mai pensato, anzi è probabile che si ottengano birre migliori, ma riteniamo che il sistema australiano sia più adatto a noi birraioli casalinghi, più semplice, più veloce e meno dispendioso.

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Giovedì un post che ha riscosso meno successo. 
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martedì 16 luglio 2019

Il Meglio Parte V - RIMS Recirculation Infusion Mash System

Quinta parte del Meglio del Signor Malto. Questa volta parliamo di attrezzatura, attrezzatura un pò particolare. Un articolo che ha riscosso gran successo posizionandosi all'interno della Top Five generale.
Qui potete trovare illustrazioni su come è costruito e come funziona nei dettagli quasi fosse una guida. 
Post uscito nel 2013.
Buona Lettura.

Dopo circa quattro mesi di rinvii e problematiche varie, sono riuscito a montare, sistemare e tarare il RIMS, un sistema unico per mantenere costante la temperatura durante la fase di mash.
La storia inizia, ancora prima di iniziare a fare All Grain, durante le mie nottate alla ricerca di materiale utile, su internet, soprattutto sui forum, per compiere il passo verso la realizzazione di una birra diversa e forse migliore della classica latta già pronta.
In mezzo alle sigle insensate che mi scorrevano davanti agli occhi, c'era anche RIMS.
Dopo la scorsa estate, è iniziata la nostra avventura All Grain. All'inizio la materia sembrava ostica, così abbiamo partecipato ad un incontro insieme ad Andrea, e abbiamo assistito a una cotta. Siccome il locale  non permetteva l'utilizzo di più pentole,  la dimostrazione utilizzava il metodo BIAB con una sola pentola.
Dopo aver girato in lungo e largo il web a cercare di capire come fare la nostra birra in AG, vedere quella dimostrazione fu una folgorazione.
Era tutto più semplice di quanto avevo immaginato, almeno sembrava. 
Così abbiamo iniziato a comprare la pentola e poi a bucarla per metterci il rubinetto, il fondo costruito con un coperchio bucandolo con un trapano come colabrodo, poi abbiamo preso la pompa, il mestolo, il termometro digitale.
I problemi sono iniziati quando ho ordinato la sacca. Dopo aver letto e riletto blog e forum, ero arrivato alla conclusione che la sacca migliore la faceva Mareth, in Irlanda, e tra me  e me mi sono detto "la voglio".  
Ma mi ci sono andati tre mesi per capire come ordinare, altre tre mesi per aspettare che ci fosse la possibilità  di ordinare e poi un mese di attesa. Nel frattempo posseduti dalla scimmietta pazza, abbiamo effettuato la nostra prima cotta con una sacca fatta in casa, che si è rivelata non proprio adatta, ma ci ha comunque permesso di fare la nostra prima esperienza.
Dopo l'arrivo della sacca, ci è stato un notevole miglioramento dell'efficienza e della facilità di strizzamento per il recupero della maggior parte del mosto intrappolato nelle trebbie.
Dopo altri miglioramenti, conducibili alla macinazione dei grani, al pH del mosto, alla variazione della durata e della temperatura del mash, ci siamo accorti che non riuscivamo a mantenere costate la temperatura del mash, a volte con oscillazione di oltre due gradi, diventava così inutile tutte le accortezze se poi non riuscivamo a mantenere la temperatura. E così che mi rivenne in mente, in mezzo a tutte quelle sigle, il RIMS.
Il RIMS è un sistema, che tramite una pompa, una resistenza e un termostato, mantiene costante la temperatura durante le fasi di mash.
La Resistenza
Componenti lato resistenza
Il RIMS è costruito tramite un tubo in acciaio inox.
Qui sopra potete vedere tutti pezzi che compongono il RIMS, con l'alloggiamento per la resistenza dove viene fatto circolare in continuo il mosto tramite la pompa.
La resistenza a sua volta, è collegata ad un termostato che controlla la temperatura e una volta fuori dai parametri stabiliti attacca la resistenza fino al raggiungimento della temperatura stabilità.
Componenti lato sonda
Sonda montata NTC10K
La resistenza utilizzata è in acciaio inox da 1500W e serve solamente per mantenere la temperatura di mash costante. Una volta raggiunta la temperatura con il gas, si accende il Rims e la temperatura di mash viene mantenuta costante, per tutto il tempo necessario.
Qui la scatola contenete il termostato/termoregolatore, che inizialmente era stata costruita per trasformare un freezer in una cella climatica, progetto non ancora attivato, e quindi preso in prestito, fino alla sistemazione con un sistema più adatto, utilizzando un PID (Proportional-Integral-Derivative), ma ne parleremo un'altra volta.
Attacco rapido in entrata
Attacco rapido in uscita
Negli scorsi giorni, dopo averlo montato e utilizzato il teflon, per evitare perdite dalle giunzioni, ho provveduto a sistema il tubo, su una tavola, sistemazione provvisoria in attesa di inserirlo in un sistema stabile sul banco di lavoro, magari saldando una lastra di ferro, su cui fissare il RIMS e la pompa ad un lato del banco.
Il mosto esce dal rubinetto, entra nella pompa, dalla pompa entra nel tubo tramite l'attacco rapido e incontra la resistenza, scorre lungo il tubo per poi uscire dalla parte opposta, dove incontra la sonda e tramite la gomma rifluisce nella pentola.Il lavoro più complicato è stato tarare il termoregolatore, per riuscire a capire come uguagliare le temperature tra la sonda del termostato e il termometro digitale. Naturalmente la temperatura pilota e più sicura è quella del termometro digitale, mentre le sonde devono essere tarate in funzione del termostato utilizzato. Per esempio qui potete vedere la differenza di temperatura tra i due dispositivi, uno segna 63,6°C, l'altro 65,2°C. Alla fine la differenza si è stabilizzata sui 5 gradi di differenza tra sonda e termometro.
Ora è tutto pronto per fare la prima cotta, visto che è possibile che siano differenze tra un fluido come l'acqua utilizzata oggi per la prova e il mosto vero e proprio, un liquido molto più denso.
L'impianto completo







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giovedì 11 luglio 2019

Il Meglio Parte IV - Preparazione di una cotta con metodo BIAB

Quarta parte del Meglio del Signor Malto. Ritorniamo alla birra. Un articolo che ci era stato richiesto ma che alla fine non ha riscosso molti click, strano. Forse è sfuggito hai più.
Qui potete trovare illustrazione su come preparare nei dettagli una cotta con il metodo australiano BIAB. 
Nel post illustrato mostriamo la nostra esperienza. 
Post uscito nel 2014.
Buona Lettura!

Ciao, dopo aver liberato il fermentatore, imbottigliato la blanche, e pulito tutto, si può ricominciare a brassare una nuova birra. Come già sapete, domani ci aspetta una cotta facile facile, tanto per rinforzare la cantina, e così preparare una cinquantina di bottiglie, di varie misure, di una birra beverina, senza pretese, ma con tanto aroma di luppolo americano. 
Nonostante non siamo riusciti ancora a fare la Tripel, che ci avrebbe permesso di fare tutte le birre che ci eravamo prefissi, e avere così, una discreta varietà di birre, per poi affinarle.
Ma la mancanza degli ingredienti necessari per la brassatura della belga, e in attesa del prossimo imminente ordine, abbiamo deciso di procedere con il replay della Quanah l'American IPA.
Questa volta la rifaremo modificando la temperatura, la durata del mash e l'utilizzo del Maris invece del Pale e la totale assenza del Carapils, l'unico malto speciale sarà il Crystal che andrà a conferire il corpo caramellato più classico della IPA Inglesi. Se non fosse stato per la presenza di 400 grammi di luppoli americani che stanno scandendo, avremmo fatto un IPA Inglese classica.
Quindi nel pomeriggio mi sono recato nel nostro garage/tavernetta/birreria, per preparare tutto il necessario e verificare tutti gli ingredienti necessari per la cotta di domani.
Ancora una volta dobbiamo rimandare l'utilizzo del rims, l'oggetto tanto desiderato, progettato per mantenere costante la temperatura del mash, la parte più difficoltosa che abbiamo dovuto affrontare dopo queste otto cotte in BIAB.
Purtroppo dobbiamo rimandare l'inaugurazione per la mancanza della sonda da collegare al dispositivo per la lettura della temperatura del mosto. A breve acquisteremo la sonda e se tutto va bene, dalla prossima cotta, una weizen tedesca, birra di grano maltato,  potremmo avere a disposizione il RIMS (Recirculating Infusion Mashing System - SISTEMA DI AMMOSTAMENTO A RICIRCOLO DI INFUSIONE), che dovrà però essere tarato, per avere corrispondenze di temperature tra quelle reali misurabili con il termometro digitale e quello misurato dalla sonda tramite il termostato STC1000.
Così ho iniziato con posizionare il carrello che ospiterà tutta l'attrezzatura.
Poi la bacinella per la spremitura della sacca.
Poi è la volta del fondo.
Il secchio del fermentatore che utilizziamo per la macinatura dei grani.
La tavola superiore del carrello, dopo la prima cotta, è rimasta bruciata dal calore sprigionato dal fornellone, e per evitare ulteriori rischi di bruciature, abbiamo semplicemente posizionato uno strato di carta stagnola.
Sopra la stagnola sua Maestà il fornellone.
Sopra al fornellone mettiamo uno spargi fiamma, per smorzare la fiamma diretta sul fondo della pentola.
Quindi la regina della nostra attrezzatura, la pentola da 50 litri. Senza rubinetto però!
La pentola in primo piano, senza rubinetto.
Le parti del rubinetto in sequenza, con l'immancabile teflon.
Il rubinetto montato senza i filtri minibazooka.
I filtri montati.
Un tocco speciale, il mulino in assetto da macinatura!!
L'ultimo tassello di questo puzzle, la pompa.
E' l'ora dell'acqua, se no sti grani dove li facciamo bollire.
Classico rimedio per scaricare l'acqua, con un semplice tubo e l'asta di misura per controllare il livello dei litri, ricavato dal mestolo di legno che utilizziamo per mescolare le trebbie.
ecco qui il nostro impianto 1.0 al completo o quasi, cosa manca...
Il termometro! Con il terminale legato al tubo di uscita della pompa, per verificare la temperatura nel punto di entrata nella pentola, del mosto caldo.
Poi non rimangono che l'allestimento di tutti quei piccoli particolari indispensabili per la riuscita della cotta. Bilancia, densimetro, colino, tintura di iodio, acido lattico, filtri per luppoli, un bicchierino per il controllo del pH, il pHmetro, un termometro secondario, un pennello per la pulizia del mulino, i bicchieri per le gittate del luppolo, i bicchieri per la idratazione del lievito secco, il bisolfito di potassio, un bicchierone graduato, un cucchiaino con il manico lungo.
E poi il fermentatore, il rubinetto, e per ultima ma non certo l'ultima, ma il cuore di tutto, la sacca dei grani, che appoggiata alla pentola, sembra chiedersi "che ci faccio quà fuori?", e tenta di scivolarci dentro.
Infine ecco il grist della cotta, Maris Otter, Crystal 150L e Fiocchi d'Orzo.
Siamo arrivati alla fine della giornata di preparazione, tutto è pronto o quasi, manca ancora la corda per sollevare la sacca, distrazione!
Domani mattina, non rimane che iniziare proprio dalla corda, per poi passare alla macinatura dei grani, ma questa è un'altra storia.


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martedì 9 luglio 2019

Il Meglio Parte III - Liquore al Luppolo

Terza parte del Meglio del Signor Malto. Cambiamo completamento ambito, parliamo di infusi alcolici. Questa volta esponiamo la nostra esperienza nella creazione di un liquore al luppolo. Il liquore ottenuto tramite infusione di luppolo informato pellets in alcool 95°C per liquori. 
Nel post illustrato mostriamo la nostra esperienza. 
Il post è un elaborazione della prima stesura uscito nel 2014 e che potete trovare qui: https://signormalto.blogspot.com/2014/10/liquore-al-luppolo-non-solo-birra.html
Questa seconda stesura è uscita nel 2016.
Buona Lettura!

Mi ricordo che i primi pensieri di creare un liquore al luppolo, mi vennero in mente quando scoprii il DHEA, luppolatura a freddo con estrazione alcolica.
Cominciai ad informarmi sulla tecnica fin dai tempi delle prime birre fatte con i kit, per migliorare e intensificare l'aroma della birra. 
Le esperienze di amici e conoscenti, diverse tra loro, a volte confuse, alla fine non mi aiutarono a trovare quella sicurezza che mi avrebbe permesso di fare qualche passo in più, tanti timori, e alla fine per evitare di trovarsi con una birra troppo amara e/o con un eccessivo gusto e aroma di alcool, mi fecero rinunciare.
Oltre alla birra, che brassiamo tutto l’anno o quasi, nel periodo estivo, insieme a mio figlio, prepariamo, anche degli estratti alcolici, molto semplici, limoncello classico liquore a base di scorza di limone, lamponcello liquore fatto con i lamponi freschi, arancello con scorze di arancia, il mirto con le bacche dello splendido arbusto sardo, e l’amaretto con noccioli di albicocche, tutti accomunati dall’utilizzo della tecnica dall’infusione in alcool a 95°.
Era una giornata di luglio molto calda, ci stavamo rilassando gustandoci un rinfrescante limoncello, dopo pranzo, preparato qualche settimana prima, con i limoni della Riviera Ligure di Ponente, che nulla hanno da invidiare ai più nobili Sorrentini, il famoso "femminiello Sorrentino" o ai parenti siciliani, mi balenò l'idea: "e se invece di metterci la buccia dei limoni, ci mettessi il luppolo??". 
Fu un fulmine a ciel sereno. 
Acquistato il litro di alcool 95%, e utilizzando il nostro caro bottiglione per starter da 5 litri, decisi di fare una prova.
Non conoscendo appieno le qualità, gli aromi e la percentuali di Alfa Acidi dei nostro luppolo nostrano, decisi di utilizzare le selezioni di luppolo che la maggior parte di noi acquista presso negozi o siti specializzati.
Le proprietà del luppolo sono riconosciute dal mondo erboristico, come una pianta medicinale, utilizzato spesso per creare ricette, per le sue proprietà digestive, perché stimola la produzione dei succhi gastrici, per stimolare l’appetito, per la presenza di un alto contenuto di magnesio e potassio associato ad un basso contenuto di sodio, che lo rendono un ottimo rigenerante e diuretico, ma la funzione principale è sicuramente l’azione sedativa, ipnotica, calmante e spasmolitica, e quindi indicato per la preparazione di preparati per stati di eccitazione, insonnia e disturbi del sonno, tensione emotiva e ansietà.
Per la ricetta, ho seguito le proporzioni del limoncello, 1 chilo di frutta fresca, 1 litro di alcool a 95°, 1 litro di acqua, 1 chilo di zucchero. 
Il dubbio riguardava la quantità di luppolo da utilizzare e il formato, mentre il litro di alcool, il chilo di zucchero e il litro d'acqua, erano la base per raggiungere un grado alcolico consono a realizzare un liquore intorno ai 45°. 
A disposizione avevo del luppolo in pellets, un pò datato, che avevo acquistato per fare del DHEA, ma poi mai utilizzato. 
I luppoli tra cui scegliere erano due, il Willamette, un luppolo d'aroma, speziato con un aroma floreale, di origine americana, nello specifico dell'Oregon, alfa acidi 4,7, e del Challenger, luppolo da aroma, delicato, speziato, fruttato, utilizzato anche per l'amaro di origine inglese, alfa acidi 6,7.
Scelsi il luppolo americano, più per il più basso contenuto di alfa acidi, indicato per dare più aroma che amaro. 
Il passo successivo è stato decidere la quantità da utilizzare. Il luppolo in pellets, rispetto al quello in coni, risulta essere più concentrato, visto che viene macinato e pressato, mentre i coni vengono confezionati così come sono, mettendoli solo sotto vuoto. Il quantitativo giusto era importante per evitare il rischio di ottenere un liquore troppo amaro, che sopraffacesse l'aroma.
Ho così calcolato la proporzione tra un prodotto fresco e un prodotto essiccato e successivamente macinato e pressato. 
Se avessi utilizzato dei coni essiccati che perdono circa 80% del peso di un prodotto fresco, e visto che per i liquori in infusione alcolica che prepariamo utilizziamo un chilo di materiale fresco, di solito frutta, con ottimi risultati, avremmo dovuto usarne 200 grammi. 
Ma il luppolo in pellets ha un potenziale doppio rispetto ai coni solo essiccati, ho deciso di utilizzarne la metà, un etto. 
Così cercando di mantenere la proporzione delle nostre infusioni alcoliche abbiamo utilizzato un litro di alcool a 95%, e un etto di luppolo in pellets con la percentuale di Alfa Acidi originale del 4,7%.
Il tempo di infusione, varia a secondo delle varietà di erbe e/o frutta utilizzata, per questa ricetta ho deciso di lasciare il luppolo immerso nell'alcool per 15 giorni, cercando di evitare tempi più lunghi che avrebbero potuto aumentare l'estrazione di amaro.
Appena versato, l’alcool si è colorato di un verde intenso, è la clorofilla che si scioglie nell’alcool.
Una energica agitata, per mescolare bene il tutto prima di riporlo in un ambiente al buio, per evitare che la luce solare possa danneggiare il nostro luppolo.
Passati i 15 giorni, si passa alla seconda fase che prevede la filtrazione dell’infusione e la preparazione dello sciroppo con un chilo di zucchero in un litro di acqua. Si fa bollire il litro di acqua e poi si aggiunge il chilo di zucchero, lo si scioglie bene, si spegne e si lascia raffreddare a temperatura ambiente. La filtrazione dell’alcool serve per separare la parte solida del luppolo dall'alcool, che successivamente sarà unito allo sciroppo. Come potete immaginare il formato pellets essendo macinato crea anche polvere, rendendo difficile la perfetta filtrazione.
Per la prima fase di filtrazione ho utilizzato un colino di tela, utilizzato per le tisane, adatto più alla filtrazione del luppolo in coni che quello in pellets.
Alla fine è rimasta molta polvere all’interno dell’infusione e quindi si è reso necessario un seconda fase con l’utilizzo di carta filtrante utilizzata per filtrare i liquori, la potete trovare in enoteca o è possibile acquistarlo anche in farmacia.
Normalmente sono fogli 40x40, utilizzati come filtri in farmacia per preparati a base oleosa o alcolica, ma utilizzati anche per pulire olio di oliva e vini dalle scorie. La grammatura della cellulosa acquistata è intorno ai 20 µm. Così ne ho tagliato un pezzo e inserito in un imbuto, e abbiamo cominciato a versare l’infusione.
Come potete immaginare, il liquore scende per capillarità, e scende praticamente goccia a goccia, a causa della trama finissima della carta, e per poter far passare un litro ci vogliono diverse ore. Nel nostro caso ci sono volute 8 ore per filtrare un litro, alla fine però esce perfettamente limpida. A seconda delle impurità presenti, un solo foglio non basta, tendendo a bloccare sempre più il passaggio del liquore, costringendoci a cambiarlo almeno un paio di volte a litro.
Una volta terminata la fase di filtrazione e aggiunto lo sciroppo, non si può imbottigliare subito, bisogna aspettare che lo sciroppo si misceli bene con gli aromi e l’amaro del luppolo, quindi è necessario avere a disposizione un altro contenitore dove versare l’infusione durante la filtrazione. 
Ci vogliono almeno 5 giorni, perché si misceli. Consiglio di agitare il bottiglione, quando capita, ma almeno una volta al giorno, per evitare la stratificazione dello zucchero. 
Con il litro di alcool, un litro di acqua e 1 chilo di zucchero si ottengono circa 2 litri e mezzo di puro nettare di luppolo.
Una volta terminata la fase di imbottigliamento si porta il liquore ottenuto a maturare in un ambiente fresco, ideale la cantina con una temperatura intorno ai 10°C per un due tre mesi.
Come per la birra, dovete armarVi di un pò di pazienza, ma alla fine sarete ricompensati da un inebriante liquore, mai gustato prima.
Dopo tre mesi abbiamo assaporato il liquore, è stata un esperienza nuova, il profumo che sale nel naso è potente, la volatilità alcolica fa salire un aroma unico, l’aroma floreale amplificato, un pò particolare.
Una volta in bocca, il primo impatto è il calore che sprigiona per il suo grado alcolico, si sente subito che è un alcolico forte, molto forte, poi si apprezza l’amaro, è un crescente continuo, che invade la bocca e man mano che scende diventa sempre più importante, insieme, come trascinato, si percepisce anche l’aroma. Un volta deglutito, l’amaro aggredisce le mucose della gola sprigionandolo in continuazione, molto simile all’aroma di alcune birre inglesi, ma molto più intenso e amaro, e continua ad aumentare anche una volta deglutito. Dopo qualche minuto rimane in bocca la freschezza e la fragranza aromatica particolare del luppolo.
Il risultato del primo tentativo è stato strabiliante, sicuramente un esperienza da ripetere, cercando di modificare qualcosa per vedere se è possibile migliorare l’aroma, diminuendo l’amaro. 
Per la prossima volta, la scelta dei luppoli resta fondamentale, utilizzando più luppoli dall’aroma simile, particolarmente adatti gli aromi agrumati, miscelandoli tra loro, si potrebbe rivelare la scelta azzeccata. La miscela di successo potrebbe essere l’utilizzo di Cascade per l’80%, 40 in coni e 40 in pellets, il Simcoe 10% e il Citra 10% entrambi in pellets. Il tempo di infusione sarà diminuito a 10 giorni, per vedere le differenze con la prova precedente. L’utilizzo di formati diversi potrebbe permettere di bilanciare meglio l’amaro e gli aromi.
Questa avventura finisce qui, per ora, non ci resta che fare una nuova prova, e magari anche Voi, provate e portate le Vostre esperienze.


Il meglio del Signor Malto - 2 uscite settimanali dall'archivio del Signormalto oltre 350 post.
Martedì uno degli articoli più cliccati di sempre.
Giovedì un post che ha riscosso meno successo. 
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giovedì 4 luglio 2019

Il Meglio Parte II - Come preparare uno starter

Seconda parte del Meglio del Signor Malto. Rimaniamo in ambito parlando di come preparare uno Starter. Il post non fu notato da molti e risulta essere uno dei meno cliccati. Vediamo se è stato solo una svista dei più, magari dovuto al momento. Nel post illustrato mostriamo la nostra esperienza. 
L'articolo è uscito nel 2014. 
Buona Lettura!

Ragazzi è cominciata la settimana Imperial, naturalmente di giovedì. Questi giorni ci porteranno a brassare Domenica,  Juniperus,  la Imperial Stout, una birra scura ad alta gradazione che necessità per una completa fermentazione di un numero molto più alto di cellule del lievito attive, è quindi necessario la preparazione di uno starter, in questo caso due.
Non Vi sto a spiegare in dettaglio cos'è uno starter, potete recepire tutte le informazioni che Vi servono in rete, qui riporto la nostra esperienza di giovedì.
La prima cosa che mi sono procurato, sono stati i contenitori da utilizzare, uno un bottiglione da 5 litri dove c'era del vino,
l'altro un matraccio, trovato per caso in un mercatino dell'usato.
Sono partito con la sterilizzazione dei contenitori in lavastoviglie con un ciclo ad alta temperatura, naturalmente senza detersivo e brillantante, ovvio.
Poi con calma ho preparato il materiale necessario: 500 grammi di malto light, la pentola, il mestolo, la frusta, il nutrimento per lievito, il termometro, il bisolfito e un contenitore graduato un paio di guanti. Può essere utile anche l'aeratore e un agitatore magnetico.
Il lievito utilizzato per lo starter era stato attivato tre giorni prima, perchè confezionato a febbraio e prima di essere utilizzato, deve essere attivato un giorno prima per ogni mese passato. In questo caso 3 giorni. 
La difficoltà maggiore, nell'utilizzo di questo tipo di lievito liquido, e costituito da un sacchetto contenente i lieviti e all'interno un sacchettino contenente i nutrienti. I lieviti vengono tenuti in stasi al freddo, e poi quando devono essere risvegliati, si portano a temperatura ambiente (21-24°C) e viene rotto il sacchettino interno che li nutre e si riattivano.
Purtroppo non è così semplice rompere il sacchettino interno che contiene i nutrienti, e abbiamo trovato difficoltà, tanto che una delle buste non siamo riusciti a romperla bene, e solo una piccola parte dei nutrienti è finita nel lievito, crescendo poco e non riuscendo ad attivarlo completamente, speriamo che si moltiplichi insieme alla mini birra fatta con l'estratto light. Per fortuna l'altra busta invece era bella gonfia.
Siccome dovevo preparare due starter da due litri, ho messo 4 litri nella pentola insieme a 460 grammi di estratto light e un paio di grammi di nutrimento per lievito che aiuta i lieviti a moltiplicarsi. Ho acceso e portato in ebollizione per dieci minuti.
Una volta portato in ebollizione.
Ho spento è raffreddato nel lavandino.
Terminato il raffreddamento a 21°C ho inserito il primo litro della mini birra nella bottiglia e ho aperto la prima busta, quella meno gonfia. E li che ho scoperto che il sacchettino interno con nutrimento, non era completamente rotto, ed era la causa della mancata completa attivazione. Ho versato il contenuto nella bottiglia e poi ho versato l'altro litro per ossigenare un pò. L'aeratore che ho comprato per lo scopo purtroppo non funzionava, come sempre c'è sempre qualcosa che non va! Così ho mescolato un paio di minuti a mano. Poi ho fatto il secondo starter sempre con lo stesso metodo.
Purtroppo non mi sono organizzato a tempo, nel trovare due tappi di sughero adatti a chiudere le bottiglie e successivamente fare un buco ed inserire un gorgogliatore, ho sigillato la bottiglia e il matraccio con una garza sterile.
Sarebbe importante tenere le bottiglie in movimento il più possibile, per questo molti utilizzano agitatori magnetici, che costruirò a breve, visto che tra l'altro ho quasi tutto, mi manca la calamita da inserire sopra la ventola, e l'ancoretta da mettere dentro al matraccio.
Oggi c'era un buon strato di fondo, anche se stasera mi sembra che stiano perdendo forza, pensavo ci avrebbero messo più tempo per moltiplicarsi. Avrei preferito inocularli in pieni fase fermentativa. Domani si procede con la cotta. 
Ma questa è un'altra storia.

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