venerdì 26 settembre 2014

Una nuova avventura in BIAB, Kashmir Ambrata Amara.

Domenica abbiamo rinnovato il rito di brassare, questa volta abbiamo rivisitato la nostra prima dello scorso anno, uguale negli ingredienti e nei quantitativi, ma modificata per la temperatura di mash. Ricordo come fosse ora, tutte le sensazioni ed emozioni che lo scorso anno ci avevano tenuto compagnia nella produzione della nostra prima birra in BIAB, quante dubbi, paure ed incognite sul nostro mini impianto.
Questa volta replichiamo con il nostro impianto ormai collaudato, che conosciamo molto bene.
La modifica ha riguardato la temperatura di mash, abbiamo deciso di cuocere i nostri grani ad una temperatura più alta, rispetto all'originale. La decisione è maturata anche perchè la Raj, appena fatta, è venuta troppo secca e alcolica, e abbiamo portato la temperatura da 63°C a 68°C.
Dalla temperatura di mash, dipende la produzione di birre o più secche, con temperature che vanno da 55°C a 66°C dove si producono zuccheri più fermentabili come il maltosio, o invece più corpose con temperature che vanno da 67°C a 75°C con la produzione di zuccheri meno fermentabili come il destrosio.
Come sempre abbiamo iniziato a preparare il tutto il giorno prima, il fornellone, la pentola, la pompa, il termometro e versato l'acqua.


Abbiamo anche macinato i grani, questa volta utilizzando un trapano per velocizzare le operazioni, ma abbiamo avuto paura che girando troppo velocemente, scaldasse eccessivamente i chicchi, e provando ad abbassare  la velocità, tendeva a bloccarsi la rotazione, indubbiamente da migliorare, utilizzando magari un motore dedicato, ma per il quantitativo che facciamo, non è così importante.


Questa volta, visto la presenza di molti chicchi integri nella scorsa cotta, ho deciso di avvicinare i rulli del mulino portandoli ad una posizione intermedia tra la prima e la seconda tacca, e abbiamo notato che non c'è traccia di chicchi interi. Certo che questo comporterà un aumento delle farine, ma vedremo se l'estrazione sarà migliore.


La scorsa settimana, siamo stati  un pò distratti, dall'attenzione dedicata al luppolo autoctono, e la possibilità di inserirlo nella cotta. Prima però di utilizzarlo abbiamo fatto qualche prova comparativa, avevamo del Cascade aperto, e abbiamo fatto una tisana sia con il selvatico, che con il domestico.
Naturalmente la differenza tra uno fresco e l'altro essiccato, ci ha costretti ad usare un quantità inferiore del domestico rispetto al selvatico, l'essiccato ha un peso inferiore di circa 80% e quindi abbiamo fatto i due decotti, uno con 10 grammi di selvatico, e l'altro con 2 grammi di domestico. I parametri uguali sono: 100 ml di acqua e 5 grammi di zucchero per aumentare l'estrazione, entrambi fatti bollire per 10 minuti e lasciati in infusione per 10 minuti.
Non ci saremmo aspettati, un tale risultato. Prossimamente cercherò di scrivere un articolo sull'esperienza di questi giorni, dove vedrò di farvi un riassunto, dove specificherò anche le diverse piante trovare, con le caratteristiche diverse, soprattutto di dimensioni, e il problema principale, la raccolta. Essendo rampicanti, i coni più belli si trovano in zone alte, arrampicati in cima alle piante ospiti, impossibili da raggiungere senza un mezzo adeguato.


La concentrazione degli alfa acidi del Cascade lo conoscevamo da quanto riportato dalla confezione 7,7, e ci aspettavamo qualche gusto particolare, visto che è uno dei luppoli principi per aromatizzare le birre americane, soprattutto per il suo aroma agrumato. Ma invece, la differenza principale è stato l'amaro, dove il Cascade è risultato più amaro, ma non ci aspettavamo un aroma particolare dal selvatico, che invece ha rivelato una specie di aroma pepato, che ci ha stupiti. Per l'amaro abbiamo dovuto stimarlo, non avendolo fatto analizzare da un laboratorio, è abbiamo deciso di fissare la concentrazione degli alfa acidi intorno ai 3 - 4, non di più, e de probabile che con un tenore così basso, sarà poi difficile che rilasci tanto aroma nel mosto. Dalla foto potete vedere la differenza di colore, il Cascade in giallo ed invece il selvatico è di uno splendido color rubino. Decidiamo alla fine di utilizzare 10 grammi di fresco a 30 minuti, sia per cercare di estrarre un pò di amaro, ma anche per carpire qualche sentore pepato. 
Come consuetudine la ricetta:

Kashmir ALL Grain BIAB
Minuti ammostamento :50
Litri in pentola :40
Litri in fermentatore :26
Efficienza :75 %
OG :1062
ABV :6.1 %
Plato :15.2
IBU :69.3
BU/GU :1.12
EBC : 24

Malti e Fermentabili
Maris Otter 6000 gr 85 %
Crystal 150L 700 gr 10 %
Barley, Flaked 400 gr 6 %
Totale 7100 gr

Luppoli
Target 35 gr 90 min
Pilgrim 9 gr 60 min
Cascade 25 gr 60 min
Goldings, East Kent 25 gr 30 min
Luppolo Autoctono 10 gr 30 min
Goldings, East Kent 25 gr 15 min
Fuggle 28 gr 10 min
Saaz 14 gr 5 min

Lieviti
SafAle English AleS-04 23 gr

Profilo Mash
Beta-amilasi 68 °C 35 min
Alpha-amilasi 72 °C 15 min

Prima di iniziare verifichiamo, visto che un pò che non controlliamo, il pH dell'acqua, 7,40, e come al solito versiamo il succo di un limone nella pentola e accediamo. Aspettiamo qualche minuto che si amalgami e rimisuriamo il pH che si attesta intorno a 6,80. Le temperature ambientali, sono ancora alte e non ci mettiamo molto ad arrivare a 68°C, versiamo le trebbie e diamo una bella mescolata. La temperatura scende fino a 64°C ma in pochi minuti ritorniamo a 68°C.
Sarà la doppia griglia posizionata come spargifiamma o il fatto che stacchiamo la pompa a fuoco spento, ma la temperatura rimane quasi costante per tutti i 35 minuti, abbiamo accedo una sola volta, un paio di minuti, quando la temperatura cominciava ad avvicinarsi ai 67°C. Ogni 5 minuti mescoliamo. L'acidità si è stabilizzato a pH 5,86, leggermente più alto del solito, ma con temperature più alte di mash gli enzimi di alfa amilasi, rispetto ai loro cugini di beta amilasi che prediligono pH più bassi fino a 5,5 - 5,6,  lavorano bene anche ad un pH più alto. Decidiamo di non aggiungere altro.


Il tempo passa veloce e dopo i 35 minuti a 68°C, passiamo a 72°C per altri 15 minuti. Quindi passiamo alla prova della tintura dello iodio, un momento sempre delicato.


Quel suo bel colore rossiccio marroncino ci indica che è tutto a posto,  possiamo tirare su la sacca. Quest'anno, non portiamo più la temperatura a 78°C, per il mash out, inutile visto che non facciamo alcun lavaggio delle trebbie, ma andiamo direttamente in bollitura con la sacca che sgocciola sopra alla pentola.


A causa della macinatura più fine, il mosto sembra più torbido, non ci preoccupiamo più di tanto, alla fine un pò rimarrà sul fondo della pentola, un pò insieme ai lieviti esausti sul fondo del fermentatore.


Intanto mentre Andrea strizza, prima sulla pentola e poi nella bacinella forata, io preparo le gittate di luppoli, compresa quella di autoctono fresco. In questa fase è importante, finito il recupero del mosto all'interno delle trebbie, misurare la densità e il litraggio preboil, che posso servire per eventuali correzioni e modifiche la ricetta originale.


Anche questa volta siamo riusciti a recuperare tantissimo mosto e alla fine avevamo 38 litri da 40 litri iniziali, e due litri lasciati all'interno di 7 chili di grani, sono davvero pochi. La densità è alta anche questa volta, più alta di quando ci aspettassimo, 1046, sicuramente la macinazione più fine a contribuito, e alla fine influirà anche sull'efficienza.


Come già l'altra volta stiamo usando i luppoli vicini alla scadenza o scaduti da poco e quindi certe scelte, soprattutto il Cascade per l'amaro, risulteranno un pò strane o fuori logica, ma dobbiamo levarci un pò di materiale prima di procedere con il nuovo ordine dei luppoli della nuova stagione di raccolta.


Qui le varie gittate in ordine di inserimento.


Da questa cotta, abbiamo eliminato le calze, ed utilizziamo una sacca grande, che avevo sempre preso da customBIAB, per metterci dentro i luppoli.


Assomiglia molto alla sacca che utilizziamo per i grani, ma questa semplicemente non ha la fettuccina per tirarla su. E' molto più comodo, sia all'inizio si prendono i bicchieri e si versano i luppoli, senza più il passaggio di metterli dentro alla calza e legarli, e alla fine basta tirare su, dare una bella strizzata, vuotare il sacco e darci un lavata con acqua e candeggina.
Così rispettando la tabella, iniziamo con il Target e via via tutti gli altri, agli intervalli prestabiliti. Gettando il luppolo così libero, abbiamo avuto la possibilità di notare  la presenza di semi. Chissà quante altre volte sarà accaduto, ma nelle calze è impossibile vederlo, questa volta è stato il Cascade, ha rilasciare una marea di semi.


Vi garantisco che il luppolo autoctono, non lo avevamo ancora inserito. Su internet, nei forum, e tra noi appassionati, la presenza di semi all'interno dei coni evidenzia l'avvenuta fecondazione da parte del polline maschio, e quindi una attenuazione della quantità di polline e quindi della qualità della luppolina. Spesso capita che parlando di luppolo autoctono o selvatico, sia disprezzato perchè sia quasi inevitabile che rimanga fecondato, e che alla fine produca meno luppolina e di qualità scadente. Il fatto che in un luppolo pregiato, acquistato, denota che poi non è così difficile che anche luppoli selezionati, coltivati con passione, molte attenzioni e cure, finisca poi per essere impollinato. Secondo me è impossibile che il luppolo, anche se rigorosamente protetto e controllato, non rimanga fecondato e sfugga alle leggi della natura. Il luppolo è una pianta infestate, cresce ovunque, anche se predilige zone umide vicino a fiumi e terreni drenanti, appunto come i letti sabbiosi e freschi, in poche parole piedi al fresco e testa al caldo, e de quindi impossibile che nella vicinanze di qualche impianto non siano presenti piante maschili o addirittura alcune piante in coltivazioni risultino poi maschi. Anche se scientificamente non è ritenuto possibile, perchè sono due piante distinte, ho potuto vedere con i miei occhi, piante che sembravano maschi e poi invece hanno prodotto coni. In Germania, per la coltivazione del Hallertau, garantiscono che estirpano tutte le piante maschili nel giro di decine di chilometri dai campi. Ma alla fine, non mi scandalizzerei più di tanto, se nei nostri amati luppoli ci sia la presenza di qualche seme, e che sarà mai! Bisogna secondo me essere più fatalisti, non stiamo creando una centrale nucleare o una medicina vitale, semplicemente stiamo facendo birra, e se non sarà proprio aromatica come pensavamo, pazienza, state pur certi che non andrà certo buttata!
Ritorniamo alla cotta. A 30 minuti il momento clou, del pomeriggio italiano, la gittata del luppolo selvatico.


La differenza principale che salta all'occhio e quel bel verde intenso che ci risulta negato dal nostro luppolo domestico essiccato, anche l'occhio vuole la sua parte. Non abbiamo sentito alcun profumo particolare, al momento dell'inserimento, neanche il tanto odiato erbaceo che qualcuno fomenta dalle righe di blog e forum.
Siano in dirittura di arrivo, i 90 minuti sono terminati e si passa al raffreddamento. Ricordatevi,  per chi usa la serpentina, di metterla qualche minuto durante la fase di bollitura per sterilizzarla.


In parallelo, durante questa fase si prepara il lievito, ci vuole una trentina di minuti prima di reidratarsi, ma vi giuro che non ho mai usato il cronometro. Prima di inserire il tubo della serpentina nel rubinetto per il raffreddamento, versiamo un pò d'acqua in un pentolino, portiamo in ebollizione, per sterilizzare l'acqua, si raffredda fino a 25°C e poi la versiamo nei bicchieri, e poi mettiamo a pioggia il lievito, mescolando. Lasciamo riposare una quindicina di minuti, ricordatevi di coprire i bicchieri con una pellicola trasparente, e aggiungiamo un grammo di zucchero, mescolando bene. Utilizziamo sempre un pò più di lievito del necessario, over pitching, riteniamo che così ci siamo più cellule di lievito e inizino prima la fermentazione, lavorando più zuccheri contemporaneamente e finisca più velocemente il processo. Potete utilizzare questo soft on line http://www.mrmalty.com/calc/calc.html, dove si può avere con buona approssimazione della quantità necessarie, a secondo dei parametri fondamentali, stile, densità e litri.


Questa volta abbiamo apportato una modifica al sistema di raffreddamento, visto che ultimamente ci mettiamo troppo tempo per raffreddare il mosto. Così abbiamo congelato alcune bottigliette di acqua e poi inserite nel mosto. In pratica abbiamo iniziato la normale fase di raffreddamento, con la sola serpentina che riesce bene a raggiunge velocemente una temperatura di 50°C, lo zoccolo duro rimane abbassare ulteriormente velocemente la temperatura. E qui abbiamo inserito le bottigliette, accelerando il raffreddamento.

 
Naturalmente le bottigliette sono state sanificate prima di essere inserite nel mosto. La discesa è stata piuttosto rapida, visto che dove prima, con il normale metodo della serpentina ci mettevamo anche un'ora e mezza, questa volta abbiamo portato la temperatura a 20°C in mezz'ora. L'inserimento di altre bottiglie potrebbe ulteriormente diminuire il tempo.
Siamo ormai alla fine e quasi pronti ad aprire il rubinetto e cominciare a versare il mosto nel fermentatore precedentemente sanificato, manca solo un bel mulinello per cercare di concentrare le farine al centro e poi farle precipitare sul fondo e attendere qualche minuto che si fermi la rotazione.
Adesso ci siamo, e con una apertura parziale e un getto sottile, per non smuovere e trascinare il fondo, cominciamo a versare nel fermentatore.


C'è un gran profumo, il colore è splendido, e il mosto risulta limpido, come sempre. Prelevo un pò di mosto per verificare la densità finale 1062, e cogliamo l'occasione per darci un'assaggiata. Diciamo subito che al profumo la fanno da padrone gli aromi caramellati del crystal, che riteniamo uno dei migliori malti, e poco avvertibile l'aroma del luppolo.
Al gusto è immediato il dolciastro dei malti, e favoloso il gusto caramellato che lascia in bocca, anche l'amaro è intenso e piacevole man mano che scende in gola. Sarà la suggestione, ma ci è sembrato di percepire un leggero pepato in retrogusto, non pensiamo che 10 grammi di luppolo fresco abbiano potuto rilasciare così tanto aroma, ma aspettiamo di assaporare questa splendida birra, tra qualche mese prima di dare un giudizio definitivo.


Ora il lievito è pronto e quando il livello nel fermentatore e arrivato a metà abbiamo versato il primo bicchiere. Preferiamo aggiungere il primo bicchiere di lievito mentre il mosto cade nel fermentatore, in un ambiente che si sta creando e dove il livello di ossigeno continua a crescere man mano che il mosto cade, l'altro lo versiamo alla fine. Ultimo passaggio è l'ossigenazione che facciamo inserendo una pietra porosa collegata ad un aeratore per acquario, per una decina di minuti.


Alla fine non ci resta che chiudere il coperchio e portare il fermentatore in cantina, nella cella climatica e aspettare che i lieviti facciamo il loro lavoro.
Non avendo più il fermentatore in casa, non abbiamo la possibilità di monitorare da vicino l'inizio della fermentazione e la prima fase tumultuosa, ma il giorno dopo tutto era partito e la fase tumultuosa era in piena attività portando la temperatura a 24°C.


La schiuma arrivava quasi al coperchio , attività in pieno svolgimento.
Mercoledì, la fase tumultuosa era già finita, e il gorgogliatore sonnecchiava borbottando lentamente. La temperatura è scesa a 22°C.


Sul fondo era già visibile uno strato di lieviti esausti, che hanno lavorato sodo nelle prime 48 h, ora inizia la fase di trasformazione degli zuccheri meno fermentabili.
Ad oggi pomeriggio, il liquido nel gorgogliatore era ancora in pressione e fuoriusciva ancora CO² denotando una continua produzione di anidrida carbonica.
Domani, dopo sei giorni, non ci rimane che passare alla fase due, il travaso, ma questa è un'altra storia.

lunedì 22 settembre 2014

Capitolo Finale, Imbottigliamento dell'Ambrata Amara Raj

Sembra impossibile come passi il tempo, siamo già arrivati al momento dell'imbottigliamento della Raj. Questo fine settimana è stato intenso come non ricordavo da mesi. Abbiamo iniziato venerdì con un giro nei dintorni per verificare a che punto fossero i coni di luppolo autoctono, e ne abbiamo raccolto un etto per fare una prova. Lo abbiamo fatto essiccare in forno, per un paio d'ore a 40 gradi, portando il peso a circa 20 grammi, e provare ad utilizzarlo Domenica per nuova cotta.


Purtroppo lo sportello a specchio non fa intravedere granché, ma sono i coni in forno.
Faremo un articolo in seguito dove Vi daremo qualche informazione in più. Ieri abbiamo raccolto un chilo di coni, in diverse zone, con dimensioni diverse e gusti diversi, avete mai masticato un cono fresco?? Fatelo con cautela! Oggi replicato con un altro mezzo chilo.


Ma torniamo all'imbottigliamento. Purtroppo la mancanza di un lavandino e dell'acqua, ha evidenziato l'impossibilità di effettuare tutte le operazioni in cantina, un limite che ci negherà la possibilità di trasferire tutte le fasi in cantina. Ma stiamo già studiando qualcosa.
Procediamo con ordine, la fase più importante è stabilire se i lieviti hanno finito di trasformare gli zuccheri in alcool. A seconda del lievito utilizzato, e la quantità e il tipo di zuccheri presenti all'interno del mosto e la temperatura di fermentazione, la fase può avere tempistiche diverse. Un metodo semplice per cercare di capire se è arrivato il momento giusto per l'imbottigliamento, è il valore della densità misurata in due momenti diversi, a giorni alterni. Per esempio, nel nostro caso abbiamo prelevato un campione di mosto giovedì verificando la densità a 1012, poi è stato prelevato un altro campione poco prima di imbottigliare verificando nuovamente con la densità ferma ancora a 1012, e così abbiamo deciso di imbottigliare.
Successivamente abbiamo effettuato il travaso, per evitare che il lievito, durante la fase di aggiunta dello zucchero e di mescolamento, per la carbonazione naturale, finisca in eccesso nelle bottiglie, creando torbidità al momento della degustazione. Come sempre, il travaso è effettuato con il metodo rubinetto-rubinetto.
Mi raccomando ricordatevi di togliere il gorgogliatore, è un attimo, presi dall'entusiasmo, all'apertura del rubinetto,  il liquido finisce dentro alla birra, all'inizio capita spesso, per quello che alla fine abbiamo deciso di usare la grappa, piuttosto che qualche disinfettante...!


Intanto Andrea, sanifica le bottiglie e i tappi.


Nel fermentatore avevamo aggiunto 50 grammi di EKG, e nostra abitudine strizzare bene la calza, per recuperare il meglio del succo celestiale che dimora all'interno dei coni zuppi di birra, ma aprendolo abbiamo notato che parte del lievito, che di solito dimora sul fondo, era in superficie.


E' probabile che la causa sia dovuta alla resistenza su cui è appoggiato il fermentatore. Il calore, anche se minimo, abbia aumentato la produzione di C0² e si sia creato uno strato di gas tra la zona dura superficiale e la zona morbida a contatto con il fondo, causandone la separazione. Nessun problema, siamo stati pò più attenti al momento di arrivo vicino al rubinetto, interrompendo il flusso prima. L'utilizzo di un colino avrebbe potuto intorbidire la birra, e trasportato troppo lievito nell'altro fermentatore.
Naturalmente non ci siamo sottratti all'assaggio della provetta. Appena portata alla bocca si capisce subito che è una birra molto secca, è intenso il vapore alcolico che sale insieme al caramellato che è intenso e che copre sia le scorze di arancio che il luppolo. Al gusto è intenso, il sapore rilasciato dal malto caramellato Cara 20, davvero tanto intenso, forse troppo, mentre scendendo in gola si sente appena l'aroma dell'arancio e l'amaro del luppolo. Alla fine rimane molto la sensazione alcolica.
La birra ha cmq un profumo intenso, e ricco, per il colore è splendido, più chiaro di quanto ci aspettavamo, complice il Cara 20 che è molto chiaro, come sempre una birra molto limpida già da ora. La foto non rende.


Finito il travaso, abbiamo portato su in cucina il fermentatore ed effettuato l'imbottigliamento vero e proprio. Prima abbiamo calcolato la quantità di zucchero da utilizzare per la carbonazione, che abbiamo stabilito intorno a 5 grammi litro per un totale di 115 grammi, sciolti in 300 ml di acqua, fatta bollire e successivamente raffreddata  alla temperatura del fermentatore.
Importante una volta versato e mescolare bene, per evitare stratificazioni della soluzione zuccherina e ritrovarsi con bottiglie più gasate e altre meno. Anche durante l'imbottigliamento è fondamentale mescolare per una trentina di secondi ogni 2 - 3 litri, lo so è una scocciatura, ma è importante mescolare bene.


Questa volta ci siamo scambiati i ruoli, Andrea riempiva le bottiglie e io le tappavo.


Anche Andrea si scoccia ha mescolare, ma è d'accordo a mescolare con la frequenza giusta.


Siamo stanchi per la giornata intensa.


Intanto io continuo a tappare.


Sono sempre un pò in difficoltà a tappare, ho paura che si spacchino per la forza applicata per la chiusura dei tappi.
Alla fine non rimane che ritornare in cantina, questa volta con le bottiglie, da riporre all'interno della cella, per continuare la fermentazione dei nuovi zuccheri aggiunti e creare le bolle per la carbonazione naturale.


Come potete vedere al piano centrale sono state inserite alcune bottiglie di acqua, per creare un effetto tampone della temperatura, serviranno anche loro per immagazzinare il calore e rallentare il raffreddamento della stessa.
Intanto io recupero il lievito e preparo un pò di pasta poi da utilizzare per fare pane e pizza.


Insieme al lievito, c'è anche un pò di birra, nessun problema, sapeste che profumo....
Anche questa avventura è finita, ora non ci rimane che attendere almeno un tre quattro mesi per il primo assaggio, ma sarà necessario almeno 6 mesi per gustare a fondo questa splendida birra, dal colore ambrato e dal sapore caramellato, sarà come sempre una battaglia tra la mente e il cuore.
Ora non ci resta che procedere con la nuova cotta, la Kashmir, la rivisitazione della nostra prima birra in BIAB, ma questa è un'altra storia. 


sabato 13 settembre 2014

Travaso della Raj

Sembra ieri che abbiamo ricominciato la stagione, ed è già passata una settimana, è ora di travasare. Purtroppo non avendo più il fermentatore in casa, non possiamo essere precisi sulle temperature e sul gorgogliamento, ma giornalmente passavamo in cantina a controllare l'andamento della fermentazione primaria.
A parte le 36 ore successive dall'inizio della fermentazione, dove la temperatura ha raggiunto i 24-25°C,  il resto della fermentazione ha mantenuto una temperatura di 21°C costante.
La cosa positiva di questa prima fermentazione in cella riscaldante, è stata la tenuta della temperatura dell'isolamento,  suffragata dal fatto che la sonda ha segnalato al termostato, sempre una temperatura più alta di quella stabilità per l'accensione della resistenza. In pratica vuol dire che una volta inserito il fermentatore con la resistenza accesa e il termostato tarato a 21°C, nonostante l'ambiente esterno fosse a 20°C, la temperatura è rimasta costante, anche senza accensione della resistenza. Inizialmente è stato il fermentatore ad innescare la crescita della temperatura, facendo rilevare alla sonda una temperatura di 23.8°C, quando il termometro del fermentatore segnava circa 24-25°C. Vi voglio ricordare che la sonda è libera nell'ambiente e non inserita nel fermentatore, grazie alla regolazione delle differenze di temperatura, si può tarare il termostato con una differenza di temperatura e alla fine possiamo far lavorare la resistenza al meglio.
Così ricominciamo a dedicare il tempo libero del Sabato e della Domenica, alla produzione di birra, a discapito di Amici e parenti.
Con estrema calma e serenità, abbiamo ripreso alcuni strumenti che non vedevano la luce da qualche mese, per esempio il tubo crystal, che utilizziamo per il passaggio tra i due fermentatori, e il fermentatore dei travasi.


Pochi strumenti per il travaso, in densimetro, la spugnetta, il fermentatore, il tubo crystal, il cucchiaino e il metabisolfito. Visto che abbiamo deciso di fare un pò di Dry Hopping con del East Kent Golding, c'è bisogno di una pentola per far bollire un pò d'acqua per la sterilizzazione della calza dove poi sarà inserito il luppolo.


Quest'anno, come abbiamo già detto, cercheremo di effettuare tutte le operazioni, a parte le prime fasi di cottura dei grani e bollitura dei luppoli, che continueremo a svolgere in garage,  in cantina, e oggi abbiamo inaugurato il travaso della nuova stagione. Il problema della cantina è che manca sia l'acqua, sia una fonte di riscaldamento. Se penso che quando abbiamo fatto i lavori potevamo portare sia il gas, che acqua, ma non potevamo pensavare che avremmo trasformato la cantina in questo modo, quindi una parte delle operazioni, devono essere fatte in casa, tipo la bollitura dell'acqua per la sterilizzazione delle calze per il luppolo e le operazioni di sanificazione del fermentatore e del tubo e le successive fasi di pulizia.
Preparato tutto scendiamo in cantina e iniziamo con il collegamento rubinetto-rubinetto, semplice, veloce e sicuro.


Come sempre posizioniamo il fermentatore donatore più in alto, ma non troppo, del ricevente e inseriamo il tubo. Questo è un lavoro che lascio fare di solito ad Andrea che sa bene come procedere per evitare di creare bolle nel tubo.
Normalmente lascia il rubinetto del ricevente chiuso, e apre piano il rubinetto in alto, lasciando piano piano riempire il tubo, una volta riempito non resta che aprire piano quello in basso è fatta, nessuna bollicina e scende che è un piacere.


Prima di inserire il tubo, si può controllare la densità, per controllare come è andata la fermentazione, si raccoglie un campione nella provetta e con il densimetro si misura la densità. In pochi giorni, ha praticamente terminato la fase di trasformazione di zuccheri in alcool visto che il densimetro segnava 1014, e da ricetta avevamo calcolato una densità finale di 1016.  Come al solito abbiamo assaggiato il campione nella provetta, la birra risulta secca e non molto amara, i malti non sono amalgamati, si sente molto il caramellato e poco il luppolo, che risulta più sovrastato dal gusto agrumato della scorza di arancia, alla fine in gola rimane poco, ne dovrà ancora da fare di strada, e noi saremo li pronti ad aspettare.


Durante la fase di travaso abbiamo introdotto nel fermentatore, la calza con i 50 grammi di luppolo EKG per il Dry Hopping.


Grazie all'utilizzo di 8 cucchiani in acciaio inox, la calza non rimane a galla e non va neanche a fondo, dove si ricoprirebbe di lieviti e creerebbe dei problemi per la strizzatura della calza, dove rimangono intrappolati la maggior parte dei oli essenziali, che causerebbe un intorbimento della birra, poco prima del travaso per l'imbottigliamento.
Siamo alla fine, ammiriamo ancora una volta la sua limpidezza e lo spettacolare colore ambrato.


Una volta terminato, chiudiamo il coperchio e sistemiamo il gorgogliatore e riponiamo il fermentatore nella cella.
Alla fine non rimane che pulire tutto, è ancora una volta, aperto il fermentatore, possiamo verificare quanto sia compatto il fondo creato dal S-04, che crea un letto compatto, lasciando un mosto (ormai birra) limpido e con poco materiale in sospensione.


Vista l'estrema compattezza e pulizia, ne adoperiamo un pò per preparare una bella e buona pizzata per domani, innaffiata da una fresca, amara e profumatissima Chua.
Tra una settimana si imbottiglia e rinnova il rito della cotta, ma queste sono altre storie.




giovedì 11 settembre 2014

Raj, una splendida ambrata per ricominciare la stagione

Anche quest'estate sta volgendo alla fine, e dopo un periodo di riposo, culminati con una splendida vacanza in Sardegna, all'Isola di San Pietro, ci siamo rituffati nella produzione di birra casalinga, si ricomincia a brassare. Ci eravamo lasciati con una nera amara profumatissima, NovaTerra, e ci ritroviamo con una ambrata amara dal gusto promettente.
Questo periodo di pausa, sopratutto la favolosa vacanza a Carloforte, ci ha dato nuovo vigore ed interesse per questa passione, che ci ha travolto, e diventata sempre più concreta e meno ossessiva. E' naturale pensare a quello che è stato fatto e la vacanza ci è servita anche per riflettere sulle cotte prodotte la scorsa stagione e tirare qualche somma.
Sicuramente non tutto è andato alla perfezione, ma ci possiamo ritene soddisfatti di questa seconda stagione. Alcuni flop ci hanno indotti a modificare alcuni parametri e a fine stagione tireremo le somme per capire se ci avranno aiutato a migliorare la nostra birra, o sarà stato solo tempo sprecato.
Siamo rimasti delusi dalla Stout Morrigan e dalla Blanche Rosaura, due birre più complesse, che ci hanno colti impreparati, qualche altra cotta più elaborata, è riuscita meglio, vedi la Terranova, la Uluru, e la Mühle, mentre sono le più semplici, ad aver riscontrato il maggior successo, su tutte la Chua, poi la Quanah , la Oro, e la Kashmir. Altre devono ancora maturare, ma dagli assaggi effettuati,  ci fanno sperare bene.
Nella nuova stagione abbiamo deciso di:
- eliminare il raggiungimento e la sosta a 78°C, visto l'inutilità della sosta nel BIAB, visto che non verrà effettuato alcun lavaggio delle trebbie, o sparge;
- accorciare il tempo di ammostamento, riducendo la/le sosta/e del 30%, cercando così di evitare di "cuocere" eccessivamente i grani, diminuendo l'estrazione, ma migliorando la consistenza;
- ridurre l'utilizzo della pompa, sia in portata abbassando il flusso, che il tempo di utilizzo ridotto semplicemente al tempo di accensione del fornellone, per evitare di creare una sacca di temperatura più alta sotto al fondo, questo comporterà la necessità di mescolare per uniformare la temperatura nella zona centrale e superiore della pentola;
- aumentare la bollitura da 60 a 90 minuti, per ottenere mosti più concentrati e aumentare l'amaro a parità di quantità di luppolo.
Così armati di una nuova linfa e tanta voglia, siamo ripartiti. Alcune cose non sono cambiate, una di queste è di preparare il "campo di battaglia", il giorno prima, anzi tanta è stata la voglia di ricominciare, che ci ha fatto addirittura iniziale due giorni prima.
La scelta per la prima cotta della nuova stagione, è caduta su una consolidata ambrata, rivisitazione della prima cotta in BIAB, con l'aggiunta di una percentuale di malto caramellato molto più chiaro, Cara 20, rispetto al molto più scuro Crystal 150L. Per i luppoli, oltre ai luppoli inglesi utilizzati nella prima cotta, abbiamo aggiunto del Pilgrim, visto che il Target scarseggia e dovrà servire anche per la prossima cotta, e del Saaz come luppolo da aroma negli ultimi 5 minuti, vista la scarsità del Fuggle che era stato inizialmente designato. Infine il tocco di originalità, 50 grammi di scorza di arancia amara, per dare un profumo e un aroma romantico.

Raj Ambrata Amara ALL Grain BIAB

Minuti ammostamento : 60
Litri in pentola : 40
Litri nel fermentatore : 25
Efficienza : 70 %
OG : 1062
ABV : 6.1 %
Plato : 15.2
IBU : 68.0
BU/GU : 1.1
EBC : 17

Malti e Fermentabili
Maris Otter 5400 gr 75 %
Cara20 1000 gr 14 %
Fiocchi di Orzo 400 gr 6 %
Crystal 150L 380 gr 5 %

Luppoli
Pilgrim 15 gr 90 min
Target 35 gr 60 min
Fuggle 25 gr 30 min
Goldings, East Kent 25 gr 30 min
Fuggle 20 gr 10 min
Goldings, East Kent 20 gr 10 min
Saaz 30 gr 5 min
Goldings, East Kent 50 gr Dry-Hop

Spezie
Buccia di Arancia 50 gr 15 min

Additivi
Nutrimento per lievito 5 gr 10 min 

Lieviti
SafAle English Ale S-04 23 gr

Profilo Mash
Beta-amilasi 63 °C 40 mn
Alpha-amilasi I 68 °C 5 min
Alpha-amilasi II 72 °C 15 min 

Abbiamo iniziato Venerdì, verificando che ci fosse tutto, e che tutto funzionasse, con il montaggio del banco con il fornellone e lo spargifiamma nuovo.


Il vecchio spargifiamma era praticamente distrutto e non siamo riusciti a trovarne un altro con lo stesso diametro, così abbiamo utilizzato due pezzi di grigliato sovrapposti, rimasti dal taglio delle griglie utilizzate per la cella climatica.
La pentola utilizzata è sempre la nostra da 50 litri.


Qui con la pompa e termometro collegati. Una volta verificato che tutto fosse a posto e funzionante, abbiamo cominciato a macinare i grani. Stranamente tutto funzionava perfettamente, anche la pompa è partita al primo colpo. 
Il giorno seguente siamo andati a prendere l'acqua alla fonte e riempito la pentola con gli ormai canonici 40 litri.
La mattina seguente, domenica mattina, la prima domenica di Settembre, a buon ora, sono sceso, acceso il fornellone e cominciato a scaldare l'acqua, e terminare gli ultimi preparativi, come la taratura del pHmetro.
Un'altra abitudine mantenuta è quella di versare il succo di un limone, per abbassare di 0,5 gradi circa, il pH, visto che ormai conosciamo la nostra acqua, con un valore alla fonte di 7,20 pH, leggermente basica.
L'acqua nella pentola non era molto fredda, visto che sembra essere tornata l'estate, e nel giro di una mezz'oretta  abbiamo raggiunto i 63°C, abbiamo versato i grani e i fiocchi. Inizialmente la temperatura ha continuato a salire fino a 64°C, verificando così che il nuovo spargifiamma, ha un inerzia termica più alta del precedente, ci sapremo regolare per le prossime cotte.
Come Vi ho detto, oltre a spegnere il gas, abbiamo spento anche la pompa e iniziato a mescolare. Dopo una decina di minuti abbiamo misurato il pH, 5,6 lo riteniamo soddisfacente, e decidiamo di non aggiungere acido lattico.


Lo spegnimento della pompa e l'utilizzo dei grigliati sotto la pentola, hanno contribuito a migliorare il mantenimento della temperatura, nonostante la pentola non sia coibentata e senza coperchio, nei 40 minuti di sosta, il gas è stato acceso una sola volta. Sarebbe interessante poter escogitare un sistema di controllo, in contemporanea della pompa e del riscaldamento con un elettrovalvola sul tubo del gas.


Durante il mescolamento, abbiamo notato la presenza di un numero elevato di chicchi integri, che ci costringerà ad un ulteriore stretta dei rulli del mulino, già ulteriormente stretti rispetto alla passata stagione.
I 60 minuti sono passati in fretta, 40 minuti di primo step a 63°C per la creazione di zuccheri più fermentabili, il maltosio, 5 minuti per la prima parte di alfa amilasi a 68°C per la creazione di zuccheri più complessi e meno fermentabili compreso il destrosio e la sosta finale a 72°C per completare la complessità di quegli zuccheri responsabili della corposità della nostra birra, non ci resta che verificare che tutti gli amidi siano stati convertiti, con il test della tintura di iodio.


Inconfondibile il colore rossastro, che ci conferma l'avvenuta conversione, ora possiamo tirare su la sacca e cominciare a strizzarla.


La prima parte è terminata, insieme alla strizzatura della sacca, abbiamo staccato la pompa e riacceso il fuoco, per portare, il più velocemente possibile, il mosto alla fase di bollitura, che per questa stagione sarà di 90 minuti.
In questa fase si registrano i primi dati, litri preboil e densità preboil, parametri importanti per eventualmente portare modifiche al tempo di bollitura e alla quantità di luppoli. Siamo partiti con 40 litri e dopo la fase di ammostamento ci sono rimasti 37 litri, e una densità preboil di 1046.
Raggiunta la temperatura di ebollizione, iniziamo le gitatte di luppolo. Prima i luppoli d'amaro Pilgrim subito e quindi bollirà 90 minuti, dopo la seconda gittata Target a 60 minuti, cioè dopo 30 minuti dalla prima gittata e quindi bollirà 60 minuti.


Dopo un ora di bollitura, passiamo alle gittate da aroma, anche le gittate a 30 minuti comportano la cessione ancora di amaro, ma in dose minore,  qui i luppoli utilizzati sono i classici da aroma inglesi, EKG e Fuggle. Nei tempi morti, si legge qualcosa.


Nel mezzo delle gittate da aroma, trovano spazio le spezie, e abbiamo deciso di inserire la scorza di arancia amara a 15 minuti, per dare quel tocco particolare, un pò "romantico", quel profumo agrumato che si mescola con gli aromi del luppolo e dei malti. A 15 minuti inseriamo anche la serpentina che servirà per il raffreddamento, per sterilizzarla.


Alla fine negli ultimi minuti di bollitura, a 10 minuti dalla fine, abbiamo aggiunto EKG e Fuggle, qui gli aromi dei luppoli scelti, rimangono più persistenti. E possibile anche inserire nel mosto vitamine e minerali utili in seguito alla crescita e nutrimento dei lieviti. In ultimo, ma non meno importante, la gittata a 5 minuti, è stato utilizzato il Saaz, visto che il Fuggle era terminato e il EKG restante sarà utilizzato per la luppolatura a freddo o Dry Hopping, un tocco floreale che si sposerà bene con il lievito secco S-04 della Fermentis.


Iniziamo a raffreddare, colleghiamo i tubi della serpentina alla rete idrica da un parte, e lo scarico in un bidone da 200 litri, l'acqua sarà poi recuperata per lavare tutto e successivamente per bagnare l'orto e le piante del giardino. Il sistema di raffreddamento con la serpentina va bene d'inverno quando abbiamo un acqua nei tubi che raggiunge anche i 3 - 4 gradi, anche meno, e si riesce a raffreddare in meno di 10 minuti, 25 litri di mosto da 100°C a 20°C. Invece in questo periodo dell'anno, la temperatura rimane relativamente alta  e facciamo fatica, come è successo con la Raj, dove per portare la temperatura a 21°C ci abbiamo messo oltre un ora. Utile in questo caso sarebbe l'utilizzo di uno scambiatore, dove sicuramente il tempo di raffreddamento si sarebbe ridotto di oltre il 70%.
Nel frattempo abbiamo reidratato il lievito secco. Come Vi dicevo, abbiamo utilizzato l'S-04, un lievito adatto soprattutto per birre ad alta fermentazione inglesi, con quel suo gusto fruttato, che non tutti amano, attribuendogli la copertura di parte degli aromi di malti, luppoli ed eventuali spezie utilizzate, noi lo troviamo un ottimo lievito, che crea un fondo compatto, lasciando poche particelle in sospensione.
Quindi, come nostra consuetudine, il processo di reidratazione comincia con il portare in ebollizione un pò d'acqua, che poi viene raffreddata fino a 25°C. Successivamente versiamo l'acqua, così raffreddata, nei bicchieri, circa mezzo bicchiere, e poi molto lentamente, mescolando, facciamo scendere i grani, cercando di evitare che si formino grumi. Copriamo i bicchieri con pellicola trasparente e dopo 10 minuti riapriamo e versiamo un grammo circa di zucchero rimescolando per scioglierlo bene. Anticamente abbiamo sempre sciolto lo zucchero nell'acqua prima di versarci dentro il lievito, ma una volta per un errore, abbiamo scoperto, che aggiungendo lo zucchero dopo si ha un attivazione più violenta, e abbiamo notato che la fermentazione parte prima.


Qui al momento di versare lo zucchero dopo dieci minuti dall'idratazione.


Qui dopo dieci minuti dall'aggiunta dello zucchero, è uno spettacolo vedere come cresce la schiuma in modo violento, la maggior parte delle volte dobbiamo togliere la pellicola e mescolare per evitare che fuoriesca.
Intanto il mosto ha raggiunto la temperatura idonea per essere travasato nel fermentatore, apriamo il rubinetto e guardiamo con rinnovata meraviglia il nettare sgorgare e cadere giù, nel fermentatore.


Durante la fase di travaso aggiungiamo, dopo poco, diciamo quanto il livello del mosto raggiunge gli 8 litri, il primo bicchiere di lievito, che grazie alla creazione di ossigeno per la caduta del mosto, incomincia da subito a adattarsi al nuovo ambiente e a moltiplicarsi.


Particolare dello splendido colore di questa ambrata, si apprezza anche la sua limpidezza. Prima di terminare è importantissimo prelevare un campione per la misurazione della densità finale, che ci servirà poi per calcolare la gradazione della nostra birra, un parametro importante per calcolare anche l'efficienza del nostro impianto. Densità finale 1062. Rimaniamo stregati dal favoloso il colore.


Verso la fine, intorno ai 20 litri, abbiamo versato il secondo bicchiere di lievito e inserito l'aeratore che aiuta ad aumentare ulteriormente la quantità di ossigeno presente all'interno del mosto, e creare le condizioni iniziale e ottimali di moltiplicazione dei lieviti, dieci minuti sono sufficienti. Il tempo passa, ma non abbiamo perso la vecchia abitudine di assaggiare il mosto nella provetta del densimetro, troppo forte il desiderio di assaporare quei gusti vergini e primordiali. Il profumo è inebriante, si sente molto l'aroma dell'arancio mescolato al dolciastro del malto, meno presenti gli aromi dei luppoli. Al gusto la prima sensazione e il dolce dei malti, mentre l'amaro si percepisce man mano che il mosto scende, lasciando un piacevole gusto fresco al naso.


L'aeratore è un cimelio reduce dalla vecchia passione per l'acquariofilia.


Nel particolare ci si può rendere conto di quanto ossigeno viene creato.
Prima della chiusura del fermentatore abbiamo dato ancora una mescolata veloce, e poi via lo abbiamo trasportato in cantina, e abbiamo inaugurato la cella climatica che ospiterà la prima birra.


Posizionato il fermentatore, abbiamo inserito il gorgogliatore e versato la grappa. Normalmente si utilizza soluzioni disinfettanti, come il bisolfito o prodotti specifici, ma anche gli alcolici vanno bene, l'importante che l'aria non entri nell'ambiente isolato del fermentatore, e che il liquido non contenga batteri.


Il termostato esterno, che regolerà la temperatura interna, è stato regolato a 20°C, mentre il termometro a cristalli liquidi del fermentatore segnava 22°C. Questo primo fermentatore, sarà un pò la prova generale per verificare, sul campo, il funzionamento della cella.


Posizionato sopra la griglia si appresta a iniziare la sua prima fase di fermentazione.
Nel giro di un ora ha cominciato a gorgogliare e in serata è iniziata la fase tumultuosa portando la temperatura a 24°C. Nonostante la taratura del termostato, la temperatura rilevata dalla sonda dell'ambiente segnava i 23°C, questo denota un perfetto isolamento della cella.
La fase tumultuosa è durata 36 ore, poi piano piano i gorgogli si sono diradati e così è scesa anche la temperatura che a raggiunto oggi i 21°C.


Sul fondo sono già molto evidenti la presenza dei resti di lieviti esausti e residui di farine depositate.
Ora non ci resta che attendere ancora un paio di giorni e poi effettuare il primo travaso, dove sarà aggiungo 50 gr. di EKG in DH (luppolatura a freddo), ma questa è un'altra storia.

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