mercoledì 22 ottobre 2014

Saison o quasi ....Una Bionda Aromatica

Dopo le fatiche e le attenzioni dedicate al luppolo selvatico, ci siamo rituffati nella passione brassicola, con l'etichettatura la Raj, che abbiamo aggiunto alle altre birre, a maturare, sullo scaffale in cantina.


Le operazioni di etichettatura, sono state eseguite in cantina; eccole qui tutte in fila con la loro bella e colorata etichetta con una piccola scheda con le caratteristiche principali e gli ingredienti della birra.


Anche il mignon, ha trovato la sua collocazione insieme alle altre birre create, sul mobile bar insieme alle sue "sorelline".


La storia delle nostre birre, nel ripiano di sopra.
Oltre a ritagliare e incollare, abbiamo cominciato a prepararci per la cotta di Domenica, con il prelievo dell'acqua e i primi preparativi, mentre Sabato, oltre a proseguire le attività legate alla nuova cotta, la mattinata è stata dedicata all'imbottigliamento la Toc Toc, una splendida birra ambrata, dal gusto unico grazie all'utilizzo del Bisciut, un malto speciale dal gusto vellutato, che ha dato un'aroma speciale.
Come capita spesso, la birra ha avuto un decorso veloce, è già dopo la prima settimana, i nostri amici lieviti, avevamo mangiato quasi tutto lo zucchero, con una densità molto vicina a quella finale, il travaso è servito più che altro per "pulire" la birra dai lieviti esausti e eventuali residui di farine.  Alla fine la densità a raggiunto i 1008 portando la percentuale alcolica a 5,6.


Incredibile la sua limpidezza, notevole il profumo, dovuto al Dry Hopping, effettuato con 50 grammi di Nelson Sauvin, infilato in una calza, precedentemente sterilizzata tramite bollitura per 10 minuti.


La calza è stata poi strizzata per raccogliere tutto l'aroma intrappolato all'interno dei coni inzuppati.


Per il priming abbiamo utilizzato lo zucchero, per la precisione 6 gr./Lt. Il quantitativo è stato deciso per ottenere una birra leggermente più gasata. Con una densità finale così bassa, con pochi zuccheri residui, rischiavamo di avere una birra poco carbonata, e non era questo l'obbiettivo.
L'operazione si effettua in un pentolino con 300 ml di acqua portata in ebollizione e una volta sciolto lo zucchero, si raffredda e si versa nel fermentatore a temperatura ambiente. Mi raccomando, una volta versata la soluzione, va mescolata molto bene, per evitare stratificazioni, sia subito dopo averla versata, sia ogni 4 - 5 bottiglie per una decina di secondi, per evitare di trovarsi con bottiglie più gasate e altre lisce. Evitate, nel possibile, mentre mescolate di ossigenare la birra.


Alla fine abbiamo imbottigliato 25 litri tondi tondi. Eccole qui nel corridoio pronte per essere portate in cella climatica.


La giornata di Sabato e poi terminata con la preparazione del garage, per la cotta di domenica. Per la nuova birra domenicale, Andrea ha deciso di fare una birra aromatica con l'utilizzo anche del frumento non maltato, e malti speciali come Crystal e Carapils.
Il tempo che passa, aumenta la nostra esperienza, e tutto si traduce in una migliore padronanza della tecnica BIAB e de più semplice approcciarsi a tutte le fasi di preparazione e produzione, soprattutto perchè abbiamo capito quanto sia fondamentale la preparazione nei giorni precedenti, più che la cotta vera è propria. Nelle ultime birre, abbiamo addirittura cominciato a prepararci due giorni prima, così da avere tutto il tempo di fare le cose con calma e organizzarci al meglio, prendere le decisioni insieme, e avere il tempo di decidere eventuali modifiche dell'ultimo momento.
Venerdì abbiamo cominciato con la raccolta dell'acqua alla fonte, e visto che per riempire le due taniche da 25 litri bisogna passarci il pomeriggio, abbiamo dedicato anche un pò di tempo alla raccolta di qualche chilo di castagne, soprattutto pensando alla possibilità di utilizzarle per fare una birra, mettendone a seccare la maggior parte. La giornata è terminata con la preparazione del "hardware", dal fornellone, alla pentola, alla pompa e la minuteria, come bilancia, termometri e densimetro etc.


La parte riguardante la compilazione della ricetta e la macinatura dei grani, la facciamo al Sabato, subito dopo l'imbottigliamento della birra precedente. Qui potete vedere i malti macinati divisi in due fermentatori, quello di sinistra con i grani della prima gittata, Pilsner, Frumento e fiocchi di frumento che affronteranno  il protein rest, e il secondo con i malti speciali Crystal 150L e Carapils e i fiocchi d'orzo che saranno versati a 66°C in beta amilasi. 


Questa volta Andrea ha cercato di prendere spunto da una Saison bevuta ultimamente, modificandola leggermente, per avvicinarla più hai suoi gusti, che allo stile stesso, utilizzando il Crystal insieme al Carapils come malti speciali, oltre naturalmente gli ingredienti fondamentali di una Saison, cioè il frumento non maltato e il malto base Pilsner.

La ricetta:

6Figlio ALL Grain BIAB

Minuti ammostamento :60
Litri in pentola :40
Litri in fermentatore :27
Efficienza :75 %
OG :1054
ABV :5.3 %
Plato :13.4
IBU :28.5
BU/GU :0.53
EBC : 12

Malti e Fermentabili
Pilsner 4000 gr 62 %
Frumento non maltato 1000 gr 15 %
Fiocchi di Frumento 500 gr 8 %
Crystal 150L 350 gr 5 %
CaraPils 350 gr 5 %
Fiocchi di Orzo 300 gr 5 %

Luppoli
Chinook 15 gr 60 min
Hallertauer Hersbrucker 20 gr 30 min
Goldings, East Kent 20 gr 15 min
Buccia di Arancia 50 gr 15 min
Coriandolo 50 gr 15 min
Hallertauer Hersbrucker 10 gr 10 min
Hallertauer Hersbrucker 10 gr 5 min
Goldings East Kent 20 gr 5 min

Lievito
SafAle US 05 23 gr.

Profilo Mash
Protein Rest 52 °C 15 min
Beta-amilasi 66 °C 20 min
Alpha-amilasi 72 °C 25 min

Una delle differenze con le classiche Saison, è l'utilizzo di una buona dose di luppoli, il Chinook utilizzato per l'amaro, e luppoli da aroma con Alfa Acidi bassi, Hallertauer Hersbrucker e EKG. Trovano il loro giusto impiego le spezie, Coriandolo e Scorza di Arancia amara. Siamo stati in dubbio di utilizzare anche il pepe nero, ma poi alla fine non lo abbiamo messo. L'altra differenza importante,  è stata l'utilizzo del lievito neutro l'americano US-05. La scelta è caduta su questo lievito, per evitare di creare aromi floreali, classici di alcune birre belghe, ma mantenere il più possibile il gusto dei malti speciali, e rendere la birra più secca, completando più velocemente l'attenuazione, senza portare tanti zuccheri in bottiglia.
Visto la nostra preparazione dei giorni precedenti, ce la siamo presa con calma e abbiamo iniziato all'ora di pranzo in assoluta serenità, cominciando aggiungendo il nostro acidificante naturale, un limone.


Il primo step prevede una sosta di 15 minuti a 52°C, per il protein rest, obbligatorio per il frumento non maltato e il Pilsner tedesco, di solito meno lavorato rispetto agli altri malti, per spezzare le grosse proteine, in piccole proteine e aminoacidi, per rilasciare ulteriori amidi. Appena arrivati a 52°C abbiamo aggiunto il Frumento, il Pilsner e i Fiocchi di Frumento, mescolando bene per evitare di creare grumi. La temperatura è scesa poco dopo l'inserimento dei grani, e siamo restati intorno ai 51°C. Forte l'odore di pane, classico di quando si utilizza il frumento non maltato.


In pochi minuti si è creata una bella schiuma corposa e il mosto ha preso il classico colore biancastro.


Dopo i 15 minuti di protein rest, abbiamo riaccesso per raggiungere i 66°C, per lo step di beta amilasi per 20 minuti. Come per il protein rest, la temperatura si è mantenuta piuttosto bene, non abbiamo mai acceso, sia il gas che la pompa, e siamo scesi al massimo di mezzo grado. La pompa è stata accesa solo durante le rampe. Ma allora questa pompa è proprio necessaria? E se provassimo senza? La rinuncia ci darebbe qualche vantaggio, la migliore chiusura del coperchio per migliorare il mantenimento della temperatura, l'eliminazione del filo elettrico e del meccanismo, ma sopratutto la rogna della pulizia minuziosa dopo l'utilizzo, visto che se sono presenti residui del mosto nelle pale e nella parte di alberino che fuoriesce dalla parte stagna, la pompa tende a bloccarsi, rischiando di bruciare il motorino elettrico per sempre. L'unico svantaggio è la possibilità che al di sotto del fondo forato, si crei una zona a temperatura più alta, e vanifichi gli sforzi per ottenere una temperatura consona per le varie fasi di mash. Abbiamo qualche settimana, per pensarci. 
20 minuti passano veloci, riaccendiamo gas e pompa, per la rampa che ci porterà a 72°C. Un quarto d'ora e ci siamo, spegniamo e manteniamo la temperatura per gli ultimi  25 minuti di mash.
In un attimo ci ritroviamo alla fine del mash, procediamo con il test dello iodio che ci da l'ok per iniziare la fase di strizzamento. 


Non ci rimane che tirare su la sacca, senza spegnere il gas, per velocizzare il raggiungimento della bollitura.

    
Cominciamo ad estrarre la sacca e dopo una prima fase di spremitura sopra la pentola, poniamo la sacca su una bacinella forata, sopra ad un secchio per la fase di spremitura "violenta", per estrarre il mosto più difficile.


Andrea, con la sua tecnica di pressione con il suo peso, riesce sempre a recuperare la maggior parte del mosto intrappolato nei grani.


Intanto mi preparo per la misurazione della densità pre boil, con la "nuova frontiera del raffreddamento", se si potesse fare anche con la pentola....


Bastano pochi minuti per raffreddare il campione a 20°C e misurare la densità, che si attesta intorno al valore 1043, determinando una buona estrazione. Terminata la fase di strizzamento e versato il mosto raccolto, misuriamo la quantità di mosto in pentola, 38 litri. Alla fine abbiamo perso 2 litri su 6 chili e mezzo di grani e fiocchi, non male, considerando che i fiocchi, e c'è n'era otto etti e mezzo, trattengono molto più mosto dei grani.


Il colore è pazzesco, la foto non rende, ma sembra luminescente.
Durante la rampa che porta in bollitura, in superficie si coagulano le proteine che sono intrappolate nel mosto, causato dall'aumento della temperatura.


Ne abbiamo tolte un bel pò.

Per la fase di bollitura abbiamo deciso di mantenere i 90 minuti che abbiamo introdotto quest'anno, ma attendiamo 30 minuti per la prima gittata, il Chinook, il luppolo scelto per l'amaro.


Come per le due precedenti cotte, utilizziamo una sacca per contenere il luppolo. Dalla foto potete vedere che anche questo Chinook è stato fecondato e contiene semi.
Successivamente le altre gittate con gli intervalli stabiliti a 30 15 10 e 5 minuti. A 15 minuti abbiamo inserito anche le spezie, scorza di arancia amara e il coriandolo pestato poco prima di essere versato.


E importante pestare il coriandolo, così da rilasciare in fase di bollitura tutti gli aromi.


L'importante è rompere il numero più alto di capsule. Mentre le scorze le abbiamo utilizzate così come sono.


Normalmente le spezie le acquistiamo dal nostro erborista-apicultore di fiducia, dove acquistiamo anche il miele.
Finito la bollitura, dobbiamo iniziare la fase di raffreddamento.  Estraiamo la sacca con i luppoli e la strizziamo per raccogliere il mosto dentro i coni.


Terminato la spremitura della sacca dei luppoli, prepariamo il lievito, con la stessa tecnica di sempre. Un pentolino con 100 ml di acqua portata in ebollizione per sterilizzare l'acqua, poi raffreddamento a 25°C, e poi 50 ml di acqua in un bicchiere e mescolando lentamente i grani del lievito da reidratare. Una volta che è completamente sciolto lo si copre con una pellicola trasparente e dopo 15 minuti si aggiunge un grammo di zucchero e si mescola energicamente per scioglierlo bene.


Normalmente in 30 - 40 minuti, dipende anche dalla temperatura ambientale,  si ottiene una perfetta reidratazione e attivazione, evidenziata dalla abbondante schiuma. I lettori più attenti, potranno rimarcare che spesso tendiamo a ripetere le cose. E' vero. Come un diario che racconta le esperienze vissute, simili o uguali, ogni volta che succede qualcosa, ma gli articoli sono fatti anche per tutti quelli che ci leggono per la prima volta.  Consigliamo comunque di leggere attentamente ogni articolo, perchè in mezzo potrete trovare sicuramente qualcosa di utile.
Per la fase di raffreddamento,oltre alla serpentina, rinnoviamo la tecnica delle bottigliette congelate.
Inseriamo un tubo della serpentina nel rubinetto e l'altro nel contenitore della raccolta dell'acqua e cominciamo.


Ricordatevi di sterilizzare la serpentina, inserendola nella pentola durante la fase finale di bollitura. Un piccolo consiglio; state attenti durante la fase di scorrimento dell'acqua, dopo poco si crea della condensa all'inizio del tubo di entrata, che normalmente non si sterilizza visto che resta fuori durante la bollitura,  e c'è il pericolo che cominci a colare, trascinando all'interno del mosto particelle inquinanti. Tenete a portata un pezzo di carta da cucina per asciugarlo. Forse una precauzione eccessiva, ma per quello che costa...
L'utilizzo delle bottigliette congelate permettono di abbassare la temperatura, ma per evitare che con la temperatura più alta, possa cedere sostanze nocive, attendiamo i 45°C.


In attesa che la temperatura scenda, Andrea si coccola la sua "sorellina prediletta" e si riposa un pò.


In mezz'ora raggiungiamo i 20°C e siamo pronti per effettuare un bel mulinello e concentrare le farine al centro della pentola, prima di iniziare ad aprire parzialmente il rubinetto e versare il mosto nel fermentatore.


Di solito sono necessari una quindicina di minuti, perchè si fermi la rotazione e quindi la concentrazione sul fondo e al centro della pentola, delle farine, proteine ed eventuali depositi di luppoli, sfuggiti alle sacche. 
Siamo alle fasi finali, Andrea si occupa della sanificazione del fermentatore e di tutti gli accessori necessari e finito iniziamo a versare il mosto.

   
Versare il mosto per caduta, crea un aumento della quantità di ossigeno. Arrivati più o meno a metà, versiamo il primo bicchiere con il lievito, dando così il tempo di ambientarsi al nuovo ambiente, cominciando a moltiplicarsi prima e iniziare a nutrirsi degli zuccheri, accelerando l'inizio della fermentazione.


E giunto il momento tanto atteso, la misurazione della densità finale, che ci darà un risultato certo del lavoro svolto nella giornata.


Densità finale 1054. 
L'altro bicchiere di lievito lo inseriamo alla fine. Diamo una sciacquata al bicchiere con il mosto, c'è già molta schiuma, il profumo è ottimo, il colore pure.


Intanto preparo l'aeratore, che alla fine inseriremo nel fermentatore, siamo veramente alla fine.


Sono necessari dai 5 agli 8 minuti per ottenere una concentrazione dal 90 al 98% di ossigeno nel mosto, una quantità di ossigeno sufficiente per migliorare il lavoro dei nostri amici lieviti, un ulteriore aumento dei tempi sono inutili, se non controproducenti.
Il tempo per chiudere il fermentatore e portarlo giù in cantina nella cella e la giornata è finita.


Ecco quà l'ultima fatica è terminata, il fermentatore depositato nella cella, insieme alle bottiglie che stanno terminando la fase di rifermentazione, la Kashmir, la PallaRE e l'ultima imbottigliata la Toc Toc.
Lunedì mattina, il nostro gorgogliatore, cantava alla grande, temperatura 20°C. Nel pomeriggio l'attività di fermentazione è aumentata evidenziando che la fase tumultuosa era iniziata, e nonostante tutto, la temperatura è rimasta sui 22°C. Questo grazie alla modifica che abbiamo applicato alla griglia riscaldante, girandola e evitando così che la resistenza sia a contatto diretto con il fondo del fermentatore. Un semplice accorgimento che ha risolto il problema dell'eccessivo riscaldamento del mosto.
Martedì ha continuato a gorgogliare anche se meno di lunedì, la temperatura è rimasta costante a 22°C.
Oggi l'attività fermentativa si è molto rallentata, evidenziando il passaggio dagli zuccheri più fermentabili a quelli meno, provocando purtroppo un aumento della temperatura fino a 24°C, volevamo mantenere i 22°C, ma evidentemente, non è stato possibile.  
Ora non ci resta che attendere qualche giorno, prima di effettuare il primo travaso, per "pulire" la nostra birra dal depositi di lieviti esausti e da qualche residuo di farine che si depositano sul fondo, e poter così verificare l'attenuazione e il lavoro di trasformazione degli zuccheri in alcool, per questa prima fase. Ma questa è un'altra storia.


giovedì 9 ottobre 2014

Una Voglia Matta.. di Luppolo Selvatico

Ricordo lo scorso anno quando girando con Diana, la nostra cagnetta, ci siamo imbattuti in zone ricche di luppolo selvatico. Il primo pensiero è stato quello di utilizzarlo per produrre una birra con solo luppolo selvatico, ma i primi commenti di amici e conoscenti ci aveva lasciati un pò delusi. La maggior parte, ripeteva che non ne valeva la pena, troppo poco il potere amaricante rispetto ai suoi cugini domestici, selezionati dopo un secolo o più di selezioni e incroci, altri hanno tirato fuori odori e aromi assurdi, tanto che avrebbero scoraggiato chiunque a provarci, noi no.


Quest'anno siamo ripartiti alla grande, impossibile resistere alla visione di tutti quei grappoli che aspettavano solo di essere raccolti, c'è n'era dappertutto. Così abbiamo cominciato a fare qualche giro, e a selezionare delle zone, verificare e scegliere visivamente le caratteristiche dei coni, rotondi, allungati o molto allungati ed escludere altre zone con coni piccoli, molto piccoli. Ci è capitato anche di vedere anche alcune piante con infiorescenze maschili, che successivamente sono diventati coni femminili. Scientificamente non è possibile, ma vi assicuro che non avevamo bevuto.


Dopo aver individuato le zone più ricche, abbiamo cominciato ad assaggiare i coni, cercando di annotare le caratteristiche al gusto. Le sensazioni principali sono prima di tutto il gusto erbaceo del cono, con un crescendo di amaro man mano che si mastica, per poi arrivare alle caratteristiche speziate.  Per alcuni coni gli aromi sono stati molto forti che ci hanno costretto a sputarlo. Purtroppo non è stato possibile assaggiare un luppolo domestico fresco, per verificare direttamente la differenza.


Purtroppo la piante acquistate in primavera non hanno prodotto coni e non abbiamo potuto fare una comparazione. Purtroppo, in primis, le condizioni ambientali di quest'estate e l'impianto in vaso, non ci ha aiutati nella prima esperienza di coltivazione,  e ci siamo ritrovati con le piante colpite da peronospora, sopratutto il Chinook, che ha presentato foglie gialle e bruciate dal fungo, ma i rizomi dovrebbero essere salvi.


Migliore sorte hanno avuto il Columbus e soprattutto il Willamette, ma il fatto di averli messi in vaso e in un terriccio per niente fresco e sciolto, ha creato delle zone di umido e secco alternato, che hanno causato dei danni meccanici alle radici, rompendo continuamente i peli radicali della zona pilifera, responsabile della precaria salute delle piante.


Il prossimo anno per mantenerli in vita dobbiamo per forza piantarli in pieno campo, e pensiamo di aver individuato una zona provvisoria di confine con un vicino, dove c'è una rete di separazione che potrebbe servire ai tralci per aggrapparsi. Siamo sempre alla ricerca di un terreno adatto alla coltivazione, ma per ora non abbiamo trovato niente di adatto, terreni troppo compatti che andrebbero fresati a fondo e mescolati alla sabbia, invece quelli adatti sono distanti o occupati e quelli liberi sono senza un approvvigionamento di acqua, e diventa impossibile coltivare il nostro amato luppolo senza acqua!
In attesa di poter confrontare qualche cono fresco domestico con quello selvatico abbiamo diversificato le zone delle raccolte del selvatico, dandoci dei nomi: "fiume" per la zona vicino al fiume, "campo" per le piante vicino al campo sportivo, e "nord" per le zone alla fine del paese.


Una volta raccolti, i coni sono stati prima divisi in sacchetti e poi pesati. Il peso è importante per stabilire in giusto grado di essiccazione e far perdere la gran parte di acqua contenuta, riducendo il peso di circa 80%.


Grazie alle giornate tiepide di questo Settembre, siamo riusciti ad essiccare bene, quasi tutti i coni, naturalmente l'essiccazione deve avvenire al riparo della luce solare diretta, in ambiente tiepido e non umido, solo alcuni etti hanno avuto bisogno di un supplemento in forno. Abbiamo quindi creato alcuni griglie su cui appoggiare i coni, per essere posizionati nel forno.


La costruzione è stata semplice, è abbiamo utilizzato materiale avanzato da altre  lavori precedenti. Lo scheletro è stato fatto con pezzi di perline e una rete metallica, avanzate dai lavori in cantina. Le perline sono state tagliate a 45 gradi


e successivamente scartavetrate e unite tramite graffette, tutto molto semplice.


E a sua volta è stata attaccata la rete sempre con le graffette e successivamente rifilata.


Una volta sistemate abbiamo posizionati i coni sulle griglie e inseriti in forno alla temperatura di 40°C per circa un ora. Il tempo è stato breve perchè avevano già subito un primo essiccamento in garage per tre giorni, penso che sarebbero necessari almeno 5 ore a 40°C, per abbassare il peso dell'80%.


Naturalmente il forno è stato lasciato leggermente aperto.


Prima di terminare il lavoro, mettendo i coni essiccati, sottovuoto, per cercare di mantenere intatte le caratteristiche, abbiamo dovuto affrontare un dubbio amletico che  ci attanaglia fin dall'inizio, dovevamo stabilire la percentuali di alfa acidi presente nei nostri coni.
Non disponendo di strumentazione da laboratorio, e non volendo spendere una fortuna nel far analizzare il nostro luppolo selvatico, l'unica cosa che potevamo fare era semplicemente una prova comparativa, utilizzando come riferimento, del luppolo acquistato dove la percentuale di alfa acidi è scritta sulla confezione. La difficoltà di sapere con approssimazione la percentuale di alfa acidi, penso che riguardi anche chi coltiva direttamente il luppolo a casa e non dispone di attrezzatura da laboratorio. Per farvi un esempio, anche tra il luppolo che acquistiamo, stesso tipo, troviamo differenze a volte anche grandi. Noi siamo affezionati  al Cascade, uno splendido luppolo americano dal suo aroma agrumato inconfondibile, abbiamo avuto confezioni con percentuali alfa acidi da 4,5 a 7,7, e non mi sembra che sia poca la differenza. Quindi anche chi coltiva da se alcune varietà, non conosce con  esattezza la percentuale di alfa acidi.
Così con Andrea abbiamo pensato che preparando due the e poi comparando l'amaro, avremmo potuto stimare la potenza dei nostri coni selvatici. Abbiamo così preparato due the di luppolo, uno con un luppolo di cui conoscevamo la percentuale di alfa acido e uno con il nostro luppolo selvatico.


Abbiamo preso un pentolino e con mezzo litro di acqua, un cucchiaino di zucchero per aumentare la solubilità delle resine rispetto a sola acqua, e 10 grammi di luppolo selvatico fresco e abbiamo fatto bollire, coperto, per mezz'ora.
Stessa cosa con il luppolo confezionato, con la sola differenza che il luppolo confezionato è essiccato e quindi ne abbiamo utilizzato il 20% quindi 2 grammi.
Dopo la bollitura abbiamo fatto riposare fino a temperatura ambiente e poi li abbiamo versati in un bicchiere.




Quello giallo di sinistra è il Cascade, mentre quello rosso di destra è il selvatico. Abbiamo iniziato ad assaggiarli. Prima abbiamo assaggiato entrambi scoprendo che il luppolo confezionato era più amaro. Poi abbiamo aggiunto circa 5 grammi di zucchero per volta, fino ad arrivare al punto di equilibrio tra amaro e dolce. Per quanto riguarda il luppolo confezionato abbiamo messo 5 cucchiaini colmi, circa 25 grammi di zucchero, mentre per il luppolo nostrano abbiamo aggiunto 3 cucchiaini colmi, circa 15 grammi di zucchero.
A questo punto entra in gioco Andrea, mente giovane e fresca, e soprattutto con ancora un tenue ricordo della matematica studiata a scuola, e ha praticamente creato un formula semplicissima con i dati in possesso, quantità di zucchero utilizzato per i due the e la percentuale di alfa acido del luppolo conosciuto, e l'incognita, la percentuale di alfa acido del luppolo selvatico. Quindi 15 grammi di zucchero del luppolo nostrano, diviso, i 25 grammi di zucchero di luppolo confezionato, il risultato moltiplicando con la percentuale del luppolo conosciuto 5,5%. Risultato 3,3%.
Tutto molto semplice, ma cè qualcosa che non ci convince. Dopo aver assaggiato il mosto della PallaRE, la birra fatta con il luppolo autoctono, risulta poco amara. Per calcolare la percentuale  di alfa acidi, abbiamo usato un luppolo essiccato e un luppolo fresco. Forse questa differenza ci ha falsato il risultato, è probabile che la percentuale di alfa acidi sia più bassa di quella stimata. Non rimarrà che ripetere le operazioni questa volta con entrambi i luppoli essiccati, e vedere se riusciremo ad avvicinarci meglio alla percentuale esatta.
La fase finale è stata il confezionamento, dopo avere essiccato tutti i circa 4,5 chili di luppolo fresco, prelevato in tre zone, alla fine abbiamo 800 grammi.


Per questa operazione abbiamo utilizzato una macchina per il confezionamento sottovuoto, che ci permette di lasciare all'interno dei sacchetti niente o pochissimo ossigeno, responsabile dell'ossidazione delle resine e della perdita di efficacia. 
L'altro fattore negativo per la conservazione è la luce, purtroppo non avendo a disposizione sacchetti che potevano bloccare la luce, ci siamo dovuti adeguare ai soliti sacchetti trasparenti.
Durante la fase di aspirazione della macchina, la cosa più importante è tenere ben premuto il sacchetto contro il luppolo,  per far si che tutta l'aria venga aspirata.


Per ora abbiamo fatto una sola birra di prova con il luppolo con un valore stimato di amaro medio, e all'assaggio del primo travaso, risulta poco amara, ma è anche vero che deve maturare, ma le possibilità che l'amaro aumenti sono poche, mentre l'aroma pepato, anche se poco percettibile, è il fattore distintivo di questo nostro luppolo selvatico. La quantità di luppolo utilizzato è stato discreto, pensando ai soli 10 litri finali, 20 grammi da amaro a 60 minuti più 40 grammi  da aroma diviso in due gittate una a 15 minuti e l'altra a 5, in più appena spento ancora 10 grammi. Avevamo calcolato un indice di amaro intorno ai 30 IBU, ma penso che alla fine saremmo intorno ai 10 - 12 IBU al massimo, con una percentuale di alfa acidi del nostro luppolo selvatico varietà "Fiume" intorno a 1,5% contro i 3,3% che avevamo preventivato. Un altro fattore che potrebbe aver influito sulla la qualità dei coni è stato il ritardo nella raccolta, infatti  molti coni presentano già delle zone secche, il prossimo anno dovremmo essere più tempestivi, e raccoglierli al momento di massima presenza di luppolina.
Ora non ci resta che provare una nuova cotta questa volta con la varietà "Campo", il luppolo con i coni più grossi, pesanti e amari, magari prima rifacendo la prova comparativa.


L'ultima varietà raccolta è stata la "Nord", un luppolo che alla fine si è rivelato con pochissima percentuale di alfa acidi, e sarà utilizzata solo per l'aroma, in quantità abbondante, visto che il suo apporto sarà davvero minimo. 


I prossimi passi saranno, prima di tutto rifare le prove comparative, poi fare qualche birra di prova con le due varietà selezionate, "Fiume" e "Campo", con quantitativi maggiori e per tempi più lunghi di bollitura, e poi tireremo le somme se ne vale la pena di continuare con queste varietà o il prossimo anno allontanarsi di più da casa,  per ampliare le ricerche e scovare qualche zona particolarmente interessante.


Questi sono gli undici sacchetti sottovuoto che sono il risultato finale della raccolta ed essiccazione dei nostri luppoli selvatici. Per chi mi conosce sa che questo è solo l'inizio di una avventura che non finirà mai, o almeno finché non troveremo qualcosa che ci soddisferà, e avrete modo, anche voi, di seguirci in questa avventura, qui sul blog,  appena il sole tornerà a splendere e con esso il caldo e la voglia di riprendere questa ricerca, ma queste saranno tante nuove storie.


Un ringraziamento speciale va a mia moglie Giusi, sempre disponibile ad aiutarmi e supportarmi sia nella raccolta,

 che nelle operazioni di peso, divisione, essiccamento e confezionamento.


Ora non ci resta che imbottigliare la prima birra fatta con il luppolo selvatico PallaRE, ma questa è un'altra storia.


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